30 settembre, 2005

29 settembre, 2005

BUON COMPLEANNO ANDRIY :-)

151 candeline per il Balon d'Or

Settembre è il mese di Sheva. Come sempre a inizio stagione, mentre l'interista fa lo spaccone, il Balon d'Or spacca la rete. Regolare. Sette gare ufficiali (cinque di campionato e due di coppa) e sei gol. Quando non ha segnato (a Genova), con un colpo di tacco ha mandato in porta il Gila su un tappeto volante. Gol e assist, fa reparto da solo e mette punti in cascina per l'inverno che verrà. Ogni domenica, ogni mercoledi, Sheva scrive una pagina di storia. Ma lo fa con la naturalezza e la discrezione che ne rendono unico lo stile: "i numeri non contano, conta solo che abbia vinto il Milan".

Domenica a Padova contro il Treviso, era entrato nell'Olimpo dei nostri marcatori di sempre: 150 reti con il 7 Rossonero sulla pelle. Dinanzi a sé, ora vede solo l'eroe di Wembley '63, Josè Altafini; la Bandiera Rossonera per antonomasia, Gianni Rivera; e il mito lontano del Pompierone svedese, Gunnar Nordhal: inavvicinabile, anzi, innominabile per chiunque... prima dell'Era di Sheva. Scusate se è poco.

Il tempo di scendere di nuovo in campo, ed è ancora record: 50 gol nelle competizioni Uefa (scavalcato il mito merengue Di Stefano). A Gelsenkirchen, finalmente una stoccata di fronte piena dopo sei colpi di piede (destro). Lo aspettavo quasi con apprensione vista l'aria che tira, specie in Serie A. Dopo la triste pantomima inscenata da Psychomaterazzi nell'euroderby dell'eurovergogna, lo zigomo sinistro del nostro fenomeno sembra infatti diventato un bersaglio mobile per tutti. E in appena cinque giornate, al bersaglio hanno già tirato in due: il prode Tudor, di scuola sabauda, e tale Stefano Lorenzi della cenerentola Treviso: c'è da presumere, un discendente dell'infame Benito... In compenso le terne arbitrali, come le proverbiali tre scimmiette, sul campo non vedono, non sentono, non parlano. MAI. Ma ci vuole altro per fermare la macchina infernale.

Buon compleanno Sheva, centocinquanta e uno di questi gol!
E buon compleanno al Presidente, che ci ha regalato (anche) questo sogno :-)

28 settembre, 2005

SCHALKE 2 - MILAN 2

(1 PT) Seedorf, (3 PT) Larsen, (14 ST) Shevchenko, (25 ST) Altintop.

Abbiamo giocato con Dida, Cafu (Stam dal 30 ST), Nesta, Maldini, Kaladze, Gattuso, Pirlo, Seedorf, Kakà (Rui Costa dal 28 ST), Shevchenko. Gilardino (Vieri dal 26 ST).

Il tema tattico: notte di coppa, notte da leoni. L'Arena di Gelsenkirchen è un muro umano di luci e tamburi: magia Champions senza fine. Per chi ne avesse dubitato, sugli Champs Elisée non arriveremo in carrozza. Chiedere a Poulsen e a Rodriguez, ma anche a Lincoln e a Kuranji per referenze. Come dire: gomiti e polmoni, punta e tacco. I ruvidi minatori della Ruhr - che nel '97 ci fecero sognare con il beniamino belga Marc Wilmots (Coppa Uefa sollevata davanti a settantamila neroblu con la bandiera e la trombetta, nel loro "Giuseppe Meazza") - oggi sono una compagine tosta, che picchia duro e ricama di fino. Splendida battaglia. Nel mezzo è una bolgia di pressing e raddoppi, spintoni e scarpate: Riccardino ci mette la sua faccia pulita e cade nella tela del ragno danese. Dirà Seedorf: "veniva voglia di ammazzarlo" e il sentimento è condiviso. Totti, che all'Europeo aveva reagito alla romana (sputinbocca) si è guadagnato la comprensione collettiva. Kakà non sputa, ma in compenso si innervosisce e tocca (male) pochi palloni. Pirlo (settima partita in venti giorni) annaspa. Totale: Gila (debuttante in Champions, e si nota) è di nuovo isolato in attacco e Sheva deve scendere a portar su palloni dalle fasce. Film già visto. In più, oggi abbiamo una certezza: Seedorf e Gattuso hanno in testa solo la Coppa con le grandi Orecchie. Sovrapensiero a Padova, lo Zionero gioca una gara straordinaria per quantità (cede solo nel finale), mentre il Rino triste di domenica torna a ringhiare dietro a tutto quello che si muove. Bentornato Sindaco! Sono segnali di salute, ma vanno interpretati. Converrà non attendersi troppo dal nostro campionato?

