(4 PT) Inzaghi.
Abbiamo giocato con Dida, Simic, Stam, Nesta, Jankulovski (Serginho dal 36 ST), Ambrosini (Gattuso dal 42 PT), Pirlo, Seedorf (Kakà dal 19 ST), Rui Costa, Gilardino, Inzaghi.
Un brodino per Ancelotti. L'Ascoli infrasettimanale è lo sparring partner pefetto per il grande malato rossonero. Squalifiche e turnover - domenica andranno a giocarsi uno scontro diretto in bassa classifica - producono un 4-4-2 marchigiano, diligente ma arrendevole. Di meglio non di poteva sperare, dopo il tracollo al Colosseo e la perdita delle ultime certezze. Giro di boa del campionato. I ragazzi si sono parlati, da uomini, martedì sera: lontano da orecchie indiscrete, incluse quelle del tecnico. Era il caso, dal momento che abbiamo cessato di essere "squadra" nell'intorno della sconfitta di Firenze, la prima stagionale: sintomo di fragilità costitzionale, se è vero che di lì in avanti siamo caduti ben quattro volte. Sempre lontano dalle mura AMICHE e non certo sotto i colpi di chissà quali armate. Con candore, Riccardino uscendo dall'Olimpico aveva confessato: fuori da San Siro abbiamo paura. La chiameranno Sindrome di Istanbul, e forse non senza ragioni. Fa comunque specie, perché tolti i 23 anni suoi e del Gila, tutt'intorno vedo solo volti segnati da battaglie decennali e non pochi trionfi, più che clamorose disfatte. Continuo a ritenere che il difetto stia nel manico: la fisionomia morale, prima ancora che tecnica, di un gruppo è plasmata sempre e solo dalla guida in panchina. Altrimenti farebbe lo stesso chiamarsi Sacchi o Maifredi. Sorrido, mestamente, al pensiero della sfuriata di Ancelotti dopo il 4 a 3 contro il Parma... Il buon Carlone - che solo a scriverlo mi fa pensare al "buon cazzone" di Piero Chiara - quando alza la voce lo farà coi toni paciosi di uno zio brizzolato. Con ciò dico che i ragazzi, o ne escono da soli - come ai tempi di un altro romagnolo malinconico di nome Zac (e fu tricolore, con rimonta di 7 punti in sette giornate) - o non ne usciranno affatto. Per il momento, sopravviviamo sui colpi d'istinto, di classe e di cuore dei nostri mostri sacri. Il gol di Pippo dopo minuti quattro è un inno alla vita, morte, resurrezione e miracoli del Santo piacentino. Terzo gol da tre punti (dopo Palermo e Lecce) e terzo schiaffo a chi, ostinatamente, gli infligge i 7 minuti finali di qualsiasi sfida di cartello: quando sta bene come adesso (sessanta metri in progressione sulla bracciata di Dida, come Giorgione ai tempi di Sebarossi), rinunciare al suo modo di stare in campo e di tenere sotto pressione costante le retroguardie nemiche è puro e semplice masochismo: anche se l'alternativa è "lasciare fuori Sheva o Gilardino" e specie quando i due non sono al top della forma... come adesso. Per inciso, i gol di Pippo erano due: un nuovo (Saglietti) zelante sbandieratore ferma il Gila per offiside non esistente. E tuttavia, il Gila esce snaturato nel ruolo di seconda punta, perché deve giocare di sponda, spalle alla porta, invece che girarsi e mirare il bersaglio grosso. Peraltro, fa coppia con il suo alterego per la quarta volta (dopo Palermo, Juventus e Udinese) e cogliamo la quarta vittoria. La decima in casa, non senza i tremori di rito quando arriva il calo fisico e mentale nella parte finale (come già contro Lecce e Parma). Di nuovo, fragilità. Falliamo troppe occasioni per chiudere il conto a causa della concitazione, che è sintomo di insicurezza - osserva, finemente, il miglior Rui Costa dell'anno solare. Nell'intervallo, Giampaolo & Silva (mica Gianni & Pinotto) ridisegnano l'assetto, e i bianconeri (mica quelli veri) riescono a mettere in ambasce squadra e pubblico: il tutto senza mai arrivare al tiro nello specchio della porta, se non su un calcio piazzato... In assenza di prospettive migliori, non resta che continuare a crederci. Ciecamente.
18 gennaio, 2006
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NELSON CAPITANO
19/01/2006 MILANELLO - Nelson Dida ha parlato ai microfoni di Milan Channel al termine dell'allenamento odierno. Il portierone rossonero ha raccontato la sua emozione a indossare la fascia di capitano nella partita contro l'Ascoli: "E? stato un onore per me indossare quella fascia anche se per una sola sera. Quando dopo l?infortunio di Ambrosini ho capito che sarebbe passata a me, al momento mi sono un po? spaventato perché questa è una grande responsabilità che riempie di orgoglio. Tutti sappiamo bene, però, che il vero grande capitano resta sempre Paolo Maldini e dopo di lui Alessandro Costacurta?.
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