31 dicembre, 2006

24 dicembre, 2006

CARO BABBO SILVIO

Sotto l'albero di Natale vorrei lasciare una letterina al Presidente...

Silvio Berlusconi ci ha regalato gli anni più belli della nostra vita da Rossoneri, principalmente perché ha saputo immaginare un Calcio - in senso lato - differente da quello che era stato, da sempre. E perché ha avuto la forza (la capacità imprenditoriale, il talento, la passione) per trasformare il suo sogno in realtà.

La storia del pallone, in questo paese, va raccontata distinguendo due epoche facilmente riconducibili: Prima e Dopo Silvio. Con buona pace del Perdente Onesto, dello straordinario Commissario Telecom e del fido Poliziotto Borrelli. Ma dopo i fasti del ventennio romantico, oggi ci troviamo nel clou del più lugubre decadentismo. Appare ormai evidente che il grande limite di Berlusconi (e del berlusconismo che ne discende, drammaticamente impersonato dal Vicario disinibito e dalla sua corte dei miracoli) sia stato quello di affezionarsi a se stesso, alle proprie idee che furono vincenti, al proprio passato glorioso. E di supporre che le stesse idee - non più innovative - debbano continuare ad essere vincenti. E che il futuro riprodurrà all'infinito i risultati del passato, all'unica condizione di conservare lo stato delle cose nel presente, reiterando ad oltranza le medesime scelte.

Quella rossonera, tristemente, è oggi una dirigenza che ha smarrito la forza devastante dell'immaginazione e dell'innovazione: ciò che ha reso il Milan di Berlusconi, a cominciare da Sacchi e proseguendo con Capello - non dimenticando l'eredità tecnica, tattica e umana inconfondibile del Barone Liddas - un unicum tanto splendido quanto, forse, irripetibile.

Silvio deviò per sempre il corso naturale della storia il giorno in cui prescelse il Profeta di Fusignano. E dopo Arrigo inventò Don Fabio, già allevato dirigente alla scuola della polisportiva Mediolanum (altro progetto rivoluzionario, che purtroppo non ha avuto seguito né trovato emulazione). Sarà un fatto fisiologico: gli anni passano per tutti, la terzà età è fatalmente conservativa più che evolutiva... Fatto sta che da alcuni anni, il nostro Presidente sembra impegnato a contare i trofei messi in bacheca e a ricontare le schede elettorali, più che a sviluppare il progetto Milan. Il suo progetto, la nostra fede incrollabile.

Domando: dobbiamo essere condannati ad affondare con la nave ed il suo Comandante? Io ritengo di no. Il Milan non è (solo) un'azienda di Berlusconi. Il Milan esiste prima di Berlusconi ed esisterà dopo di lui. Il Presidente ha guadagnato una pagina di immortalità nella storia del club e conquistato, per sempre, il nostro affetto e la nostra riconoscenza. Ma se oggi non ha più nulla da dire (se non pronunciare, fuori contesto, proclami che assomigliano a slogan politici e che producono effetti collaterali deleteri) - e ha ben poco da dare - meglio che passi la mano. Per il bene del Milan. «Domani sogneremo altri traguardi, inventeremo altre sfide, cercheremo altre vittorie. Che valgano a realizzare ciò che di buono, di forte, di vero c'è in noi, in tutti noi che abbiamo avuto questa avventura di intrecciare la nostra vita a un sogno che si chiama Milan» (Silvio Berlusconi, 24 marzo 1986).

Grazie di cuore, Babbo Silvio.
Ora abbiamo bisogno di ricominciare a sognare.
E sempre, FORZA IL VECCHIO CUORE ROSSONERO!

23 dicembre, 2006

SE NON PROPRIO ZERO

Sanzionato in primo grado dalla Commissione d'Appello Federale a 2 anni di inibizione, poi ridotti a 9 mesi in secondo grado dalla Corte Federale, Adriano Galliani è stato definitivamente graziato dall'Arbitrato del Coni con altri 4 mesi di sconto sulla pena. Il Vicario da oggi è disinibito. Diciamo Caf, diciamo Corte Federale, diciamo Coni. Diciamo gli organi sportivi che hanno comminato all'A.C. Milan, rispettivamente: una retrocessione in Serie B (con 3 punti di penalizzazione), la successiva esclusione da tutte le competizioni europee - salvo poi cadere nella gaffe Empoli/Uefa - e infine lo "sconto zero" ai saldi di fine Calciopoli. Diciamo pene inflitte al club per responsabilità diretta del suo amministratore delegato, in violazione dell'art.1 c.g.s., nell'avere "tollerato e implicitamente approvato il comportamento del sig. Meani (...), così di fatto avallando un comportamento scorretto che andava al di là dei compiti propri del dirigente accompagnatore addetto agli arbitri". Mai si dimentichi che il Milan - la squadra, il suo popolo, il suo blasone - ha pagato (e continua a pagare sul campo) a causa della condotta "lesiva dei doveri di lealtà e probità sportiva" di Adriano Galliani e del suo dipendente Leonardo Meani. Ancorché mitologica, la figura del Carneade di Lodi trova riscontro materiale nella carica di cui fu investito - si deve supporre - dalla società, ovvero dal suo primo dirigente. Giudico curioso che, nel corso dei tormentati mesi estivi, mai un'apparizione o una dichiarazione ufficiale siano state concesse all'ex dirigente "accompagnatore degli arbitri". Né dai canali istituzionali (imbarazzata ammissione di colpa?), né da quelli non istituzionali ma affini e contigui alla corte dei miracoli del Vicario. Del Meani si son perdute le tracce, con la medesima rapidità con la quale un giorno egli balenò agli onori della cronaca...

Infine, chi ha ottenuto gli sconti della giustizia sportiva? Non il Milan, ma Galliani! Per chi si è prodigato l'Avvocato Cantamessa? Tristemente, non per il club ma per il suo amministratore delegato. Esauriente e significativa la dichiarazione dell'azzeccagarbugli sociale dopo la delibera del Collegio Arbitrale: «L'unico motivo di moderata soddisfazione per il lodo arbitrale odierno è legato al fatto che finalmente siamo alla fine. Questa vicenda finisce. Tutte le cose hanno una fine e l'unica ragione positiva di questa cosa è che è finita. L'ho detto e ripetuto, le colpe dell'uomo in questa vicenda se non proprio zero sono vicinissime allo zero, eppure ha dovuto sopportare ugualmente un bel po' di mesi di inibizione. Comunque basta, è finita, questa è l'unica cosa che conta, l'unica cosa veramente importante. Adesso per uscire del tutto da questo momento, anche in campo con la squadra, urge anche un requisito fondamentale che io non so come venga chiamato dagli altri, ma che io chiamo fortuna».

Le mie più cupe illazioni sulla strategia del baratto, adottata dalla dirigenza per salvaguardare i propri interessi finanziari a danno del Diavolo, prende corpo nei fatti. La stampa bene informata (si legga, di sponda borrelliana) aveva parlato di un accordo che lo straordinario Commissario Telecom e il suo braccio destro, Avvocato Nicoletti, in estate avrebbero "tentato" di raggiungere con il Gatto Galliani e la Volpe Cantamessa. Riconoscendo l'assoluta inefficacia dell'inibizione - giacché i dirigenti squalificati non cessano di fatto la propria variegata attività di relazioni - sarebbe stato approntato una sorta di "decalogo" da far sottoscrivere al Vicario inibito.

[Repubblica.it] In cambio di uno sconto di pena, l'a.d. del Milan si impegnava a non rilasciare più dichiarazioni, a non partecipare a riunioni (nemmeno carbonare), a non fare mercato, etc. Se avesse sgarrato, avrebbe scontato sino all'ultimo giorno (17 aprile 2007) la sua squalifica. L'accordo poi non fu sottoscritto, forse perché Galliani andò in Spagna con Braida a trattare Oliveira...


«Galliani? Non rispetta le regole», il commento lapidario del poliziotto Borrelli in un'intervista del mese scorso a Radio Capital, puntualmente anticipata da La Repubblica. Il riferimento era a una riunione informale, tenutasi nel mese di novembre all'Hotel Gallia di Milano, per discutere (guarda caso) di diritti televisivi con vari presidenti di A e di B. A seguire, l'apertura di un'inchiesta federale sulla condotta dei dirigenti inibiti dopo le sentenze di Calciopoli e le sconsiderate esternazioni di Galliani - attraverso il sito ufficiale - che paragona il capo del pool Piedi Puliti al capo della polizia stalinista, Laurenti Beria: «Devo presumere che il prossimo intervento di Borrelli atterrà all'uso della tortura». Si noti come, prima della beffa del Coni e la farsa del pour parler di Pancalli, Galliani avesse tentato di blandire l'opinione pubblica rilasciando dichiarazioni subliminali del genere (pietoso): «Io sono stato l'unico a rifiutare ogni commento sulla mia squalifica e a dribblare qualsiasi trasmissione televisiva. Non sono entrato una volta nello spogliatoio e Gattuso mi ha pure detto che la mia mancanza si sente». L'applicazione delle sanzioni disciplinari risulta essere, di fatto, tanto tollerante da risolversi nell'impedimento a scendere negli spogliatoi durante la gara e - soprattutto - a rappresentare la società in circostanze ufficiali. Missione compiuta, dunque. Il Vicario disinibito torna in gioco. A questo punto, non resta che attendere la sua prossima mossa.

22 dicembre, 2006

BUON NATALE ANCHE A VOI...

SERIE B TIM 2006-2007
Diciottesima Giornata, sabato 22 dicembre 2006
Stadio Olimpico di Torino

JUVENTUS-AREZZO 2-2
RETI: 13 s.t. Trezeguet, 20 s.t. Palladino, 35 s.t. Martinetti (rigore), 38 s.t. Martinetti.


JUVENTUS: Buffon; Chiellini, Boumsong, Balzaretti, Birindelli; Paro, Zanetti (22 s.t. Marchisio), Palladino; Del Piero, Trezeguet, Zalayeta.
A disposizione: Mirante, Bojinov, Piccolo, Guzman, Zebina, De Ceglie.
Alenatore: Deschamps.
AREZZO: Bremec; Barbagli, Ranocchia, Terra, Capelli (37 s.t. Conte); Rosselli, Croce, Bondi (22 s.t. Lombardi), Di Donato; Volpato (22 s.t. Martinetti), Floro Flores.
A disposizione: Marconato, Goretti, Chiappara, Simonetta.
Allenatore: Sarri.

ARBITRO: Celi di Campobasso.
ASSISTENTI: Casotti, Chiocchi.
QUARTO UOMO: Vivenzi.
AMMONITI: 39 p.t. Del Piero, 40 p.t. Floro Flores, 15 s.t. Ranocchia.
ESPULSO: 45 s.t. Terra.

21 dicembre, 2006

SILENZIO! MORATTI TI ASCOLTA... (segue)

[Indiscreto.it] Giuliano Tavaroli ha vuotato il sacco sul sistema Moggi. L'11 ottobre scorso l'ex responsabile della security del gruppo Telecom Italia ha dichiarato a verbale, davanti ai Pubblici ministeri di Milano che indagano sui dossier illegali, nuove circostanze che fanno comprendere come già quattro anni fa i vertici dell'Inter fossero perfettamente a conoscenza della "rete" di rapporti di potere dell'ex direttore generale della Juventus. «Alla fine del 2002 dopo essere stato contattato dalla segreteria di Massimo Moratti - ha raccontato Tavaroli nella sua deposizione davanti ai PM - incontrai Moratti e Facchetti presso la sede della Saras. Facchetti raccontò a me e a Moratti di essere stato avvicinato da un arbitro della delegazione di Bergamo che in più incontri aveva rappresentato un sistema di condizionamento delle partite di calcio facente capo a Moggi ed avente come perno l?arbitro Massimo De Santis». Tavaroli ha subito precisato che «Facchetti non fece il nome dell'arbitro che lo aveva avvicinato anche se successivamente emerse che si trattava di Nucini». L'ex capo della sicurezza Telecom ha riferito nei verbali altre dichiarazioni del defunto presidente dell'Inter. Quest'ultimo ha raccontato a Tavaroli che il "misterioso" arbitro, cioè Danilo Nucini, era stato avvicinato da De Sanctis nel corso del raduno di Sportilia. In quella occasione De Sanctis gli aveva fatto presente che vi era un modo per avanzare nella graduatoria degli arbitri e che chi aveva contatti con Facchetti arbitrava prevalentemente in serie B.