Gli episodi chiave: ancora lenti sulle palle alte. Iniziamo alla turca, con golasso di Seedorf dopo una ventina di secondi. Troppo facile per essere vero, infatti al primo affondo dei tedeschi andiamo a farfalle: quattro tocchi di testa su una rimessa laterale, contrasto al limite dell'area perduto, stile La Coruna, rimpallo fortuito al centro e noi fermi a guardare: pari. Possibile che non riusciamo ad attaccare quelle dannate palle alte? Dietro sbandiamo pericolosamente: la prima mezzora, la difesa si apre a destra e al centro. Per fortuna, davanti loro non hanno cecchini di razza. Dopo l'intervallo, il film non cambia. Ritmo parossistico dei tedeschi, con l'altro danese che fischia poco e ammonisce nessuno. Ma il calcio, che è un bel gioco per questo, serve la beffa allo Schalke 04: nel momento di massima pressione, il capitano coraggioso galoppa come un leone sulla sua fascia, mette a sedere un paio di panzer, e traccia la parabola letale a centro area. Il Balon d'Or si muove in armonia, scivola in mezzo ai due centrali, spicca il volo e frusta il pallone telecomandato da Maldini sulle dita di Rost... pieganodole (cinquantesimo gol di coppe). Ruggito da Vecchio Cuore Rossonero, vien voglia di crederci. Abbiamo tre palle in contropiede per chiudere il conto ma, come a Genova, leggiamo male i movimenti negli ultimi venti metri. La punizione arriva come un fulmine a ciel sereno.

La tribuna di Steve: più vicini a Istanbul che a Paris. Sicché il brodino della settimana scorsa era acqua tiepida: dopo la Samp, il primo avversario vero ci ha messo sotto. Pesante il 67% di possesso palla subìto nella fase centrale del secondo tempo. Stam doveva entrare un quarto d'ora prima che andassimo in apnea (di nuovo fondamentale su almeno quattro palle alte nel finale di fuoco) e Kakà andava sostituito prima di arrivare a subire il prevedibile cartellino giallo. Finezze che in panchina, a quanto pare, nessuno coglie. C'è da farsene una ragione: fino a giugno, ha detto il Presidente, non si muoverà una foglia.

25 settembre, 2005

TREVISO 0 - MILAN 2

(44 PT) Shevchenko, (28 ST) Gilardino.

Abbiamo giocato con Dida, Stam (Cafu dal 8 ST), Maldini, Nesta, Serginho, Gattuso, Pirlo, Seedorf (Kaladze dal 26 ST), Kakà, Shevchenko (Rui Costa dal 30 ST), Gilardino.

