(22 PT) Shevchenko, (2 ST) Shevchenko, (38 ST) Pirlo, (40 ST) Gilardino.
Abbiamo giocato con Dida, Simic, Stam, Kaladze, Serginho, Gattuso, Pirlo (Vogel dal 39 ST), Seedorf (Ambrosini dal 31 ST), Kakà, Shevchenko (Vieri dal 18 ST), Gilardino.
Il tema tattico: la condanna del bel gioco. Dice Galliani a fine gara: la gente si rassegni, "questo è il nostro DNA, la rosa è stata pensata e creata per essere così, Berlusconi vuole vedere questo Milan". Siamo vittime della qualità. Un concetto paradossale, perché se è portato alle estreme conseguenze, trasforma l'agonismo in accademica esibizione. Per vincere occorre altro e lo ha insegnato Capello (fra l'altro, proprio sulla panca del Diavolo). La ricerca ostinata della combinazione triangolare al centro, per smarcare l'uomo solo davanti alla porta, alla lunga diventa stucchevole. Ci riusciamo giusto un paio di volte, perché la Serie A non è propriamente la Liga di Ronaldo. In mezzo, Bortolo Mutti ha una fortezza munita di torri: non passa uno spillo. Il nostro centrocampo a baricentro basso non trova né cerca soluzioni alternative: a destra Simic è diligente in copertura (come sempre), ma non spinge più del lecito (non lo ha mai fatto... perché è un centrale), mentre a sinistra Sergio avanza soprattutto nel secondo tempo, quando Seedorf si accentra con l'ingresso di Vieri, che fa la boa e sposta il Gila sulle periferie. Dietro abbiamo la coppia centrale del derby, Stam-Kaladze: pomeriggio di tutta tranquillità, che diventa puro allenamento con la doppietta del Balon d'Or (di nuovo, triste e svogliato). Test non probante, giudizio rimandato. Cauti con i trionfalismi e i progetti a lungo termine: "l'erede di Costacurta" lo dobbiamo cercare altrove, caro Galliani. Il rientro di Ambro a centrocampo, piuttosto, aumenta il nostro peso specifico in interdizione, specie nel gioco aereo. Gattuso capitano è una visione mistica al minuto 63: il destino della squadra è nelle sue mani. Nel frattempo, ci godiamo questo Kakà di fine anno, che è un'autentica strenna di Natale.
Gli episodi chiave: a San Siro come al Delle Alpi. Il primo quarto passerà alla storia per il più lungo (e sterile) possesso palla che a memoria si rammenti: 15 minuti con appena tre interdizioni, che non portano mai i siculi oltre la linea mediana del campo. Per risolvere l'empasse occorrerebbe un colpo di fischietto: scudetti e record, a Torino, si costruiscono così. Tiravento forse pensa di essere al Delle Alpi (saranno i vuoti sugli spalti?) o forse a -11 non facciamo paura più a nessuno. Tant'è: contrasto Gila-Leke, come tanti, a centro area e scende dal cielo un penalty d'oro. Dal replay si capisce che il duello di braccia è la copia di quanto visto a Firenze: là fu cancellato il nostro gol del pari, qua sblocchiamo lo 0 a 0 dal dischetto. Molto più evidenti appaiono le trattenute su Sheva, qualche attimo prima, e di nuovo sul Gila, qualche attimo dopo. Storari è reattivo su almeno tre conclusioni da fuori; una volta è baciato dalla buona sorte, quando il Gila rovescia a bicicletta sulle sue ginocchia: sarebbe stato un gol da incorniciare sulle bustine Panini. Ma la partita è vera soltanto per un tempo, quando due volte subiamo penetrazione dalla destra e Sculli grazia Dida, dopo una farfalla di Sergio. Due minuti del secondo tempo e tutti a casa: Sheva riconquista palla sulla trequarti e avvia un'azione che vede, in successione, diagonale ficcante di Sergio, tocco di prima di Sheva per il Gila, tacco del Gila per Kakà in area e tacco di Kakà per Sheva davanti alla porta: il Balon d'Or chiude il trapezio e rasoia di sinistro. Antologia del calcio! C'è il tempo per la quinta ciliegina consecutiva a San Siro del nostro Pernambucano da Brescia e una percussione in splendido stile Ambro che frutta il nono centro del Gila in campionato. Nel mezzo, passa un gran destro del Bambino sotto la traversa, cancellato dal solito zelante collaboratore di linea: dalla mia posizione la sensazione è offside. Da rimarcare un giallo pesante inflitto allo Zionero per contrasto in attacco, che fa schiumare di rabbia al pensiero di quanto ha concesso l'ottimo Pieri a Cannavaro & Co. contro la Lazio...
La tribuna di Steve: la verità è scritta nei numeri. Come spesso accade, le cifre descrivono la realtà meglio delle parole. Con 36 reti realizzate, siamo l'attacco bomba del campionato, al pari della capolista schiacciasassi. La differenza, è evidente, la scavano i 18 palloni raccolti in fondo al sacco da Dida. Sono il doppio di quelli raccolti da Abbiati - no comment - e ci costano le 3 sconfitte che la Juve ha convertito in altrettante vittorie e tradotto in 9 punti di vantaggio. Peraltro, subiamo (reti e sconfitte) più di Inter, Fiorentina, Livorno e Chievo, ovvero le prime sei della lista. Che il problema del Milan non fossero tanto i difensori quanto la fase difensiva di tutta la squadra, già ho detto a inizio stagione. La comprova è che in 16 turni di Serie A e 6 di Champions, su calcio piazzato siamo capitolati qualcosa come 13 volte: esclusi i 3 calci di rigore (Udinese, Fenerbahce e Inter), 3 sono i calci d'angolo fatali (Siena, Fiorentina e Inter) e addirittura 10 gol seguono un calcio di punizione (Ascoli, Sampdoria, Brescia in Coppa Italia, Fiorentina, Chievo, Schalke e di nuovo Inter). Le panzane sull'età avanzata, a gioco fermo, mi pare contino pochino. Il problema è nella testa e nella disponibilità al sacrificio, sebbene Ancelotti si ostini a sostenere che "tutte le squadre subiscono gol sui calci piazzati". Dario Simic che, come il Sindaco, Ambro e il Balon d'Or, spende parole sempre assennate e degne d'attenzione, a fine gara smorza i toni trionfali del 4 a 0 (stili più consoni alla sponda triste del Naviglio) rivelando candidamente che "siamo stati fortunati, due volte abbiamo concesso la palla per il gol". Questa è la realtà dei fatti. Il calo di tensione c'è stato anche oggi nel finale, come contro la Reggina. Indicatori allarmanti, come i due mesi senza punti lontano da San Siro, dove ne abbiamo raccolti 24 su 24 contro la miseria di 10 in 8 trasferte. Livorno ci attende armata.
18 dicembre, 2005
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