Tavaroli ha proseguito nella sua esposizione davanti ai magistrati, riferendo altri dettagli che sarebbero stati dichiarati da Nucini a Facchetti. De Sanctis avrebbe spiegato allo stesso Nucini che se avesse voluto dirigere incontri in serie A, che comportavano rimborsi più consistenti, doveva seguire i suoi suggerimenti. «De Sanctis gli aveva altresì raccontato ? ha sottolineato Tavaroli ? di aver migliorato la sua posizione economica e di aver acquistato una bella casa a Roma e un'auto di lusso». Stando sempre alle parole dell'ex capo della security Telecom, l'arbitro bergamasco aveva confidato a Facchetti di aver accettato il consiglio di De Sanctis. E qui il racconto di Tavaroli si arricchisce di un episodio degno di una spy-story di John Le Carrè. Infatti, dopo alcuni giorni Nucini fu prelevato da un'automobile dopo aver lasciato il cellulare nella sua vettura. «Dopo un lungo giro in città fatto per disorientarlo ? ha proseguito Tavaroli nel suo racconto ? arrivò in un albergo di Torino dove incontrò Luciano Moggi che gli chiese la disponibilità a favorire la Juventus penalizzando le squadre avversarie nelle partite giocate prima di affrontare la Juve. L'arbitro accettò e ricevette da Moggi un cellulare sicuro e diversi numeri dove poteva essere chiamato».
Tavaroli ha aggiunto altri particolari alla sua ricostruzione e riferisce che «Facchetti mi disse che l'arbitro gli aveva raccontato i fatti in cambio di un favore da parte dell'Inter, un posto nella società nerazzurra, aggiungendo che era disposto a denunciare».

L'ex presidente nerazzurro si mise d'accordo con Nucini per un nuovo incontro. E qui l'ex dirigente del colosso della telefonia arricchisce la sua versione dei fatti con altri dettagli da romanzo giallo. «Facchetti mi disse di aver registrato su un cd ? ha sottolineato Tavaroli ? i suoi colloqui con l'arbitro Nucini e mi chiese di fare delle verifiche su De Sanctis. Concordammo di dare l'incarico a Cipriani (anch'egli arrestato per la vicenda delle intercettazioni). Chiesi ad Adamo Bove (ex funzionario di polizia passato a Telecom e morto a suicida a Napoli) di verificare i numeri dati da Moggi all'arbitro per vedere se fossero riconducibili a personaggi del mondo del calcio. Bove confermò. Cipriani redasse un report: "Operazione ladroni"». Tavaroli ha poi raccontato di aver dato un consiglio all'ex numero uno dell'Inter. «Io proposi a Facchetti due opzioni: presentarsi in Procura o collaborare come confidente delle forze dell'ordine senza esporsi subito. Facchetti preferì la seconda opzione. Ne parlai con il maggiore Chittaro comandante del nucleo informativo dei Carabinieri di Milano. Di fatto Facchetti non diede seguito a tale sua disponibilità».

Tavaroli ha concluso la sua deposizione davanti ai PM spiegando che Facchetti presentò un esposto in Procura il cui contenuto non fu poi confermato da Nucini. Questi fatti sono ormai diventati cronaca da tempo. I magistrati hanno chiesto a Tavaroli come mai il report su "Operazione ladroni" fu pagato con 50mila euro a Cipriani. Tavaroli ha risposto che «non so se il report che mi esibite è quello con tutta l'attività». Alla luce anche delle dichiarazioni rilasciate al settimanale L'Espresso da Massimo Moratti, ritornato da pochi mesi alla guida dell'Inter dopo l'interregno di Giacinto Facchetti durato dal gennaio 2004 sino all'ottobre di quest'anno, si devono fare alcune considerazioni e domande. «A un certo punto ? ha detto Moratti nell'intervista a L'Espresso ? mi ero rassegnato. Capivo che, ad andare bene, con quel sistema lì saremmo sempre arrivati secondi. E allora ho pensato seriamente di mollare». Il presidente dell'Inter, ha poi confessato di essere andato molto vicino a cedere il club nerazzurro. «Attorno ad aprile di quest'anno ? ha raccontato Moratti ? non ce la facevo piu a vedere quello che succedeva nell'indifferenza generale. Non speravo che sarebbe venuta fuori la verità, almeno in tempi brevi. Ero davvero stufo». Dall'insieme di queste dichiarazioni sembrerebbe che il patron dell'Inter abbia confermato ciò che ha detto Tavaroli negli interrogatori: Moratti sapeva del sistema Moggi, visto che nella famosa riunione del 2002 negli uffici della Saras era presente con Facchetti e Tavaroli. Ma allora, se sapeva del maneggi di Moggi, perché non ha presentato un esposto alla giustizia sportiva? Però, nel caso in cui ne fosse stato a conoscenza e non lo avesse denunciato, avrebbe violato l'articolo 6 comma 7 del codice di giustizia sportiva, quello che riguarda il dovere di denunciare l'illecito sportivo. C'è da aggiungere che, considerati i fatti lontani nel tempo, potrebbe già essere scattata la prescrizione. Quindi, forse a questa domanda non ci sarà più risposta. Altro quesito: perché l'arbitro Nucini non ha voluto più confermare ciò che aveva dichiarato a Facchetti? Paura, rimorso, dovuti magari a un "avvertimento" di qualcuno, o chissà quale altro motivo recondito? E, ultima domanda, ma non per questo non meno importante: che fine ha fatto il cd su cui Facchetti ha inciso le dichiarazioni di Nucini? Visto che l'ex gloria della Nazionale e della società nerazzurra era al vertice dell'Inter si suppone che ne avesse custodita una o più copie. Sono domande a cui forse solo i magistrati della Procura di Milano, se ne ravvedessero l'opportunità per le loro indagini sulle intercettazioni abusive, potrebbero dare un'esauriente risposta.

16 dicembre, 2006

POVERO DIAVOLO

Mentre il nostro vecchio Diavolo annaspa 3 punti sopra il baratro della retrocessione, il Vicario inibito e il suo inseparabile sodale di Reggiolo non trovano argomentazione migliore per giustificare l'imbarazzo collettivo che invocare, all'ossessione, la Grande Ingiustizia: madre di tutte le sciagure di questa stagione nefasta. In buona sostanza, se la squadra è in condizioni psicofisiche pietose (e centra i pali invece del bersaglio grosso) la colpa è tutta di Borrelli & Compagni, che hanno costretto i Ragazzi a dimezzare la pausa estiva per preparare il turno preliminare di Champions. I vari cocoriti di corte - l'avvocato Azzeccagarbugli, il bravo Presentatore, l'Ordine di scuderia - hanno mandato a memoria la filastrocca e battono quotidianamente il tam-tam, ognuno dal suo colle. Non arriverò a scrivere che si tratti di un'abominevole menzogna ma, nella migliore delle ipotesi, è una mezza verità.

Fatto salvo che la società ha pagato nella misura di 30 punti la condotta sleale dei suoi dirigenti per il semplice motivo che 1 solo punto di penalizzazione in più avrebbe comportato (per la gradualità delle colpe e, dunque, delle sanzioni) la retrocessione in Serie B della Lazio (leggasi, grumo di potere Carraro-Geronzi-Capitalia), la pena irrogata per il campionato scorso avrebbe comunque garantito l'accesso alla Coppa Uefa 2006/2007. Senza preliminari. Si obietterà: la squadra aveva guadagnato sul campo l'accesso (diretto) alla Champions League - per non dire il titolo tricolore, dopo le sanzioni comminate alla cupola di Piazza Crimea - pertanto era moralmente lecito, se non doveroso, rivendicare il diritto ad iscriversi. Concordo. L'amministratore delegato però non agisce, né ha mai agito, per ragioni di morale (tanto meno di blasone) ma esclusivamente per ragioni di bilancio. Occorrevano i danari della massima competizione europea per puntare al pareggio tra costi e ricavi. Per quest'unica ragione, e non per altre, l'ineffabile Vicario e il suo vassallo Cantamessa si sono battuti contro gli organi federali. Hanno ottenuto l'iscrizione: per quest'unico obiettivo, il pareggio di bilancio, i Ragazzi hanno dimezzato le ferie estive e hanno saltato la preparazione atletica abituale.

Ciò premesso, una condizione fisica inadeguata quale conseguenza dei 30 punti di penalizzazione per il campionato 2005/2006 e una condizione psicologica intermittente quale conseguenza degli 8 punti di penalizzazione per il campionato in corso, rappresentano solo una porzione (non dico irrilevante) della verità. Il resto della verità è che il dinamico duo Galliani-Braida non ha risolto una delle tre-quattro lacune di organico più macroscopiche dell'ultimo biennio: un laterale destro (possibilmente di ruolo, dopo i forzati Stam e Simic) che garantisca una terza età serena a Cafu; un centrale di difesa che rappresenti una prospettiva credibile dopo il pensionamento dei prossimi quarantenni Costacurta e Maldini; un laterale sinistro (ribadisco) di ruolo che non debba snaturare la propria impostazione da centrocampista (Serginho l'anno passato, Jankulovski quest'anno - perché il lupo perde il pelo ma non il vizio...) per coprire il settore difensivo; magari, anche un centrocampista di costruzione (genere Dhorassoo) più che di interdizione (genere Vogel), in grado di dissipare lo stucchevole equivoco della variante tattica a Pirlo. Dopo lo "tsunami estivo" - che non è stato Calciopoli, con buona pace del Vicario inibito, bensì la partenza del Balon d'Or: secondo marcatore di sempre nella storia del Milan, per i disattenti ai numeri - occorre aggiungere un ultimo tassello: non si dice un altro Shevchenko perché l'esemplare è unico, ma quanto meno un attaccante con doti realizzative commisurate alle ambizioni della società, se non al suo irripetibile predecessore. Nulla di tutto ciò: sono arrivati nuovi saldi dalla sponda triste del Naviglio (il 35enne Favalli); un centralone dal piede ruvido (Bonera), peraltro istantaneamente dirottato sulla fascia (sempre perché il lupo etc. etc.); un onesto ronzino di ritorno (Brocchi), a cui tutto si può chiedere meno che imparare ad impostare il gioco a 31 anni. Sul bersaglio fermo Ricardo Oliveira è talmente facile sparare, che mi limiterò alla fredda cronaca: 1 gol in 4 mesi di campionato, non sono numeri da attaccante di Serie A. Ma Galliani lo ha pagato come tre attaccanti di Serie A. Del talentuoso Gourcuff dico che sarebbe una promessa su cui puntare ad occhi chiusi... ma tutto sta a sapere cosa ne pensa l'allenatore in seconda: Clarence Seedorf.

Antichi fuoriclasse a fine carriera, reduci esangui del campionato mondiale, giovani (e meno giovani) comparse di talento mediocre e personalità incerta: di questo gruppo, i veterani han perduto le motivazioni e possono spendere, nella migliore delle ipotesi, le (esigue) velleità residue di gratificazione personale; mentre i comprimari sono imbrigliati nella morsa reverenziale dei primi che, come accade in ogni spogliatoio di fine ciclo, fornisce l'alibi psicologico ideale per restare nell'ombra senza assumersi responsabilità. Incornicia il quadro un allenatore bolso, che dei senatori è compagno di lungo corso, e con loro fatalmente condivide l'onere della conduzione tecnica; da tre anni vive nella rimembranza (patetica) di una notte magica a Manchester, da tre anni ripropone un copione tattico che non sa prescindere dalla presenza in campo dei suoi undici protagonisti di ruolo: non conosce alternative, non ne concepisce l'ammissibilità. Come vado ripetendo ormai da un anno e mezzo di post, questo gruppo ha cessato di essere Squadra ad Istanbul: nel bene e nel male, là è finito il ciclo del Milan di Carlo Ancelotti. Un po' per vocazione romantica, un po per interessi di bottega, un altro anno è stato speso senza cambiare nulla. Nel nome della Grande Rivincita di Parigi, si è puntata la posta piena sullo spirito di rivalsa dei singoli: unico collante in grado di tenere assieme, per una stagione ancora, un gruppo ormai scollato e sfilacciato. Scommessa plausibile, scommessa perduta. Il fuggi-fuggi generale paventato a fine stagione (parlo di Kakà, di Pirlo, di Gattuso... oltre che di Sheva, Rui e Stam) si è concretizzato solo in parte, ma doveva essere letto come un indicatore inequivocabile degli umori e delle potenzialità del gruppo.