Il tema tattico: lavori in corso... Sui tre punticini di Padova, e sulla porta di Dida rimasta inviolata per il secondo turno consecutivo, c'è poco da arrotare iperboli. E' il triste record del non gioco. Siamo riusciti a subire l'iniziativa del Treviso - si rammenti: compagine di categoria inferiore, iscritta al campionato di Serie A ad agosto non per merito sportivo ma per altrui disavventure societarie: zero punti e un gol segnato in quattro giornate - esattamente per un'ora di gioco, equamente ripartita fra i due tempi! Imbarazzante. Stam ci ha messo, a memoria, almeno quattro pezze: due ragguardevoli nei primi cinque minuti del secondo tempo. Seedorf e Serginho erano altrove, seppure schierati nell'undici iniziale: turno di riposo. Non riposa MAI, viceversa, Pirlo (sesta partita in diciotto giorni); al che viene da domandarsi - assunto che lo svizzero non sia presentabile al pubblico - se Carlone non abbia un qualche conto in sospeso con Rui Costa: il portoghese (che non è un fulmine di guerra, ma è l'unico rifinitore di cui disponiamo) entra solo a risultato acquisito: come a dire, per evitare danni... Ribadisco che Ringhio non ringhia, ma al massimo grufola dietro agli avversari: lo si vede da come corre, e mette tristezza perché è l'ombra del Sindaco che conosciamo. Incorniciato il grigio quadro del nostro centrocampo, non fa notizia che al Gila (seconda ciliegina) vengano meno i rifornimenti. Sheva e Kakà, che in questo momento hanno più gamba, i palloni scendono a prenderseli fin sulla mediana: poi è un flipper di tocchi e finte e dribbling per aprirsi un varco. Preoccupante e indicativo che la manovra trovi respiro sulla fascia (l'unica) solo quando entra nonno Cafù...

La tribuna di Steve: sole per gli annali. Quattro mesi esatti dopo la notte delle streghe turche, Sheva torna sul dischetto senza paura. Ne aveva voglia: si nota da come guarda l'arbitro Palanca alla moda dell'Old Trafford, prima della rincorsa. E' il pomeriggio dei record: celebriamo il centocinquantesimo gol del Balon d'Or, che ancora una volta sblocca uno 0-0 paludato. E celebriamo anche il capitano coraggioso: 800 presenze in Serie A (demolito un altro primato del bianconero Dinosauro Zoff). Per il traguardo storico, poca enfasi mediatica, quasi indifferenza: d'altronde, la linea editoriale è stata tracciata a inizio stagione. Ma poco conta. Si sa che vende meglio lo strillone delle ginocchia malate. E allora non resta che attendere Gelsenkirchen: solo la notte di coppa dirà se il polso del malato dà segnali autentici di ripresa.

21 settembre, 2005

MILAN 2 - LAZIO 0

(12 PT) Shevchenko, (14 PT) Kakà.

Abbiamo giocato con Dida, Cafu, Nesta (Costacurta dal 41 ST), Stam, Kaladzea Ambrosini, Pirlo, Seedorf (Gattuso dal 29 ST), Kakà, Shevchenko, Vieri (Serginho dal 36 ST).

Il tema tattico: due dadi per il brodino. Le luci a San Siro son sempre accese: terza notturna, terza vittoria. Per intenderci, giusto una minestrina per il nostro Milan debilitato. Abbiamo giocato il solito calcio macchinoso, perimetrale, nervoso: la sintesi dello stato attuale di stasi tattica della gestione Ancelotti. Abbiamo verticalizzato poco. Quel poco con alterna precisione, più spesso con Seedorf che non con Pirlo (quinta partita in quindici giorni: non vede più la palla). Dietro, Stam ha usato i muscoli e l'anticipo, come più gli garba: efficace, anche se scomposto. A destra, segnali di ripresa da nonno Cafù, che nel secondo tempo ha provato addirittura a divertirsi negli spazi aperti. Dall'altro lato, il titolare unico della fascia sinistra non ha replicato i danni di Genova... peraltro, non aveva degni oppositori. Davanti, il veterano Vieri ha giocato di sponda (rientro, appoggio breve e ripartenza), tentando di addomesticare con i mezzi di cui dispone - prevalentemente braccia e avambraccia - i palloni giocabili (pochi) che sono spiovuti nella sua zona. Specialista nello stop a inseguire, il nostro centravanti a parametro zero è tirato a lucido: asciutto e indubbiamente motivato. Ma il calcio, a casa Milan, è uno sport diverso.

