31 agosto, 2005

AGOSTO 2005: Il Balon d'Or

28 agosto, 2005

ASCOLI 1 - MILAN 1

(13 ST) Cudini, (18 ST) Shevchenko.

Abbiamo giocato con Dida, Cafu, Stam, Nesta, Kaladze (Jankulovski dal 42 ST), Ambrosini, Pirlo (Seedorf dal 37 ST), Serginho, Kakà, Shevchenko, Gilardino.

Il tema tattico: the Age of Aquarius. Lo stadio Del Duca, battuto dalla pioggia per ben venti minuti consecutivi, al calcio d'inizio si presenta sotto forma di acquitrino. Per definizione: terreno con acqua stagnante, spesso ricoperto di erbe palustri. Nulla di male, il calcio - si sa - non è sport per signorine. Non fosse che l'Ascoli Calcio quest'anno partecipa al campionato di massima divisione italiana (ininfluente aver perso sul campo lo spareggio promozione col Toro) e al Del Duca dovrà ospitare Milan e Juve, mica l'Albinoleffe e il Crotone. Ci sono i precedenti, e illustri. Penosi per alcuni: si ritarda di un'ora e, se è il caso, si gioca. L'alternativa era rinviare a lunedì: avrebbe infastidito qualcuno? Ma De Santis da Roma dice che si gioca. E si gioca. Uno spettacolo irritante, per i neutrali. Per i faziosi (sponda rossonera), uno stillicidio. Per tutti gli altri, un tripudio! Quarantacinque minuti di pallonate fra una trequarti e l'altra: impossibile avvicinarsi a un'area di rigore, le uniche conclusioni su calcio piazzato o tentativi velleitari dalla lunghissima distanza. Non posso fare a meno di osservare che nei venti minuti del secondo tempo in cui si è giocato a calcio, della partita abbiamo comunque capito poco. Condivisibile l'idea di confermare i beniamini di ferragosto, ma aveva senso insistere con Serginho su un campo che rendeva impossibile l'affondo in velocità? La prima sostituzione a otto minuti dalla fine (e la seconda a tre) trasmettono la sensazione palpabile dell'immobilismo che aleggia nella mente di Ancelotti. Né ho visto furore agonistico e lucidità, se non per i dieci minuti successivi allo svantaggio.

Gli episodi chiave: tutto in cinque minuti. Provocatoriamente sintetizzo in una riga: se non ci pensa il Balon d'Or a provare da fuori, l'illuminazione non bacia nessuno dei nostri? Avesse indovinato anche quel colpo sotto misura per l'uno-due letale, sarebbe stata una domenica epica.

La tribuna di Steve: bentornato Campionato... Quest'anno è arrivato De Santis da Roma a presentarci il benservito per la nuova stagione. Dodici mesi fa l'eroe dell'esordio a San Siro - per la gioia degli ottomila bandanati livornesi - fu Pieri da Genova: sei-minuti-sei di campionato e un calcio di rigore (generoso) contro la squadra del Presidente, con il gadget di un cartellino rosso (più che generoso) sventolato in faccia a Dida. E il segno "1" tramutò in segno "X". Primo funesto presagio di quanto sarebbe accaduto tre mesi più tardi in Bologna-Juventus, per citare solo una delle tante pierate che hanno costellato la stagione del trionfale Juventotto. Al di là dell'occasione sfumata per inziare bene il campionato e buttarsi subito alle spalle le notti pensose di mezza estate, ciò che fa rabbrividire è l'atteggiamento provocatorio del fischietto di turno. Che il capitano o l'allenatore chiedano all'arbitro di verificare la praticabilità del terreno di gioco è un diritto di entrambi, certificato dal Regolamento. Specie se due secondi prima hai subìto ammonizione per una delle tante scivolate a vuoto nel pantano. Insopportabile la reazione scomposta della giacchetta gialla, che prima si porta sull'unica zolla drenata del campo, poi (a scanso di equivoci) lancia in aria il pallone di alcuni metri. Con ciò, contravvenendo non solo alle norme del suddetto Regolamento, ma soprattutto al buon senso e al rispetto. Congratulazioni De Santis, questo è il calcio che fa skyfo alla gente! Il calcio che se ne frega degli spettatori paganti, allo stadio e a casa. Inutile dire che gli ineffabili commentatori di Sky (tu quoque, Nava) hanno raccontato, con la concitazione dei momenti migliori, una sorta di finale di coppa del mondo. Se il buon giorno si vede dal mattino...