Rinnovare (ad oltranza) la fiducia allo stesso allenatore, che predica lo stesso calcio e suppone di schierare gli stessi undici giocatori dell'Old Trafford (al netto di Kakà), trascurando il dettaglio non trascurabile che la linea difensiva ha 3 anni di troppo, che davanti non c'è più l'attaccante dei 173 gol e - soprattutto - che tutti, ma proprio tutti gli avversari del mondo hanno imparato le poche contromosse tattiche sufficienti per sterilizzare l'unico sistema di gioco che costui sia disposto a concepire, è un assurdo storico che fa scolorire nelle lacrime del Popolo Rossonero qualsiasi improbabile argomentazione di forma. Come di consueto, in Rino veritas: «In questo momento siamo una squadra senza identità. Anche noi ci aspettavamo qualche acquisto importante. I pali che abbiamo colpito sono solo tanti alibi. In realtà avevamo bisogno di rinforzi rispetto alla scorsa stagione». Davvero, un triste 107esimo anniversario per questo povero Diavolo.

07 dicembre, 2006

THE TRUTH

[ChelseaFC.com] Andriy Schevchenko has denied comments attributed to him in the media this morning regarding his form, his relationship with Jose Mourinho and Roman Abramovich and his future at Chelsea Football Club. The comments were allegedly taken from an interview in a Russian newspaper. Andriy has only given one interview in recent weeks to a Russian sports magazine called ProSport. These are the relevant sections translated correctly as they appear in the magazine.

Q: In one word: do you consider that the beginning of your career at Chelsea FC has turned out to be unsuccessful? There are a lot of rumours on the topic right now.
A: I know that more is expected of me. I realise that. And I am capable of bringing something to Chelsea - that I know as well. In actual fact, the season has just started. And it didn't commence without difficulties - both for me personally and for the team in general. Largely, this is due to the World Cup, which consumed a huge chunk of our break and took its toll on our condition - both physically and morally. It is not a secret that it is much harder to transcend into the new season after the World Cup. It does not only concern me - I'm referring to everyone. My injury before the Championship also came at a wrong time - I had to practically prepare myself physically from scratch... But I don't want to make excuses. Primarily, I do not consider my Chelsea debut to be so bad - despite everything, I scored 4 goals. Besides, people do not need my excuses. Right?

Q: Two months and 9 matches have passed between your Middlesbrough goal in August and the Portsmouth goal in October. You must have experienced mixed feelings when confronted with such an immense advertising campaign.
A: I experienced normal feelings. Yes, as a result of my past successes, the stakes are high. My transfer price also played its role. There is a lot still to be done in order to prove myself at Chelsea. But I will do that. I don't want to end up making excuses and explaining what happened and why. It is of highest importance for me to understand what is going on. And I do. That is why I am calm.

Q: What percentage of the difficulties that you are experiencing do you attribute to the acclimatisation in a new country, in a new club? This is only the second time in your life that you have done this.
A: This is not a big problem. They are very good at welcoming new players at Chelsea. I adapted very easily here - almost instantly.

Q: Did you experience any problems relating to the specificity of English Football?
A: I didn't find that anything was different here. In England they play the same game that they do on the continent.

Q: Another rumour around your so-called problems relates to the fact that Lampard and Ballack are apparently more intent on scoring themselves, than passing the ball, which is different to the strategy of your team-mates in Milan.
A: This is true. However, I have no problems with it. Who said that Lampard should play for Shevchenko? Lampard should play for the team! This applies to me as well. Scoring goals is my main prerogative, but not the only one. Maybe I am excessively elaborating, however, the match against Barcelona - where I didn't score, yet Chelsea won - made me much happier, than the match against Liverpool, where I scored, but we ended up losing.

Q: When you play with Drogba, you often have to settle for a position of second forward. Does this bother you?
A: No. During my last seasons at Milan, I was also playing second forward.

Q: How many goals do you intend to score for Chelsea as to not regret your transfer? And what do you hope to win?
A: I never thought about it like this. And I try not to regret anything.

Q:
Your justifications for the transfer as being in the "interests of the family" did not appear very convincing...or rather - incomplete.
A: Of course there were other motivations. I wanted to try playing for a new team, to change atmosphere. It was also interesting to see what it is like working with Mourinho. In actual fact, I couldn't even imagine just how interesting it is until I came to Chelsea. As regards to the family circumstances - I did not exaggerate. Family is very important in my life, especially since it is about to get bigger.


Andriy has also reiterated the official statement he made last week following speculation about his future. This was:
"I give 100 per cent all the time and I am committed and hungry for success with Chelsea. I have total respect for the Chelsea club and fans as well as for football in England and the culture of the country. There are always good and not so good moments in sport, that's normal. If that means there is opinion and criticism I respect that."

03 dicembre, 2006

IN RADICE

Continuare a parlare di calcio in Italia dopo il 26 di luglio è un po' come ostinarsi a credere a Babbo Natale dopo il servizio militare. Com'è ormai noto, al posto della vecchia Serie A, lo sponsor Telecom ha allestito quest'anno un torneo aziendale che il doppiovelo rosa ha diligentemente rinominato: il Campionato degli Onesti. Siccome chi porta il pallone, in tutti gli oratori del mondo, decide chi gioca e chi sta fuori, accade che in testa alla classifica del torneo splenda giustamente la Vergine di Jesi; accade che a fare da sparring partner sia la Roma dei Sensi - che per citare il grande Diego (non dico il Pibe) è pur sempre l'Inter del Sud - e accade ancora che in zona Champions League ci stiano il Palermo e il Livorno. A seguire, il Siena e il Messina. Capocannoniere del torneo: Riganò del Messina. Moggi ride amaro e conta le figurine del suo album dei ricordi. I Savoia, dal canto loro, commentano con sdegno che in Italia quest'anno si disputano due Serie B: in una, gioca la Juventus... Il pubblico intanto è altrove: un deficit di 100mila spettatori, unico trend negativo fra tutti i campionati d'Europa.

Per non stonare, il Milan è in zona retrocessione. Un po' a causa dell'handicap convalidato dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato dello Sport, che era l'ultimissima spiaggia di Calciopoli. Riporto per completezza del quadro comico la motivazione: "la penalizzazione di punti 8 irrogata per il campionato 2006-2007 svolge un'adeguata funzione monitoria senza per questo precludere in radice il raggiungimento dei più alti traguardi sportivi, considerate le chances competitive della squadra e i risultati ottenuti nelle ultime stagioni". Considerate le chances competitive della squadra nella stagione in corso, ci sarebbe da chiedere un bonus oltre che uno sconto. Ma non ditelo a Berlusconi, perché se apre bocca un'altra volta, Borrelli ci manda in C1 senza passare dall'Olimpico di Torino. Mi domando: fosse rimasto Sheva, di punti ce ne avrebbero "irrogati" 30?

Dici Balon d'Or e pensi alla campagna acquisti/cessioni di quest'estate. Mai fu più inopportuna la virata epocale nella strategia di bilancio dettata dalla proprietà. Per andare in pareggio coi 45 milioni intascati da Abramovich, il Vicario inibito ha consumato anche gli spiccioli. Ma quei brutti ceffi di Simplicio, Diana, Bresciano e Amauri (solo per menzionare gli acquisti di una squadra di vertice) non erano da Milan: si sa che a Mediaset piacciono solo le facce pulite. Così sono arrivati bei bidoni e splendide vecchie glorie: la rosa ora è fotogenica, ma purtroppo è da centro classifica. Al lordo della penalizzazione. Aprire gli occhi oggi e guardare l'orizzonte più prossimo (i 39-40 punti della quota salvezza) è un'esercizio di realismo tanto crudele quanto opportuno. Continuare a lamentare i torti subiti e fantasticare sull'obiettivo Champions League (inteso sia come quarto posto in classifica, sia come finale ad Atene) viceversa è un'esercizio di stile che ha sempre più il retrogusto agrodolce dell'autocelebrazione e della vocazione al sogno di matrice berlusconiana. Il quadro è reso tanto più allarmante dall'ottimismo ostentato da dirigenti, allenatore e giocatori. Sorge il dubbio atroce che fra le righe della sentenza Coni sia già scritto - con squisita ironia - il verdetto della stagione in corso: ovvero, che i traguardi sportivi siano preclusi "in radice"... ma con la R maiuscola, per citare il nome dell'ultimo allenatore rossonero che a dicembre riteneva di avere un Milan da Scudetto e che a maggio lo vide sprofondare, lentamente ma inesorabilmente, in Serie B.

30 novembre, 2006

NOVEMBRE 2006: Nostalgia di Sheva

SENATORI

Sei mesi dopo, si torna a parlare di Sheva. Inevitabile, forse. La triste convergenza di performance deficitarie sulle sponde del Tamigi e prestazioni imbarazzanti in ogni angolo d'Italia, offre lo spunto giornalistico ideale per imbrattare le pagine a doppiovelo rosa. «L'operazione ritorno spacca il Milan: alcuni senatori si oppongono al possibile rientro dell'ucraino dal Chelsea, favorevoli invece Seedorf e Kaladze». Si dice che il tempo sia galantuomo. Molto si è raccontato e fantasticato circa il doloroso addio. Fra tutte le voci, una sola ha meritato l'onore della cronaca di questo blog: il meraviglioso affresco tratteggiato da Stefano Olivari per Indiscreto. Là si parlava (per la prima volta) di grilli parlanti e di fatali frizioni con l'allenatore. Tutto insabbiato sotto la coltre dei sorrisi aziendali e dei sondaggi bulgari nella comunicazione istituzionale: le verità del popolo bue. Ma oggi leggiamo quanto segue (a firma rigorosamente anonima):

[Gazzetta.it] Ai compagni non era piaciuto praticamente nulla del tira e molla primaverile e non era mancato un durissimo confronto negli spogliatoi di Milanello. Alcuni senatori avevano intimato ad Andriy di non coinvolgerli nella sua decisione: tra i motivi del trasferimento, insomma, non sarebbero dovuti emergere gli innegabili problemi con alcuni compagni. Anche Ancelotti, stufo della telenovela e della versione di Sheva, era stato molto chiaro: «Devi essere onesto e non nasconderti dietro a motivazioni ridicole». Poi, a Ferragosto, il bacio alla maglia del Chelsea dopo il gol nella Supercoppa inglese aveva scatenato reazioni di vario genere: c'era il Gattuso rabbioso («Non chiedetemi nulla, non posso dire quello che penso»), il Costacurta conciliante («Si è trattato di un gesto istintivo, i tifosi del Milan non devono dare troppa importanza all'episodio»), il Seedorf comprensivo («Quando si fa gol, spesso non si pensa a nulla»), l'Ambrosini distaccato ("I tifosi milanisti saranno delusi, ma Sheva è grandicello e si assume la responsabilità di quello che fa. D'altronde è un giocatore del Chelsea») e l'Ancelotti ironico («Si vede che si è affezionato in fretta alla nuova squadra...»). Oggi non si può certo immaginare che nel caso di un ritorno di Sheva verrebbero stesi tappeti rossi a Milanello. Andriy dovrebbe riguadagnarsi la fiducia e la stima del gruppo, mostrando quella disponibilità che aveva conquistato tutti nei primi anni milanesi. Poi, raccontano, all'improvviso erano cambiati il carattere e l'atteggiamento di Shevchenko, che si era un po' allontanato dal gruppo. Adesso, tra i giocatori che contano, sono favorevoli al suo ritorno solo Kaladze e Seedorf, mentre sono contrari Maldini, Costacurta e soprattutto Gattuso. Questa è la testimonianza di Kaladze: «Ho sentito Andriy una settimana fa, mi ha detto che va tutto bene, che l'inserimento procede, che in fondo era normale incontrare delle difficoltà e che a Londra vive bene e quindi non è pentito della scelta. Io, però, sarei molto felice se lui tornasse qui e credo che sarebbe accolto molto bene da tutto l'ambiente».