La tribuna di Steve: non è tempo di chiacchiere, ma di silenzio e sudore. Premesso che la Lazietta di Delio Rossi è la compagine più rinunciataria comparsa alla Scala del Calcio nell'anno solare, va da sé che non fosse stato il Balon d'Or a rompere lo sterile equilibrio iniziale (dribbling feroce e un'altra stella filante nel sacco), a mio modo di vedere avremmo rischiato di arrotolarci sullo 0-0 fino al novantesimo. Il resto della frittata l'ha cucinata Sereni (complice Vieri), che in compenso ha rubato la centocinquantesima candelina al nostro fenomeno in almeno due occasioni. Ambro è una conferma e va vicinissimo al suo secondo gol consecutivo a San Siro. A questo punto, evitiamo di sbandierare ottimismo (inteso, Galliani?). Come insegna Sheva: "la strada è ancora lunga, ed è una strada da fare tutti insieme".

18 settembre, 2005

SAMPDORIA 2 - MILAN 1

(19 PT) Gilardino, (38 PT) Bonazzoli, (13 ST) Tonetto.

Abbiamo giocato con Dida, Cafu (Vieri dal 33 ST), Stam, Maldini, Kaladze, Gattuso (Serginho dal 17 ST), Pirlo (Ambrosinidal 30 ST), Seedorf, Kakà, Shevchenko, Gilardino.

Il tema tattico: le gambe non girano ancora. Che Samp-Milan dovesse essere il primo crocevia del nostro campionato lo avevano intuito tutti. Forse un presagio. Monzon ci ha messo sotto prima sul piano agonistico che su quello tattico: non abbiamo vinto un contrasto, le gambe sembravano legate, i riflessi ritardati: la Samp non aveva giocato tre giorni prima? Temo che il nostro torpore, però, sia mentale più che fisico. Svuotato Pirlo, appannato Kakà, non pervenuti i laterali. Le nostre velleità di innescare le macchine da gol che abbiamo davanti sono appese al filo dell'iniziativa personale. Pare che l'unico schema d'attacco che siamo in grado di mettere in campo sia la percussione a testa bassa nella mischia degli avversari. Giochiamo a scartare? suvvia Carlone, questo è calcio da oratorio! E al limite dell'area di rigore, mai l'iniziativa di un tiro: è indispensabile cercare SEMPRE il passaggio smarcante davanti al portiere? mi pare calcio da Playstation. Quando non ci pensa il Balon d'Or è peggio che andar di notte. Troppo facile parlare di errori della difesa, se Seedorf è la controfigura di se stesso e Ringhio non ha più sangue da sputare per sé e per gli altri. Il timore di fatto è che ci avviamo ad una stagione di transizione, più che di rivincite.

La tribuna di Steve: quando Sheva ha la mira turca... Un pari, una vittoria, una sconfitta. Siamo punto e a capo un anno fa, dopo tre giornate. Gli stessi limiti, con un anno in più di battaglie (perse) nelle gambe. Non mi riferisco solo alle ginocchia di Maldini (un grande capitano, peraltro, anche a Genova). Se Pirlo è costretto a giocare quattro partite in dodici giorni e se sulle fasce non abbiamo alternative credibili a Cafù (un titolo mondiale da difendere fra 9 mesi) e Kaladze (non abbiamo forse tentato di cederlo al Chelsea per tutta l'estate?) significa che la campagna acquisti a parametro zero non basta. Lo svizzero sarà maturo per dare il cambio a Pirlo, forse, a primavera... in quanto al ceco, mi pare che due apparizioni estive siano state sufficienti per accorgersi che non ha i movimenti del laterale difensivo (accorgersene prima?). Totale: non abbiamo corretto i difetti di rosa della scorsa stagione. Aggiungo che non abbiamo corretto i difetti di mentalità: d'altronde, l'unica terapia era liberare Ancelotti. Sarebbe stato maledettamente stile Juve, ma con lo stile Milan noto che si vincono pochi scudetti. Pochi rispetto alla potenzialità del gruppo, che rimane di prim'ordine, non fosse per la carenza di ricambi in difesa. Per quanto doloroso, quando l'ambiente ha bisogno di una scossa, l'unica soluzione è cambiare allenatore. E dopo Istanbul, mi pare che occorresse un elettroshock più che una scossa. Sconfitta amara, dunque. Negli occhi resta di buono la gioia del Gila al primo centro (ne sono certo, di una lunga serie) e l'abbraccio sincero che lo soffoca due istanti dopo: per la cronaca, il primo della fila è Vieri. Segnali inconfondibili di stile Milan, questo sì. E mercoledì si gioca ancora, con una certezza. Sarà la prima vera serata da leoni, sarà una serata da VECCHIO CUORE ROSSONERO!