13 agosto, 2005

SHEVALOVE

Due parole dal Blogger.

Sono al mondo da 37 campionati. Rossonero da una vita, perché buon sangue non mente...
San Siro («Meazza» lo dicono gli altri) è la mia seconda casa da domenica 15 aprile 1973. Per la cronaca: un Milan-Cagliari, 1 a 1, marcatori Brugnera e - naturalmente - Rivera. E a San Siro, io ne ho viste cose... ma prima fra tutte, la Bandiera Rossonera. "Golden Boy" per gli annali. Per tutti noi, semplicemente: il Gianni. Dico (dicono) il più grande fuoriclasse italiano di sempre.

«Il Diavolo c'è, e si vede a San Siro» stampato sulle magliette, che non erano ancora Tshirt: attrazione fatale. Le strisce strette con lo scollo a V, i pantaloncini rigorosamente bianchi e i calzettoni neri col risvolto rosso alto. In porta, il maglione giallo canarino col colleto nero. Sono impressi nella retina e nel cuore. Come il freddo umido che soffiava giù dai Popolari, a due ore dal fischio d'inizio, sui gradoni dei Distinti, certe domeniche pomeriggio d'inverno. E la nebbia scendeva, lenta ma inesorabile. E noi a soffiare in su... che se no la rinviano!

Poi sulla bandiera abbiamo cucito la stella. Stravedevo per Roberto Antonelli detto Dustin, e cantavo: "Walter-Alfredo-No-ve-llino". Amore per sempre. In settantamila anche a Milan-Cavese, campionato di categoria inferiore, Serie B. A testa alta e con la bandiera sempre in vista.
La dico grossa e scrivo che prima dell'avvento del Profeta di Fusignano, il calcio più bello a San Siro l'ha fatto vedere l'Ilario (Castagner), il traditore. Vinicio Verza era il nostro Platini.

Ma quanto eravamo poveri e quanto eravamo belli il giorno che Mark, detto Attila, salì un metro sopra l'infame Fulvio e ci regalò (in rimonta) il primo derby dopo il Purgatorio! Ho un poster incollato da vent'anni sulla parete della camera da letto.

E venne Silvio, e mandò tra di noi l'Arrigo per cambiare la storia del calcio di questa nazione, oltre che del Milan. Troppo facile allora innamorarsi di un Cigno olandese o di un Leone del Suriname. E di Capitano ce n'è stato sempre uno solo... ma il mio cuore batteva per il Danielone (Massaro). I tristi Cugini se lo sognano ancora, nelle notti di luna piena.

Sarà una coincidenza, ma da quando siamo tornati sulla terra a giocare insieme ai comuni mortali, più che il bel giuoco e le grandi vittorie sono gli uomini a tenere accesa la passione per lo stadio. Non è un coro da curva: il calcio di oggi fa veramente "sky-fo". Hanno spaccato il giocattolo.

In età adulta, ho delirato solo per JPP e George (Weah). Ma nessuno prima del BALON D'OR aveva meritato il sentimento con la A maiuscola! Lui ha la classe dei fenomeni, però sobria: nessun colpo è mai fine a se stesso. Contemporaneamente, ha la generosità e la dedizione del gregario: è ovunque la squadra lo richieda, senza calcolo e senza tregua. Il garbo, la correttezza e - voglio sottolineare - gli occhi sinceri, sono i tratti che da sempre fanno la differenza fra le facce da Milan e il resto dell'umanità. Dentro e fuori dal campo di gioco. Non si tratta (solo) di timidezza, o di riservatezza. Piuttosto, di buona educazione e disciplina: merce rara e scarsamente fotogenica nel bieco teatrino dei saltimbanchi e gli urlatori, che è diventato il calcio-show delle televisioni.

Per tutto questo, e per tutti i palloni che scarica regolarmente in fondo al sacco (peferibilmente neroblu) ecco SHEVALOVE, il mio primo (e unico) blog: dedicato a un campione immenso, oltre che a un ragazzo straordinario. Il quale si presenta ai microfoni di Milan Channel, dopo l'ennesima partita di sacrificio e lavoro oscuro (per aprire spazi, a questo o a quel centravanti) e chiude l'intervista con il suo sorriso buono e due sole parole, le uniche che contino per noi: FORZA MILAN!

Per sempre nei nostri cuori, il 7 Rossonero!


Non è un brasiliano, però...
CHE GOL CHE FA ! ! !