Per inciso, il "possibile rientro" di cui parla l'anonimo in rosa è tecnicamente impossibile a norma di regolamento: Galliani infatti ha ingaggiato un extracomunitario di troppo. Si chiama Ricardo Oliveira.

23 novembre, 2006

LA VERGINE DI JESI

Chiara Geronzi: «Roberto Mancini era socio della Gea»
(da Repubblica del 23 novembre 2005).

L'inchiesta romana sull'associazione a delinquere della Gea lascerà in lascito nuovi deferimenti sportivi. In otto stanno rischiando il rinvio a giudizio - come da chiusura indagini dei sostituti procuratori Luca Palamara e Maria Cristina Palaia - per illecita concorrenza con minacce e violenza. Tre di questi, Luciano Moggi, Luciano Gaucci e Francesco Ceravolo, nella prima metà del Duemila erano tesserati del calcio: su di loro il capo dell'Ufficio indagini Francesco Saverio Borrelli domani aprirà un'inchiesta. Per i procuratori accusati invece, e sono Alessandro Moggi, Francesco Zavaglia, Riccardo Calleri, Davide Lippi e Pasquale Gallo, si profila una sospensione dall'albo degli agenti Fifa.
Dagli interrogatori dei "figli eccellenti" emergono particolari inediti. Chiara Geronzi, figlia del banchiere Cesare, maggior azionista della Gea World, nelle sue dichiarazioni spontanee ha rivelato ai pm che la Gea nella sua prima forma - General Athletic, appunto - e stata finanziata, tra gli altri, anche da Roberto Mancini, allora attaccante e poi allenatore della Lazio, oggi allenatore dell'Inter tra i più duri avversari di Luciano Moggi e del suo mondo di riferimento. Chiara Geronzi, la cui posizione processuale va verso l'archiviazione, ha raccontato in procura: «La Gea-General Athletic nasce dall'iniziativa di un gruppo di ragazzi che si conoscevano. Io, pur lavorando al Tg5, mi trovavo in un momento difficile e non mi sentivo adeguatamente gratificata. I giornali misero presto in cattiva luce la nuova società. Soci fondatori siamo stati io, Francesca Tanzi, Andrea Cragnotti e Giuseppe De Mita. Non so se di questa iniziativa parlarono anche i nostri genitori. Le quote societarie erano queste: il 20% lo detenevo io, il 20% la Tanzi, il 20% Cragnotti a poi c'era un 40% in mano alla società Roma Fides, fiduciaria composta da Giuseppe De Mita e Roberto Mancini».
Sopra il nome della "Roma Fides" c'e stato a lungo un alone di mistero. L'interrogatorio della Geronzi offre un nuovo scenario e chiama in causa Mancini, che in passato ha smentito più volte una sua presenza nella contestata società. Continua la Geronzi: «Nell'ottobre 2001 nacque per fusione la Gea World e io venni nominata presidente, solo per pochi giorni... La sede la scelsi io su indicazione di mio padre, l'immobile era di una società riconducibile alla Banca di Roma. In realtà cominciavo a perdere interesse per questa società che si concentrava sempre più sull'acquisizione di procure sportive. Come giornalista mi stavo realizzando, poi mi sono sposata e ho avuto due figlie. Dalla Gea non ho mai percepito utili, Zavaglia mi diceva che i ricavi servivano a coprire i costi. Intendevo distaccarmi, ma questa decisione era stata rinviata perché avrebbe potuto influire negativamente sulla nostra immagine. Sulle scelte, Alessandro Moggi e Zavaglia non mi interpellavano mai. Sapevo dell'inchiesta Figc sul conflitto di interessi, ma non le diedi molto peso. Luciano Gaucci l'ho conosciuto perché era un cliente delta Banca di Roma. Perché lo invitai al mio matrimonio? Un gesto di cortesia dopo aver ricevuto da lui un quadro».
Nel suo interrogatorio Giuseppe De Mita, figlio di Ciriaco e anche lui vicino all'archiviazione, si definisce l'ideatore della Gea e racconta: «Parlai del mio progetto agli amici Francesca Tanzi e Andrea Cragnotti. Ne parlai anche con Chiara Geronzi, che all'epoca frequentavo perché fidanzata con uno dei miei migliori amici, Marco Mezzaroma. Venne coinvolta da questa idea e sin dall'inizio la appassionò. Quando mi sono allontanato le quote le ho versate a Chiara Geronzi, che mi ha versato solo una parte del corrispettivo. Nel 2003 ho guadagnato 34.000 euro, unico utile incassato, poi sono tornato alla Lazio. Tentai di rientrare alla Gea, ma Alessandro Moggi mi disse che non voleva più lavorare con me. Se fossi entrato io, lui se ne sarebbe andato. Chiara Geronzi? Per me non spese neppure una parola».

18 novembre, 2006

MOMENTI SENZA TEMPO

SERIE B TIM 2006-2007
Dodicesima Giornata, sabato 18 novembre 2006
Stadio Atleti Azzurri d'Italia di Bergamo

ALBINOLEFFE–JUVENTUS 1–1
RETI: 25 p.t. Joelson (rigore), 7 s.t. Palladino.

ALBINOLEFFE: Acerbis; Innocenti, Donadoni, Santos, Garlini; Belingheri (8 s.t. Gori) Del Prato, Poloni, Colombo; Joelson (47 s.t. Bonazzi), Ferrari (14 s.t. Cellini)
A disposizione: Marchetti, Previtali, Rabito, Cristiano.
Allenatore: Mondonico (squalificato), in panchina Casati.
JUVENTUS: Buffon, Birindelli, Boumsong, Chiellini, Balzaretti; Camoranesi, Paro, Zanetti (42 s.t. Marchisio), Nedved; Bojinov (25 p.t. Mirante), Palladino.
A disposizione: Zebina, Urbano, Kovac, De Ceglie, Maniero.
Allenatore: Deschamps.

ARBITRO: Brighi di Cesena.
AMMONITI: 3 s.t. Innocenti, 8 s.t. Santos, 27 s.t. Camoranesi, 41 s.t. Colombo.
ESPULSI: 24 p.t. Buffon.

04 novembre, 2006

POUR PARLER

La farsa di Calciopoli si è chiusa ufficialmente con le sentenze della Camera di Conciliazione e Arbitrato Coni. Si è chiusa un venerdì sera, con splendido tempismo: ovvero, ventiquattr'ore prima del Derby con gli Onesti. Uno si domanda, ma perché un venerdì sera? Lo definirei un cameo d'autore, l'ultimo colpo di teatro concepito dagli Sceneggiatori del più grande reality show che il mondo dello spettacolo abbia messo in scena (ad oggi) sul tema. Altro che «Campioni», il Cervia, la D'Amico... Davvero Calciopoli non è stato mai - ma neppure per un giorno - un processo di giustizia sportiva! Sin dall'Atto Primo. Il giorno in cui le cartelle dell'inchiesta "Off-side" dalle Procure di Napoli e Torino finirono sui tavoli delle redazioni giornalistiche (e di lì, sui proverbiali banconi dei gelati del «Camillo» di Christian Rocca), Calciopoli - già Moggiopoli, o come vezzosamente ha creduto di riformulare, ex post, il doppiovelo rosa: "Calciocaos" - è stato un grande processo di piazza, celebrato attraverso i media, e per il controllo dei media. Un processo mediatico tout court: bibliografia sufficiente per scrivere un trattato sul valore della verità e la "fabbrica del consenso" secondo Noam Chomsky. Mi sono ampiamente dilungato, in corso d'opera (dalle inchieste di Borrelli ai deferimenti di Sandulli, alle sentenze di Palazzi, alle controsentenze di Ruperto), a documentare il percorso logico che, attraverso linee editoriali concordate dalle principali testate giornalistiche nazionali, ha prodotto il sentimento collettivo che è divenuto infine consenso, presso la giuria popolare del più ampio movimento di piazza poi sfociato in un'autentica Onestopoli: il golpe bianco dello straordinario Commissario Telecom, la pantomima dei Tre Saggi artatamente ispirati dall'Uefa e l'happy-end, già scritto a maggio, dello Scudetto di legno ai Perdenti.

Ma in retrospettiva, ciò che più atterrisce (con un occhio alle sorti prossime del nostro vituperato blasone) è la constatazione inequivocabile che il potente Signore di tutte le Antenne, il più grande comunicatore dell'ultimo trentennio di storia italiana, il self-made man capace di costituire un partito politico dal nulla e salire in un anno al Quirinale con il consenso espresso nelle urne elettorali dal Popolo Italiano - nonché, incidentalmente, il Presidente dell'A.C. Milan - è stato affrontato per l'appunto sul terreno di battaglia della comunicazione (il suo terreno di competenza) e attraverso i media (le sue armi privilegiate): là è stato affrontato, e così è stato demolito. Dai silenzi sdegnosi e ostinati, agli outing pre-elettorali ("a me gli scudetti"), allo stucchevole teorema della persecuzione personale: ogni parola spesa o non spesa dalla dirigenza si è rivelata, con proverbiale regolarità, un passo falso capace di produrre effetti devastanti. Sicché di questo stiamo parlando: del definitivo annientamento di un centro di potere ("grumo" nel lessico radical chic del poliziotto Borrelli). Il centro di potere che, tramite il controllo di una carica istituzionale chiave dell'ordinamento sportivo (la presidenza della Lega Nazionale Professionisti), "rappresenta, su delega specifica rilasciata per ogni singolo contratto e da ogni singola società, le società che partecipano alle competizioni agonistiche ufficiali limitatamente alla cessione per la diffusione sul solo territorio italiano dei diritti televisivi degli highlights in chiaro e in differita dei Campionati di Serie A e di Serie B" (art. 1 del Regolamento L.N.P). Ovvero, distribuisce alle società per azioni del calcio italiano la voce di entrata primaria di bilancio.

La ripartizione dei diritti televisivi è infatti "il tema di attenzione prioritario nel quale trova origine e spiegazione - affermava già in premessa il Capo Ufficio Indagini nella sua relazione - la fitta rete dei rapporti intercorsi tra soggetti a vario titolo partecipanti al mondo del calcio". L'inibizione di Adriano Galliani "a svolgere ogni attività in seno alla F.I.G.C., a ricoprire cariche federali ed a rappresentare le società nell'ambito federale, indipendentemente all'eventuale rapporto di lavoro" (art. 14, Titolo II del c.g.s.) non è stata, pertanto, una sanzione sportiva: ciò di cui il Popolo Rossonero nella sua totalità (fatto salvo lo sdegno di un paio di scribacchini di corte) sarebbe stato grato a Borrelli per i tempi a venire. L'ineffabile Vicario ha preservato infatti le mansioni istituzionali, con il silenzioso beneplacito del Presidente, e perseverato nel produrre danni irreparabili per il Club: tanto a livello d'immagine, affidando le proprie farneticanti esternazioni al maggiordomo Cantamessa, quanto soprattutto di gestione, sperperando le poche risorse messe a disposizione dalla proprietà con operazioni di mercato imbarazzanti (18 milioni di euro più Vogel per Ricardo Oliveira, per dire la più grossa) oltre che deleterie. Ne stiamo raccogliendo i frutti sul campo. L'inibizione di Adriano Galliani ha avuto l'unica evidente valenza del colpo di grazia ai gangli vitali del centro di potere espresso dal Presidente di Lega. Da quel momento, la ripartizione dei diritti televisivi non è più controllata da un dirigente Fininvest e non è più garantita dalla controparte criminosa del patto d'acciaio con la Giovanni Agnelli & C., la cupola di Big Luciano.