13 settembre, 2005

MILAN 3 - FENERBAHÇE 1

Kakà (18 PT), Alex su rigore (17 ST), Kakà (43 ST), Shevchenko (44 ST).

Abbiamo giocato con Dida, Cafu, Nesta, Maldini, Kaladze, Gattuso (Vogel dal 25 ST), Pirlo (Serginho dal 25 ST), Ambrosini, Kakà, Shevchenko, Vieri (Gilardino dal 32 ST).

Il tema tattico: in ritardo sulla fase difensiva. Il problema non sono i difensori: Maldini, con o senza ginocchia, resta sovrannaturale. Ma il centrocampo a tre non copre a dovere le zolle di competenza: troppe anche per due incontristi. Peraltro, nella fase offensiva mancano (da sempre con Ancelotti) gli schemi, ciò che mette in risalto la pochezza tecnica di un badilante come Vieri. Per lo stesso motivo il Gila - una prima punta pura, da alimentare con la regolarità dei movimenti corali - ha sofferto nelle prime uscite, a prescindere dal ritardo di condizione atletica. Tutto ciò mentre il più grande realizzatore di cui disponiamo intristisce ora all'ala destra, ora all'ala sisnistra, ora a centrocampo... Tardive (ma non impara mai?) le correzioni dalla panchina. No comment sul crocefisso nel palmo della mano di Carlone.

Gli episodi chiave: decidono due colpi di classe. In attesa del coro, ci godiamo gli acuti dei nostri virtuosi. Delizioso il colpo di tacco di Pirlo (peccato siano diventate così rare le sue apparizioni offensive) che apre la corsia centrale per Riccardino: il movimento è pura magia-Kakà. Pallone spostato con l'esterno del piede per mandare a vuoto il difensore, il corpo si coordina in armonia e libera il colpo di destro: potente e preciso alla base del primo legno. Nella ripresa, l'inglese Riley pizzica Rino in un recupero scomposto e ingenuo su Anelka: il penalty ci sta. Nel finale arrivano i fuochi d'artificio: Ambro prepara a metacampo la galoppata del nostro purosangue brasiliano. Progressione incontenibile e uno, due, tre, quattro turchi saltati come i birilli. Prodigiosa, però, è la chiusura: rabbiosa e tesa a filo d'erba. Golasso! Chiude Sergio con una discesa delle sue, il sinistro non è trattenuto da Volkan, che regala al Balon d'Or il terzo sigillo stagionale.

La tribuna di Steve: ripartire da Istanbul. Prima notte da Vicecampioni d'Europa, sognando lo Stade de France. Trovo preoccupante il tionfalismo dei nostri nel post-partita: possibile che la magia-Kakà abbia cancellato dalla memoria di TUTTI quella mezzora di apnea nel secondo tempo in cui prima abbiamo perso metri a vista d'occhio, poi abbiamo puntualmente subito il pari, infine abbiamo arruffato calcio più con la forza della disperazione che con la lucidità degli schemi? Non a caso, la gara si è risolta solo ed esclusivamente su un colpo individuale. Io mi auguro che la notte non sia passata invano: intervenire oggi è possibile, fra un mese potrebbe essere tardi. Mi domando solo se non sarebbe stato più salutare un esordio amaro con pareggio.

10 settembre, 2005

MILAN 3 - SIENA 1

Ambrosini (15 PT), Shevchenko 31 (PT), Tudor (44 PT), Kakà (36 ST).

Abbiamo giocato con Dida, Stam (Cafu dal 6 ST), Nesta, Maldini, Serginho, Ambrosini, Pirlo, Seedorf (Gattuso dal 22 ST), Rui Costa (Kakà dal 29 ST), Shevchenko, Gilardino.