L'Ultimo Atto della farsa è dunque lo sconto sostanzioso per tutti i Club penalizzati, tutti meno il Milan! L'Avvocato del Diavolo insorge, si noti bene, non già per difendere gli interessi sportivi di squadra e tifosi (8 punti di handicap nel campionato in corso e 30 in quello passato, con conseguente esclusione dal girone a classifica di Champions League), bensì gli interessi particolari dell'A.D. o forse, sarebbe più corretto dire, del dirigente Fininvest. Emerge uno scenario maleodorante (e tipicamente italiota) di accordi sottobanco fra le controparti legali, coerente tuttavia con i patteggiamenti più o meno espliciti fra dirigenza sabauda del nuovo corso e Federazione (niente ricorso al Tar in cambio "della Serie B con una congrua penalizzazione in punti"). Ancora una volta, il nostro antennista brianzolo viene sorpreso con le dita nel barattolo della marmellata: disonesto quanto gli altri, solo un po' più pirla, dal momento che a giugno tenta di barattare un tornaconto personale (a danno del Milan) per raccogliere a novembre le beffe di Rossi e Borrelli. Così recita oggi lo splendido neo Commissario Pancalli: «Prima di affrontare la conciliazione ho sentito telefonicamente il professor Nicoletti, che mi ha negato l'esistenza di un'intesa con Galliani. L'allora vice commissario mi ha spiegato che si trattava soltanto di un pour parler. Così, per rispettare una linea di coerenza, abbiamo deciso di non conciliare e di mandare tutto all'arbitrato». In buona sostanza, non esistevano accordi scritti né formali, ma un "gentleman agreement" (per l'appunto...) in base al quale l'A.C. Milan accettava di mantenere un profilo basso difronte ai media, per ricevere in cambio dalla Camera di Conciliazione uno sconto sulla squalifica di nove mesi a Galliani (che scadrà il 14 aprile 2007) e non sui punti di penalizzazione alla squadra: in questo modo, dal primo di gennaio, il nostro disinibito Vicario avrebbe potuto fare la sua trionfale rentrèe in Lega, e ricominciare a spartire le fette della torta delle televisioni.

31 ottobre, 2006

26 ottobre, 2006

AD IMPERITURA MEMORIA

Torino, 26 ottobre 2006 - «ERAVAMO DA C, RICHIESTA LA B»
L'avvocato Zaccone, difensore della Juventus: «Gli atti processuali inchiodavano Moggi e Giraudo e parlavano di 4 episodi di illecito sportivo riguardanti altrettante gare».

[Quotidiano.net] Infuocata assemblea del Cda della Juventus: Cobolli Gigli e Blanc sono stati attaccati dai piccoli azionisti per non aver difeso a sufficienza la Juve nella vicenda Calciocaos e anche l'avvocato Cesare Zaccone ha voluto rispondere a chi lo ha accusato di aver fatto poco per difendere i diritti della Juventus in sede di processo. «Qualcuno forse non ha capito la situazione in cui ci siamo trovati» - ha detto. «Abbiamo dovuto leggere in 5 giorni un dossier di 7.500 pagine, con una serie di atti contro due dirigenti (Moggi e Giraudo, ndr) che rappresentavano la società. Invito tutti a leggere queste pagine, soprattutto le persone che santificano Moggi e Giraudo. Vi faccio presente che questi atti parlavano di cose irrispettose per quanto riguarda le regole del calcio e soprattutto parlavano di 4 episodi di illecito sportivo riguardanti 4 gare». «Quindi la situazione era a dir poco drammatica - continua Zaccone - e, siccome il comportamento dei dirigenti ricade inevitabilmente sulla società, non c'era molto da fare. Noi avevamo addirittura due dirigenti colpevoli e quindi che cosa dovevamo fare secondo voi? O difendevamo i dirigenti oppure prendevamo le distanze da loro per cercare di far sopravvivere la Juve. Noi volevamo una giustizia equa, però, ve lo ripeto - rivolgendosi agli azionisti - i dati di fatto nei nostri confronti erano drammatici. Erano da serie C. Ci siamo permessi di chiedere una B senza penalizzazione perchè con i dati di fatto che avevamo sarebbe andata bene».

18 ottobre, 2006

L'ALBA DI ONESTOPOLI

La vera storia del passaporto di Recoba. Il documento falso venne pagato ottantamila dollari: i vertici della società erano stati informati da Oriali.
(da Libero del 18 ottobre 2006)

Pubblichiamo ampi stralci della sentenza della Commissione disciplinare della Lega Calcio relativi al "caso Recoba passaporto falso", che il 27 giugno 2001 stabilì le seguenti pene: squalifica fino al 30 giugno 2002 per Alvaro Recoba, inibizione fino al 30 giugno 2002 per Gabriele Oriali, inibizione fino al 31 marzo 2002 per Franco Baldini, oltre a una sanzione di due miliardi di lire per la società nerazzurra. Ma questo è solo il primo atto dell'intricata vicenda. La pena per il giocatore venne confermata dalla Commissione d'appello federale e ridotta a quattro mesi dalla Camera di conciliazione del Coni (sanzione pecuniaria per la società ridotta a soli 1,4 miliardi di lire). Il 25 maggio 2006 Recoba e Oriali hanno patteggiato sei mesi di reclusione (sostituiti con una multa di 21.420 euro) in sede penale, richiesta accolta dal gip del Tribunale di Udine. Nell'inchiesta, divisa in vari filoni, furono coinvolte trentuno persone, fra le quali dodici calciatori di Milan, Roma, Lazio, Sampdoria, Udinese e Vicenza. Sul sito Lega Calcio è possibile consultare, per tutti gli interessati alla vicenda, il comunicato ufficiale nella sua interezza.

L'esame del merito richiede una premessa in ordine all'oggetto dell'accertamento demandato a questa Commissione, che non può riguardare direttamente l'autenticità, ovvero la contraffazione del passaporto italiano del calciatore Recoba Rivero Alvaro apparentemente emesso dalla Questura di Roma il 9 novembre 1998, essendo tale materia ovviamente riservata al giudice penale. Dagli atti del procedimento emergono circostanze univoche, concordanti ed incontrovertibili che consentono di affermare (pur prescindendo dal rilievo, desumibile dalla documentazione acquisita ed evidenziato nell'atto di deferimento, che il passaporto italiano del calciatore non risulta essere mai stato rilasciato dalla Questura di Roma) che il Recoba non aveva alcun titolo al rilascio di un passaporto italiano per assoluta inesistenza in capo allo stesso dei presupposti indispensabili, ed in primo luogo del diritto alla cittadinanza italiana. A siffatta conclusione si perviene, anche a tacere per il momento dei riscontri probatori e delle argomentazioni logiche che verranno approfondite esaminando le singole posizioni degli incolpati, sulla base delle sole dichiarazioni rese dal calciatore all'Ufficio indagini ed alla Procura della Repubblica di Udine. In sintesi, il Recoba ha riferito di aver preso per la prima volta in considerazione la possibilità di diventare cittadino comunitario al suo rientro presso l'Internazionale dopo un periodo di permanenza in prestito al Venezia. In tale occasione egli chiese notizie al proprio padre il quale gli precisò che la famiglia aveva "antenati nelle isole Canarie". Le ricerche svolte in quella direzione, dapprima da un collaboratore del procuratore Casal, tale Daniel Delgado, e poi da uno studio legale spagnolo incaricato allo scopo dalla Soc. Internazionale, non approdarono ad alcun risultato: riferisce infatti il Recoba che la ricerca era "lunga e difficile". Il calciatore ha inoltre escluso di aver mai svolto alcuna pratica od inoltrato alcuna richiesta tendente al rilascio di un passaporto italiano.

BENEFICI ILLEGALI PER IL CALCIATORE - Non è necessario spendere ulteriori parole per concludere che il passaporto italiano consegnato al Recoba in Roma nel settembre 1999 non corrisponde né alla cittadinanza uruguaiana di cui il calciatore era in possesso dalla nascita né a quella spagnola che egli avrebbe eventualmente potuto conseguire "jure sanguinis", se le ricerche svolte in Spagna per l'individuazione di antenati spagnoli avessero avuto esito positivo. E sotto il profilo soggettivo si può anche tranquillamente affermare che in nessun caso il calciatore avrebbe potuto confidare nella veridicità "ideologica" del passaporto italiano che gli venne consegnato alla Borghesiana il 12 settembre 1999 dall'Oriali. In linea generale, e fatto salvo l'accertamento delle singole responsabilità, è innegabile che l'uso di tale passaporto al fine ottenere la variazione di status federale del calciatore, con la consapevolezza che il documento non poteva essere genuino perché incompatibile con la cittadinanza non italiana del Recoba, costituisca grave violazione dei principi di lealtà, probità e rettitudine alla cui osservanza sono tenuti tutti i destinatari delle norme federali, come dispone l'art. 1 comma 1 del C.G.S. Si tratta infatti di utilizzare mezzi scorretti, o addirittura fraudolenti, al fine di ottenere il riconoscimento di un titolo non spettante, traendone un indebito vantaggio. È superfluo il sottolineare, in proposito, che il fatto di diventare "comunitario" ha recato benefici non solo economici sia al calciatore, quanto meno sotto il profilo della libertà assoluta di circolazione del tesserato nell'ambito delle Federazioni comunitarie, sia alla Società di appartenenza, per una migliore utilizzazione dell'organico disponibile (...). Passando all'esame delle singole posizioni, non sussistono dubbi sull'affermazione della responsabilità di Recoba Rivero Alvaro. Si è già detto che dagli atti non è desumibile alcuna valida ragione che consentisse al calciatore di credere nella genuinità del passaporto italiano in questione e, in particolare, non merita alcun credito l'affermazione del Recoba, allorchè sostiene di non aver rilevato l'anomalia della data di emissione del documento, anteriore di quasi un anno rispetto al momento della consegna dello stesso da parte di Oriali, o quando afferma di non aver notato che nel passaporto gli era stata attribuita una residenza romana mai esistita e meno ancora quando dichiara di non aver dato alcun peso alla circostanza che sul passaporto era applicata una sua fotografia di cui egli non aveva alcun ricordo e che non gli risultava comunque di aver consegnato ad alcuno.