Il tema tatico: ancora poca intensità sulle palle inattive. La partenza è forte e confesso di avere assaporato per qualche minuto il gusto della goleada imminente: e invece ciccia. Basta un calcio piazzato per mandarci in ansia, la tensione si taglia a fettone. Scende spessa dagli spalti e rotola fino in ara di rigore, dove vedo solo belle statuine. Dobbiamo toglierci il vizio, o saranno dolori. Che sia venuto meno il senso di squadra, il sacrificio corale, l'intensità mentale? Chiedetelo a Ringhio, che fa la muffa in panchina. Intanto godiamoci una magia-Kakà, che è auspicio di aver ritrovato il Bambino d'Oro del 2003. In quanto al Gila, bene lo stesso. Sei palle gol sbagliate significano SOLO che la serata era storta: i movimenti sono quelli del cecchino di razza. Ora turiamoci naso, occhi e orecchie e passiamo attraverso la prossima campagna mediatica demolitiva sul primo grande flop del calciomercato... Noi siamo il Milan, e questo biellese timido (un giorno non lontano) ci farà sognare. Parola di Shevalover.

Gli episodi chiave: il 7 Rossonero è ovunque. Imprendibile. Punta d'infilata tutto il centrodestra senese (sic) e dal fondo scocca un colpo di biliardo nell'area piccola: sponda e gol. Bravo Ambro a crederci, bravo a inserirsi, bravo a toccarla. Questo è il valore aggiunto del nostro vicecapitano, ciò a cui abbiamo spontaneamente rinunciato il maggio scorso. Non basta. Palla vagante sui venti metri? Si tramuta in stella filante nel sette, 2 a 0! Che Sheva, ragazzi... A primo tempo quasi scaduto subiamo un corner velenoso dal solito Chiesa: Tudor sale a prenderlo indisturbato e ci manda al riposo con la bocca amara. Il ritmo della gara cambia irrimediabilmente in samba a un quarto d'ora dalla fine. Otto minuti di ambientamento e parte Riccardino, di nuovo da destra: accelerazione letale e sinistro a incrociare. Pura magia-Kakà.

La tribuna di Steve: luci a San Siro. Su il sipario, si accendono i riflettori. Si torna a casa! L'emozione è la stessa di sempre, ogni anno come la prima volta. L'odore dell'erba rasata, le facce da Milan che ti circondano, una nuova prospettiva del campo... ormai le ho provate quasi tutte :-) Il nostro campionato è iniziato stasera, ad handicap come dodici mesi fa. Esordiamo con una vittoria però, e che sia di buon auspicio per l'epilogo della stagione. Vedo un grande capitano ruggire negli anticipi, immortalare scivolate da spot, spingere forte verso la metacampo avversaria: la replica più eloquente ai teorici delle ginocchia malate. Senza bisogno di aggiungere molte altre parole. Al resto ci pensa il Balon d'Or.

05 settembre, 2005

SHEVAMONDIALE

Con l'Ucraina a Germania 2006.

"Ci credevamo solo noi. Credo che questo ci abbia dato la carica. I problemi del Paese? Nessuno di noi può non averci pensato, era impossibile. Siamo stati ancora più orgogliosi di essere ucraini. Siamo così, resteremo così anche ai Mondiali. Perché questa è la nostra anima. Cercheremo di crescere, useremo le amichevoli per cercare un gioco migliore di quello che abbiamo, ma non cambieremo faccia. Gioco per i miei compagni, per la squadra. So che devo tirarmi addosso tre o quattro difensori perché un altro segni e cerco di farlo. In tutti questi mesi ho pensato soltanto all'obiettivo, e mai ai miei gol".

La Nazionale di Shevchenko è la prima europea a partire per i Campionati del Mondo. Impresa storica, che non può non aprirci il cuore. Bastano le sue parole per dare una dimensione all'evento. Parole e immagini: suggerisco una visita al sito ufficiale di Andriy - il link è in spalla destra del blog - sezione "Galleria". Si trova, fra le prime, una foto dello scorso dicembre. Scenario invernale. Al cospetto del Colonnello Lobanovsky, il pallone d'oro appoggiato sulla panchina di legno. Andate a guardare i suoi occhi... Dicono tutto.

Buon viaggio, 7 gialloazzurro!