IL COINVOLGIMENTO DI BALDINI - La difesa ha sostenuto che la condotta del Recoba dovrebbe ritenersi scriminata in considerazione della sua inesperienza ed ingenuità, dovute all'età giovanile, nonché della mancata conoscenza da parte sua di tutto quanto attiene a leggi, regolamenti, pratiche amministrative e burocratiche; tutti elementi questi che ne dimostrerebbero l'inconsapevolezza riguardo all'illiceità del suo tesseramento federale come cittadino comunitario. Ad avviso della Commissione l'asserita inconsapevolezza del Recoba è irrimediabilmente smentita dalle circostanze di fatto sopra richiamate, la cui rilevanza non può essere contrastata ed esclusa soltanto in ragione dell'età del calciatore. E' notorio, infatti, e risulta dagli atti che il Recoba, seppure innegabilmente giovane, ha maturato esperienza in vari campi attraverso spostamenti e viaggi intercontinentali, trattative contrattuali di rilevanza economica, contatti con procuratori sportivi ed iniziative anche nella specifica materia dell'acquisizione di una determinata cittadinanza (si vedano la richiesta di informative al proprio padre, l'affidamento della pratica a uno studio legale spagnolo). Pertanto non mancano a Recoba l'intelligenza, la maturità e l'esperienza necessarie per comprendere che i passaporti non si materializzano dal nulla e che la trasformazione del suo status federale da extracomunitario a comunitario era irregolare. La sconcertante faciloneria con cui Recoba, sebbene "stupito" di aver ottenuto un passaporto italiano, se ne è servito perché gli conveniva acquisire lo status di comunitario, assume, alla luce delle considerazioni sopra svolte, un significato probatorio decisivo ai fini dell'accertamento della partecipazione attiva e pienamente consapevole del tesserato alla realizzazione dell'illecito. Quanto al sig. Gabriele Oriali risulta dagli atti che questi, all'inizio della collaborazione con l'Internazionale a giugno 1999, apprese che la Società aveva interesse alla variazione di status del Recoba da extracomunitario a comunitario e che a tal fine era stato interessato uno studio legale spagnolo, le cui ricerche si erano però arenate, trattandosi di pratica complicata che richiedeva in ogni caso, tempi molti lunghi. Risulta altresì che l'Oriali si interessò della questione Recoba assumendo concrete iniziative finalizzate al conseguimento della variazione di status del calciatore, prendendo contatto con il Baldini per conoscere "come facevano alla Roma per i passaporti" e chiedergli l'indicazione di qualcuno che potesse aiutare l'Internazionale a modificare lo "status" del Recoba. Avuto dal Baldini il nominativo del Krausz (da lui peraltro già conosciuto), l'Oriali si attivò per l'avvio della "pratica", seguendone poi lo svolgimento sino alla conclusione. Egli provvide infine a consegnare al Recoba, il 12 settembre 1999, il passaporto italiano che gli era stato appena fornito dal Krausz. A carico dell'Oriali gravano elementi di accusa, costituiti da circostanze di fatto accertate e da argomentazioni logiche deducibili dagli atti, così precise, articolate e stringenti da dimostrarne la responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio. In particolare:
a) fu l'Oriali a ricevere il passaporto dal Krausz. Prima di consegnarlo a Recoba, egli ebbe modo di esaminarlo e di rilevare che la data di emissione risaliva al 9 novembre 1998, cioè quasi un anno prima del giorno della consegna. La circostanza è confermata dal Krausz, la cui deposizione all'Ufficio Indagini va ritenuta attendibile, per essere stata rilasciata spontaneamente da persona non tesserata e conseguentemente non obbligata a fornire informazioni agli Organi federali della Figc. La spiegazione di tale anomalia, che il Krausz dice di aver fornito all'Oriali ("Commentammo il fatto che il passaporto risultava rilasciato con una data anteriore ma a me era stato spiegato con la circostanza che trattasi di documenti facenti parte di un gruppo "riservato a casi particolari") è sintomatica della consapevolezza da parte dell'Oriali in ordine alla irregolarità del rilascio del passaporto;
b) Oriali ebbe anche modo di rilevare, esaminando il passaporto, che dal documento Recoba risultava residente a Roma, circostanza non corrispondente al vero, e che sul passaporto era applicata una fotografia del Recoba di cui egli "non sapeva nulla";
c) fu l'Oriali ad incaricare Krausz dello svolgimento della "pratica" in Argentina e ad autorizzare, dopo aver ottenuto l'assenso della Società, il versamento della somma di 80.000 dollari pretesi (cfr. le dichiarazioni sul punto del Krausz) dalla Liliana Rocca quale compenso per l'ottenimento del passsaporto;
d) fu l'Oriali a promuovere un incontro con Baldini, alla presenza del Ghelfi, nel corso del quale venne chiesto al Baldini di assumersi tutta la responsabilità dell'operazione, e di emettere fattura a proprio nome dei costi "dell'operazione Recoba";
e) l'Oriali, essendo a conoscenza dei precedenti infruttuosi tentativi svolti in Spagna per il conseguimento della cittadinanza comunitaria del calciatore, non poteva confidare nella correttezza e regolarità di un passaporto italiano di Recoba ottenuto in Argentina da una non meglio precisata "agenzia", in tempi a dir poco fulminei, dal momento che egli ben sapeva che da parte di Recoba non era stata presentata ad alcuna autorità italiana la domanda di rilascio del passaporto. Né egli poteva, in base alla logica ed alla comune esperienza, considerare serie e fondate le generiche e fumose assicurazioni fornitegli dal Krausz, anche tramite Baldini, che "tutto era regolare". L'affermazione dell'incolpato, di non essere stato consapevole della pretesa illegittimità del documento e di non aver dubitato della correttezza delle persone alle quali aveva affidato, per conto della Soc. Internazionale, lo svolgimento della "pratica", si riduce a mera allegazione difensiva priva di effettivo riscontro, che non intacca minimamente il completo e convincente quadro probatorio raccolto a suo carico. Deve quindi essere affermata la responsabilità disciplinare del sig. Gabriele Oriali.
Per quanto attiene al sig. Franco Baldini è pacifico in atti che questi venne interpellato dall'Oriali, il quale gli chiese se conoscesse una persona in grado di verificare l'esistenza delle condizioni necessarie per modificare lo status del Recoba da extracomunitario a comunitario. Il Baldini avrebbe indicato il Krausz (che l'Oriali già conosceva personalmente) ritenendolo adatto al compito sia perché questi in precedenza si era occupato di vicende analoghe, sia perché la moglie dello stesso collaborava con uno studio legale argentino. Dopo aver indirizzato Oriali al Krausz, il Baldini non si sarebbe più interessato direttamente al caso, limitandosi in alcune occasioni a fungere da tramite tra Krausz ed Oriali, poiché gli stessi avevano difficoltà di mettersi in contatto tra loro. La difesa ha sostenuto che la marginale attività del Baldini, limitatasi alla "presentazione" di Krausz ad Oriali (salvo sporadici e non significativi interventi di mero collegamento tra i due) ne escluderebbe il coinvolgimento nella vicenda del passaporto Recoba. Osserva la Commissione che dagli atti si evincono numerose e concordanti circostanze che conducono al convincimento che il Baldini ebbe nella vicenda un ruolo ben più rilevante ed efficientedi quello di semplice tramite. In particolare:
a) tra il Baldini ed il Krausz esisteva un rapporto di collaborazione, nel senso che il primo aveva offerto al secondo, in un momento di difficoltà economica, l'opportunità di collaborare con il suo studio, operando in Argentina ove dimorava avendo sposato un'argentina;
b) il Baldini, proprio in virtù del rapporto di collaborazione di cui sopra, doveva ben conoscere la natura delle pratiche svolte dal Krausz in Argentina, l'inconsistenza delle vantate conoscenze ed esperienze presso agenzie e consolati e della altrettanto vantata possibilità di intervento della moglie nella veste di collaboratrice di uno studio legale (il Krausz ha dichiarato di aver reperito l'indirizzo di una "agenzia seria" attraverso depliant distribuiti a scopo pubblicitario, di fronte ad un Consolato e mai ha fatto cenno ad una qualsivoglia partecipazione della propria moglie alla vicenda);
c) risulta dagli atti che il Baldini costituì un punto di riferimento costante per lo svolgimento della "pratica" trasmettendo al Krausz la documentazione relativa al Recoba, smistando le comunicazioni via fax tra Oriali e Krausz ed infine - circostanza questa alquanto sintomatica - comunicando ad Oriali, circa 45/60 giorni dopo il primo contatto, che la ricerca era stata positiva e che tutto era a posto affinchè il Recoba divenisse comunitario - Al riguardo, le asserite difficol tà di contatto telefonico tra il Krausz ed Oriali non sono credibili poiché il Krausz riferisce di aver telefonato direttamente ad Oriali per tenerlo al corrente dell'andamento della pratica in varie occasioni, non ultima quella relativa alla richiesta del bonifico bancario. Se ne deduce logicamente che le notizie importanti, come indubbiamente era quella della "conclusione delle ricerche", dovevano passare attraverso il Baldini e che competeva a quest'ultimo comunicarle all'Oriali;
d) Oriali si rivolse a Baldini e non a Krausz per accertarsi che "tutto fosse regolare" e fu il Baldini a fornire le assicurazioni del caso;
e) nel maggio 2000 il Baldini fu convocato ad un colloquio con Oriali e Ghelfi, nel corso del quale gli venne chiesto di assumersi tutte le responsabilità del passaporto di Recoba e addirittura di fatturare a proprio nome le relative prestazioni. Tale tentativo di coinvolgimento del Baldini da parte dell'Internazionale non avrebbe evidentemente alcuna giustificazione logica, se egli si fosse limitato a "dirottare" Oriali verso Krausz. Né appare credibile la versione difensiva circa le motivazioni di rispetto quasi reverenziale che avrebbero indotto il Baldini ad accettare comunque il colloquio con gli esponenti dell'Internazionale. In base ai suddetti elementi, la Commissione ritiene che debba essere dichiarata la responsabilità del Baldini, risultando pienamente provati il diretto e consapevole coinvolgimento nella realizzazione dell'illecito e l'efficacia causale dell'attività posta in essere per il conseguimento del fine.

RESPONSABILITÀ OGGETTIVA PER L'INTER - Al sig. Rinaldo Ghelfi, amministratore delegato della Soc. Internazionale, viene contestata la partecipazione alla illecita condotta posta in essere dai tesserati della sua Società, Recoba ed Oriali in concorso col Baldini e con terzi non tesserati. Peraltro, dagli accertamenti svolti in sede di indagini risulta un intervento diretto del Ghelfi nella vicenda soltanto nel maggio 2000, momento in cui era divenuta di pubblico dominio la notizia di possibili irregolarità riguardanti il conseguimento dello status di comunitario da parte del calciatore della Lazio Veron. Il Ghelfi, volendo essere certo che non vi fossero anomalie nella analoga pratica di Recoba, chiese chiarimenti ad Oriali e partecipò al noto incontro con lo stesso Oriali ed il Baldini. Tale condotta del Ghelfi, di per sé, non appare disciplinarmente rilevante, sia perché avvenuta in epoca successiva alla modifica dello "status" del Recoba, sia perché priva di valore probatorio significativo ed univoco in ordine alla consapevolezza del Ghelfi circa l'irregolarità della posizione del Recoba. Su tale circostanza sussistono certamente forti dubbi, dal momento che Oriali - non essendosi attivato per il passaporto di Recoba a titolo meramente personale - deve aver tenuto informati i vertici della Società sull'andamento della pratica. Dagli atti risulta che almeno in due momenti Oriali deve essersi consultato con i propri superiori: il primo quando si trattò di dare il "via" alla pratica in Argentina ed il secondo quando si trattò di effettuare su indicazione di Krausz, il bonifico di 80.000 dollari, che doveva essere autorizzato dai vertici societari. Ciò posto, è evidente che la richiesta di pagamento di una somma rilevante per lo svolgimento di ricerche documentali avrebbe potuto, e forse dovuto, ingenerare nella dirigenza dell'Internazionale sospetti di irregolarità e d'altra parte l'inesistenza nei libri contabili della Società di un pagamento di tale importo potrebbe significare che alla liquidazione del compenso si sia provveduto in forma non ufficiale, cosa che costituirebbe un ulteriore indizio di responsabilità a carico dei referenti dell'Oriali. Dagli atti, tuttavia non è desumibile alcuna circostanza che faccia riferire al Ghelfi, in modo certo ed inequivoco, l'adozione di decisioni in tal senso, non potendosi escludere in modo assoluto l'ipotesi che altri soggetti abbiano provveduto nei predetti termini. Ritiene pertanto la Commissione che il sig. Rinaldo Ghelfi debba essere prosciolto dall'addebito. La Soc. Internazionale risponde dell'operato dei propri tesserati Recoba ed Oriali a titolo di responsabilità oggettiva, senza che possono in alcun modo rilevare le allegazioni di buona fede formulate dalla stessa.

12 ottobre, 2006

LA FOSSA VIVE

Dal gioco nasce l'amicizia, e quando il gioco finisce, resta l'amicizia.

[SosItalia.it] Questa la scritta comparsa sulla targa che sabato 7 ottobre i tifosi della ex Fossa dei Leoni hanno applicato sui nuovi giochi da esterni donati al Villaggio SOS di Saronno. Un gruppo numeroso di ragazzi e famiglie, accomunati soprattutto da una grande amicizia e da una passione per la squadra del Milan, ha trascorso un'intera giornata al Villaggio SOS di Saronno, al quale ha regalato nuovi giochi di legno per il giardino del villaggio: un'altalena, una torretta con scivolo, panchine, tavoli.
Questa splendida iniziativa nasce purtroppo da un episodio spiacevole, ovvero dallo scioglimento della storica tifoseria milanista. A testimonianza dell'ottimismo e dello spirito di amicizia e desiderio di condivisione che accompagna però questo gruppo, la Fossa dei Leoni ha deciso di devolvere la somma derivata dalla sua chiusura ad alcuni progetti sociali, tra cui appunto il Villaggio SOS di Saronno.
Non potevano scegliere frase migliore da apporre sulla targa che hanno regalato al villaggio!
Grazie di cuore.

I Villaggi SOS sono unorganizzazione indipendente e non governativa, impegnata a difendere i diritti dei bambini e a soddisfare i loro bisogni.

Anche Andriy Shevchenko è Ambasciatore FIFA per SOS, con l'obiettivo di aiutare i bambini e supportare la costruzione del nuovo Villaggio SOS di Brovary, in Ucraina.

«Ci sono molti problemi in Ucraina e dobbiamo assolutamente migliorare la situazione dei bambini: i bambini sono il futuro», le parole di Sheva il giorno dell'investitura ufficiale, allo stadio Respublikanskiy di Kiev.

La Fossa e Sheva, volti e immagini di un Milan che non esiste più. E dio solo sa quanto il Milan, oggi, avrebbe bisogno dell'uno e dell'altra. Della classe, della forza, dello spirito e dei gol del Balon d'Or per certo; ma anche di una sana e costruttiva contestazione a questa dirigenza, a questo staff tecnico e a più d'un elemento di questo spogliatoio. Per rialzare insieme la testa e ricominciare a difendere il blasone del Diavolo. Viceversa, la paresi delle idee e delle intenzioni regna sovrana e incontrastata, la squadra va alla deriva, la proprietà tace... e la curva canta "Carlo Ancelotti". Tutti a libro paga di Adriano Galliani.

30 settembre, 2006

29 settembre, 2006

HAPPY BIRTHDAY

«A noi Sheva manca ma sono sicuro che a lui manchi il Milan e tanto, tantissimo. Mi spiace vederlo giocare come sta facendo al Chelsea: si vede che non riesce a esprimersi, che non si è integrato. Sembra che non c'entri nulla con il gioco del Chelsea». Parole e musica di Kakhaber Kaladze: un amico. Curioso che, appena tre giorni fa, il grillo parlante di Milanello - Franco Ordine su Il Giornale - abbia avvertito l'urgenza di specificare l'esatto contrario, in apertura del pezzo post Champions. Ovvero fuori contesto. Il secondo 0 a 0 consecutivo di una stagione in cui andare in gol è diventato il problema più macroscopico (per una squadra che l'anno passato ne aveva segnati 85), evidentemente ha risolleticato qualche recente prurito. Vuoi vedere che quel nuovo "7 rossonero" è un brasiliano però... non è il fenomeno che Ancelotti, Galliani e i media istituzionali avevano tentato di propagandare? Certo è che la riconoscenza non appartiene a questo mondo, figurarsi al piccolo pianeta del calcio. E comunque, buon trentesimo compleanno al Balon d'Or!

Post Scriptum: ma il Presidente... esiste?

25 settembre, 2006

SILENZIO! MORATTI TI ASCOLTA...

Nel 2002 la società nerazzurra si rivolse a un investigatore legato a Telecom per far pedinare l'ex arbitro De Santis. L'ufficio indagini aprirà un fascicolo: il club potrebbe essere accusato di slealtà sportiva.

[Gazzetta.it] Roma, 25 settembre 2006 - «Ipotesi di violazione dell'articolo 1 del codice di giustizia sportiva»: con questa intestazione questa mattina un fascicolo sarà aperto dall'Ufficio indagini della Federcalcio sulla vicenda Inter-De Santis-Vieri. In attesa di conoscere le decisioni di Francesco Saverio Borrelli, il suo ufficio continua a lavorare. Toccherà a Carlo Loli Piccolomini o a Marco Squicquero richiedere alla Procura di Milano gli atti relativi alla parte del filone Telecom che riguarda il mondo sportivo.

I FATTI. Nel 2002 l'arbitro Danilo Nucini ha un colloquio con Giacinto Facchetti e gli racconta di alcuni strani rapporti tra Luciano Moggi, l'arbitro Massimo De Santis e i dirigenti sportivi Mariano Fabiani e Luigi Pavarese. Facchetti chiede a Nucini di riferire i fatti alla Procura di Milano (visto che lo stesso aveva perplessità a rivolgersi alla giustizia sportiva), ma non fu fatto nulla. Allora l'Inter, a quanto poi è emerso dalle indagini della magistratura, si rivolse alla Polis d'Istinto, l'agenzia investigativa di Emanuele Cipriani (legato al responsabile del Cnag della Telecom, Giuliano Tavaroli) per far pedinare De Santis. Da quel momento fu aperto un dossier dal significativo nome in codice: operazione ladroni.

I CONTROLLI. Sarebbero, però, anche stati intercettati i telefoni di De Santis e della moglie. Gli stessi furono anche seguìti, fotografati, furono fatte indagini patrimoniali e sui conti correnti. Alla fine il dossier si chiude dicendo che «non furono trovate anomalie nel tenore di vita del soggetto». Contemporaneamente furono intercettate le telefonate di Bobo Vieri e l'attaccante fu anche pedinato, ma soltanto nell'ambito di un controllo della società sul calciatore. Del mondo sportivo erano intercettati anche Franco Carraro e il presidente di Capitalia Cesare Geronzi.

INTERCETTAZIONI ILLEGALI. A seguito del decreto legge del Governo sulle intercettazioni illegali, è tornata d'attualità la vicenda. Perché fu commissionata una inchiesta da parte di un'agenzia investigativa e non fu fatto né un esposto alla magistratura, né una denuncia all'Ufficio indagini? Il voluminoso materiale raccolto sull'arbitro, oltre che valutare il suo tenore di vita, a cosa mirava? E le foto? Le stesse domande potrebbero valere anche per Vieri. Inoltre se i contatti denunciati erano con Moggi, Fabiani e Pavarese, ci sono state intercettazioni anche nei loro confronti? Sono queste le domande che gli 007 federali porranno ai dirigenti interisti.

LE PROCURE. L'argomento interessa, intanto, anche la Procura di Napoli che nel 2004 proprio a Tavaroli si rivolse per comunicare le intercettazioni delle utenze di Moggi, Bergamo, Pairetto. Sì, proprio a Tavaroli che era a capo del Cnag, il centro nazionale autorizzazioni giudiziarie della Telecom, che quindi venne a conoscenza dell'indagine che i magistrati Beatrice e Narducci stavano conducendo proprio sulle stesse persone. Una coincidenza, chiaramente, ma che alla luce degli ultimi sviluppi diventa inquietante: Tavaroli ha detto ai pm che lui riferiva tutto a Carlo Buora, amministratore delegato Telecom e vice presidente dell'Inter.

A quanto pare il cerchio di Onestopoli si stringe. Inevitabile da che, venerdì scorso, Paolo Colonnello su La Stampa ha sputato il rospo.

Se lo spionaggio di massa organizzato dalla premiata ditta Tavaroli & Cipriani ai danni di dipendenti, fornitori, rivenditori, gommisti, manager e scalatori, non poteva avere altro committente che la Telecom e la Pirelli di Tronchetti Provera, il dossieraggio su uomini politici, imprenditori, finanzieri, personaggi dello spettacolo, calciatori, giornalisti e magistrati, a chi poteva davvero interessare? Certo, in questo gioco di specchi, dove sull'arbitro De Santis o quello sul giocatore Bobo Vieri che vengono probabilmente commissionati dall'Inter, visto che la ricevuta di un pagamento intestata a F.C. Internazionale Milano, è stata ritrovata dagli inquirenti presso la sede inglese della Worldwide Consultant Security, una delle scatole vuote estere messe in piedi da Emanuele Cipriani per ricevere con discrezione il denaro dai suoi importanti clienti.

Memorabile il commento dell'intercettato De Santis al TG5.

«Inizialmente, quando abbiamo saputo di questa operazione messa in atto da Moratti - perché dalle parole di Moratti abbiamo saputo questo, e quindi di conseguenza da Pirelli e da questo investigatore Cipriani - siamo rimasti veramente schifati da questa situazione. Soprattutto perché tutto questo avveniva da parte di persone che in tutto questo frangente si sono sempre proclamate innocenti ed estranee a qualsiasi cosa proprio perché non figuravano nelle intercettazioni telefoniche. A questo punto io penso che forse l'unica cosa è che l'Inter faccia un campionato da sola, giochi da sola, almeno vincerà tutte le partite senza che nessun arbitro la possa danneggiare. Io penso che le partite vanno vinte sul campo».

Non resta che attendere per vedere in che modo ne usciranno gli Onesti e quale fine farà il loro scudetto di legno, ora che lo straordinario Commissario Telecom è tornato alla casa madre.

23 settembre, 2006

CALCIO O FOOTBALL

Il dilemma del sabato pomeriggio è il seguente: ingrassare con il calcio di cadetteria o rifarsi il palato con il football di Premiership? Mi accontento di leggere il nome del fischietto a Torino. Per Juventus-Modena, hanno designato Tiziano Pieri: affari di famiglia. No grazie, cambio canale. C'è il derby di Londra, c'è il Balon d'Or in campo. C'è tutta un'altra poesia.

Questa è una partita di simboli: SW6. South West Six. Codice di avviamento postale. Sud-ovest di Londra. Quartiere di Fulham. La storia nasce qui, dove vivono benestanti signori, dove il Tamigi non si sente ma c'è, dove le luci si accendono presto, dove il tè non è un'opzione, dove derby è una cosa che conoscono bene. Se spedisci una lettera al Fulham Football Club scrivi Stevenage Road, London, SW6. Se la mandi al Chelsea, scrivi Fulham Road, London, SW6. In mezzo ci sono ottocento metri e non uno di più. Svolti un angolo, poi sempre dritto. Sei arrivato. Stesse case, stesse scuole, stessi giardini pubblici, stesse uscite della metropolitana. Due stadi: Craven Cottage e Stamford Bridge. Londra è una città che nel calcio non si stupisce di niente: con tredici squadre professionistiche, con milioni di tifosi, ha una serie infinita di partite tutte sue. Di incroci, di destini, di fan mischiati, di magliette che si sovrappongono, di sfide tribali che si ripetono. Allora si eccita e si sgonfia, si rieccita e poi si adatta. (...) Chi sta a Londra e non è accecato dal tifo sa che in fondo esistono solo due squadre e sono quelle vicine di casa, quelle con lo stesso codice di avviamento postale. Peggio per Nick Hornby e per tutti i suoi sodali che spingono l'Arsenal oltre il muro dell'anonimato. Anche questa non è una questione di scudetti e letteratura, né di sponsor miliardari o tifosi vip. E' così perché, nel paese dove il football è nato, si trova ancora qualcosa di incomprensibile: appartiene all'inconscio, al mito, alla leggenda. Alle famiglie: uno è tifoso del Chelsea o del Fulham non per appartenenza geografica, religiosa o sociale. Non è possibile. La squadra la sceglie il destino. In una casa si sta da una parte, in quella accanto si sta dall'altra. Il rivale non è nemico diverso, è avversario perché è uguale. E' una differenza enorme, è il letto di un fiume come il Tamigi dove scorre passione. Colori e sapori. E' come se ci fosse una sacca e dentro quella sacca una magia che va oltre lo spettacolo da vendere alle telecamere. Non serve il goal, va bene anche il lancio lungo con la spizzata di testa e chi s'è visto s'è visto. Lo show è un altro: quello che vive dentro la testa. L'onore, l'orgoglio, lo spirito di appartenenza, la sfida al vicino che vedi passare tutti i giorni, al parente che ha sbagliato sponda. Allora possono vincere quello che vogliono, i Gunners. Possono anche diventare un libro divertente e un film carino. Non sarà mai abbastanza. Così leggi e senti dire: «Chi sta fuori pensa che Londra sia una megalopoli piena di stadi da leggenda e di squadre di calcio irriducibili. Ma chi sta a Londra in testa ha il Chelsea e il Fulham. L'Arsenal sta a Londra come il Monza sta a Milano».
(Beppe di Corrado, su Il Foglio Quotidiano di sabato 23 settembre 2006).

Per la cronaca, l'ha svangata il Chelsea di Abramovich sul Fulham di Al Fayed. "Shevy" cerca ancora la migliore condizione e l'ha vista poco. Quando si smarca, non gliela danno. E' tutto un'altro sistema di gioco. Fatto di corsa e di atletismo, di dribbling, di cross e di tiri dalla distanza. E' il calcio delle origini. Quello che fa stare i bambini in strada col pallone incollato al piede fino a sera. Quello che noi abbiamo dimenticato come si gioca già molti anni fa.

22 settembre, 2006

IL PETROLIERE ONESTO

I Moratti producono elettricità a partire dagli scarti della lavorazione del petrolio. Per legge sono una fonte rinnovabile di energia, che lo Stato sovvenziona con i nostri soldi. Ecco come trasformare un rifiuto speciale in un ottimo affare.

[AltraEconomia.it] I soldi per comprare i giocatori dell'Inter Massimo Moratti li prende da qui, da questo piccolo paese sulle coste sarde. Ma non sentitevi esclusi: anche voi contribuite a investire sulla squadra. Ogni volta che pagate la bolletta della luce. Sarroch è in provincia di Cagliari. Vi sorge lo stabilimento di raffinazione della Saras, la società di famiglia dei petrolieri Moratti, fondata nel 1962 da papà Angelo (già presidente dell'Inter). Dal satellite si vede che l'impianto è di gran lunga più vasto dell'agglomerato urbano. È sulla costa, per permettere l'attracco delle petroliere: un quarto del petrolio trasportato via nave nel mondo passa di qua, dal mare della Sardegna. È la più grande raffineria di petrolio del Mediterraneo per capacità produttiva: 15 milioni di tonnellate l'anno di petrolio grezzo trattato, che per la maggior parte viene da Libia e Mare del Nord. Tra i clienti Shell, Repsol, Total, Eni, Q8, Tamoil.

I conti di Saras sono ottimi: 5,5 miliardi di euro di ricavi nel 2005, un bel più 48% rispetto al 2004, e utili per 332 milioni (ancora: più 47% sul 2004). E nei primi mesi del 2006 le cose marciano anche meglio, con risultati netti che raddoppiano rispetto allo stesso periodo del 2005. Saras dà lavoro a 1.600 persone. Ma il vero gioiello dell'azienda sta nell'angolo sudorientale dell'impianto: è la centrale elettrica Sarlux. La Sarlux è una società posseduta al 100% da Saras. La centrale produce energia elettrica bruciando gli scarti di lavorazione che la Saras produce raffinando il petrolio. Questo scarto si chiama tar, detto anche "olio combustibile pesante", una pece semi solida che potrebbe essere utilizzata per fare bitume, e che per essere bruciata viene gassificata e irrorata di ossigeno. È un combustibile altamente inquinante, molto più del metano di solito utilizzato nelle centrali elettriche. L'impianto brucia 150 tonnellate di tar l'ora. Oltre a CO2, ossidi di azoto ed emissioni varie, a fine anno la combustione lascia in dote 1.400 tonnellate di scarti tra zolfo e concentrati di metalli, come il vanadio e il nichel.

L'energia prodotta dalla centrale Sarlux viene tutta comprata da un ente pubblico, il Gestore del sistema elettrico (Grtn), che la paga il doppio di quanto varrebbe sul mercato. Questo accade perché per la legge italiana l'impianto Sarlux è un impianto "assimilato" alle fonti rinnovabili, e per tanto va incentivato come queste ultime. Come sia possibile che una centrale che brucia scarti della lavorazione del petrolio sia pagata come fosse un impianto a energia solare lo dobbiamo al famigerato provvedimento Cip6 (comitato interministeriale prezzi) del 1992. All'epoca il governo decise di agevolare la costruzione di impianti rinnovabili garantendo di comperare (attraverso Enel) elettricità a un prezzo più alto, il doppio e in alcuni casi il triplo, e destinando alla collettività, attraverso le bollette, l'onere del sostentamento dell'energia pulita. Ma poi allargò questa opportunità anche a un numero limitato di altre centrali che utilizzavano fonti che definì "assimilate"e che di rinnovabile non avevano nulla: per la precisione gas, carbone, tar, rifiuti.

Da allora gli italiani pagano anche il 10% in più in bolletta pensando di contribuire alla diffusione di energia pulita. Invece l'0% di quei contributi finisce a impianti come quello dei Moratti. Per il 2005 parliamo di un totale di oltre 3,1 miliardi di euro (erano 2,3 miliardi nel 2004). Oggi il meccanismo Cip6 è stato superato da quello dei certificati verdi nato nel 1999, che non prevede fonti "assimilate", ma le convenzioni stipulate nel passato sono ancora per la maggior parte attive. Sarlux non è l'unica a trarre vantaggio da questa situazione. L'elenco dei beneficiari non è pubblico, ma sappiamo che metà della torta Cip6 finisce a Edison, che appartiene ai francesi della Edf. Anche altri petrolieri, come i Garrone di Erg o i Brachetti Peretti di Api godono delle incentivazioni con impianti simili, che producono cioè elettricità bruciando scarti della lavorazione del petrolio.

Ma l'impianto dei Moratti ha qualche particolarità interessante: la prima, è che è uno dei più grandi, con i suoi 575 megawatt di potenza e 4 miliardi di kilowattora prodotti l'anno. La seconda particolarità è che è tra gli ultimi ad aver avuto accesso agli incentivi, visto che la convenzione è partita l'8 gennaio 2001. Tra l'altro la convenzione di Sarlux dura 20 anni, cinque in più rispetto a quanto stabilito dal provvedimento Cip6. Stando alle analisi della società, il prestito di oltre un miliardo di euro stipulato nel 1996 con Banca Intesa e Banca Europea per gli investimenti per costruire l'impianto dovrebbe essere ammortizzato entro il 2011. Poi saranno dieci anni di guadagno netto. Un paradosso ulteriore è che più cresce il prezzo del petrolio, lo stesso che i Moratti vendono pochi metri più in là, maggiore è il contributo che lo Stato riconosce all'impianto Sarlux in quanto fonte "assimilata" alle rinnovabili. Sarlux è strategica per i Moratti, tanto che anche nella fase di approvvigionamento del petrolio grezzo si tiene conto delle esigenze della centrale. È vero, rispetto al fatturato del gruppo i ricavi equivalgono solo a un decimo, ma gli utili di Saras sono per oltre il 36% riconducibili alla centrale elettrica (122 milioni di euro su 332). Senza gli incentivi produrre elettricità costerebbe moltissimo, molto più di quanto si guadagnerebbe vendendola (solo per l'ossigeno impiegato per la combustione Sarlux spende 50 milioni di euro l'anno). E se non vengono bruciati, gli scarti di lavorazione si tramutano, da fonte di guadagno, in un costo, perché sono rifiuti speciali e vanno smaltiti adeguatamente.

A maggio Massimo e Gian Marco Moratti, rispettivamente amministratore delegato e presidente di Saras, hanno messo in vendita le azioni della società che detenevano a titolo personale, facendo sbarcare l'azienda in Borsa. Oggi il 40% di Saras è in mano al mercato. I fratelli avranno comunque il controllo dell'azienda attraverso la finanziaria di famiglia Angelo Moratti s.a.p.a., che mantiene il 60% delle azioni. La vendita di azioni ha fruttato ai fratelli poco meno di un miliardo di euro ciascuno. Immaginiamo che parte di questi soldi verranno investiti su qualche buon giocatore. Le azioni, vendute a 6 euro l'una, per lotti minimi di 600 azioni, sono andate a ruba. Il giorno dopo il debutto a piazza Affari, però, il titolo è crollato del 10%. A fine luglio chi ha investito in Saras perdeva il 20% (un'azione era quotata 4,8 euro). Per gli 80 mila investitori che hanno creduto in Saras non resta che sperare nel campionato.

13 settembre, 2006

SOLO EUROPA

L'urlo di Pippo sotto i riflettori riconcilia con il calcio. Effetto notte. Questa è la nostra platea. Un po' sguarnita, perché molti hanno capito: 31.836 spettatori paganti per un esordio in Champions League non sono numeri da Milan. Al di là della propaganda bulgara del canale tematico e del sito ufficiale sui "settantamila al turno preliminare"... con i tagliandi d'ingresso al prezzo politico di 10 euri. Ce n'eravamo accorti lo scorso dicembre contro lo Schalke: crocevia della stagione, dentro o fuori l'Europa. A San Siro eravamo in quarantatremila: mezzo stadio.

Lasciamo alle spalle una stagione estenuante. Dopo l'ecatombe di Istanbul, abbiamo mandato giù tanto amaro. Troppo. Lo sgarbo insopportabile di Vieri in rossonero. La proverbiale ottusità di Ancelotti. I flirt con i boia Poulsen e Materazzi. Un altro tricolore buttato a Lecce. L'ambiguo, insopportabile addio del Balon d'Or. I "no grazie" di Henry e di Eto'o. Il ristoratore di Lodi e il Sistema Milan di Borrelli. L'assalto mediatico ai nostri colori. Il silenzio (assenso) della società. Quaranta giorni di B con penalizzazione (di 3 punti, sic!). I Tre Saggi e lo Scudetto degli Onesti. Il Comitato Etico e l'ammissione alla Champions sotto vigilanza Uefa. Gli obiettivi primari di mercato (Crespo e Ibrahimovic? dio ce ne scampi...) sfilati sotto al naso dai Perdenti vincitori. Le tentazioni incoffessabili di Pirlo e Kakà (prima della sentenza definitiva) e le smentite poco verosimili del club. La diffida ufficiale al Real Madrid e le successive avances private a Ronaldo (sicché non è bastato Vieri). I viaggi in Spagna di Galliani, inibito sotto mentite spoglie come accompagnatore di Braida. La proprietà che si defila. L'asta al rialzo per tale Ricardo Oliveira e il fantamercato sui fratellini o i fratellastri di Ronaldinho... E Marcio Amoroso.

Il Popolo Rossonero presenta il conto: in Serie A quest'anno 35.000 abbonati, contro i 53.000 dell'anno passato.

Ma questa è la nostra platea. Dal 1963 a Wembley, quando abbiamo alzato per primi la coppa con le orecchie. E da vent'anni a questa parte, con sette finali conquistate sul campo. Altro che "il danno causato all'immagine del calcio europeo": diciamolo pure, senza falsi pudori, che Monsieur Platini ci ha provato a togliersi qualche sassolino dalla scarpa... Ma siamo qua, dove dobbiamo essere. Dove la Signora Omicidi e i Perdenti Onesti hanno sempre raccolto briciole e sberleffi. E verrebbe voglia di assecondare la provocazione di chi chiede di vedere il Diavolo solo in Europa. Fuori, una volta per tutte, da questo maleodorante cortile tricolore.

09 settembre, 2006

RICCHIUTI E MAZZIATI

SERIE B TIM 2006-2007
Prima Giornata, sabato 9 settembre 2006
Stadio Romeo Neri di Rimini

RIMINI-JUVENTUS 1-1
RETI: 15 s.t. Paro, 29 s.t. Ricchiuti.

RIMINI: Handanovic; Vitiello, Milone, Peccarisi, Regonesi; Barusso, Cristiano; Pagano (21 s.t. Baccin), Ricchiuti, Jeda (33 s.t. Tasso); Matri (30 s.t. Moscardelli).
A disposizione: Pugliesi, Bravo, Digao, Valiani.
Allenatore: Acori.
JUVENTUS: Buffon, Birindelli, Kovac, Boumsong, Chiellini; Marchionni (33 s.t. Camoranesi), Giannichedda (18 Bojinov), Paro, Nedved; Del Piero (40 s.t. Palladino), Zalayeta.
A disposizione: Mirante, Balzaretti, Marchisio, Guzman.
Allenatore: Deschamps.

ARBITRO: Saccani di Mantova.
ASSISTENTI: Battaglia, Cariolato.
QUARTO ARBITRO: Ruini.
AMMONITI: 26 p.t. Giannichedda, 30 p.t. Crisitano, 40 p.t. Barusso, 23 s.t. Cristiano, 40 s.t. Birindelli, 46 s.t. Paro, 50 Zalayeta.
ESPULSI: 23 s.t. Cristiano per doppia ammonizione.