13 agosto, 2005

SHEVALOVE

Due parole dal Blogger.

Sono al mondo da 37 campionati. Rossonero da una vita, perché buon sangue non mente...
San Siro («Meazza» lo dicono gli altri) è la mia seconda casa da domenica 15 aprile 1973. Per la cronaca: un Milan-Cagliari, 1 a 1, marcatori Brugnera e - naturalmente - Rivera. E a San Siro, io ne ho viste cose... ma prima fra tutte, la Bandiera Rossonera. "Golden Boy" per gli annali. Per tutti noi, semplicemente: il Gianni. Dico (dicono) il più grande fuoriclasse italiano di sempre.

«Il Diavolo c'è, e si vede a San Siro» stampato sulle magliette, che non erano ancora Tshirt: attrazione fatale. Le strisce strette con lo scollo a V, i pantaloncini rigorosamente bianchi e i calzettoni neri col risvolto rosso alto. In porta, il maglione giallo canarino col colleto nero. Sono impressi nella retina e nel cuore. Come il freddo umido che soffiava giù dai Popolari, a due ore dal fischio d'inizio, sui gradoni dei Distinti, certe domeniche pomeriggio d'inverno. E la nebbia scendeva, lenta ma inesorabile. E noi a soffiare in su... che se no la rinviano!

Poi sulla bandiera abbiamo cucito la stella. Stravedevo per Roberto Antonelli detto Dustin, e cantavo: "Walter-Alfredo-No-ve-llino". Amore per sempre. In settantamila anche a Milan-Cavese, campionato di categoria inferiore, Serie B. A testa alta e con la bandiera sempre in vista.
La dico grossa e scrivo che prima dell'avvento del Profeta di Fusignano, il calcio più bello a San Siro l'ha fatto vedere l'Ilario (Castagner), il traditore. Vinicio Verza era il nostro Platini.

Ma quanto eravamo poveri e quanto eravamo belli il giorno che Mark, detto Attila, salì un metro sopra l'infame Fulvio e ci regalò (in rimonta) il primo derby dopo il Purgatorio! Ho un poster incollato da vent'anni sulla parete della camera da letto.

E venne Silvio, e mandò tra di noi l'Arrigo per cambiare la storia del calcio di questa nazione, oltre che del Milan. Troppo facile allora innamorarsi di un Cigno olandese o di un Leone del Suriname. E di Capitano ce n'è stato sempre uno solo... ma il mio cuore batteva per il Danielone (Massaro). I tristi Cugini se lo sognano ancora, nelle notti di luna piena.

Sarà una coincidenza, ma da quando siamo tornati sulla terra a giocare insieme ai comuni mortali, più che il bel giuoco e le grandi vittorie sono gli uomini a tenere accesa la passione per lo stadio. Non è un coro da curva: il calcio di oggi fa veramente "sky-fo". Hanno spaccato il giocattolo.

In età adulta, ho delirato solo per JPP e George (Weah). Ma nessuno prima del BALON D'OR aveva meritato il sentimento con la A maiuscola! Lui ha la classe dei fenomeni, però sobria: nessun colpo è mai fine a se stesso. Contemporaneamente, ha la generosità e la dedizione del gregario: è ovunque la squadra lo richieda, senza calcolo e senza tregua. Il garbo, la correttezza e - voglio sottolineare - gli occhi sinceri, sono i tratti che da sempre fanno la differenza fra le facce da Milan e il resto dell'umanità. Dentro e fuori dal campo di gioco. Non si tratta (solo) di timidezza, o di riservatezza. Piuttosto, di buona educazione e disciplina: merce rara e scarsamente fotogenica nel bieco teatrino dei saltimbanchi e gli urlatori, che è diventato il calcio-show delle televisioni.

Per tutto questo, e per tutti i palloni che scarica regolarmente in fondo al sacco (peferibilmente neroblu) ecco SHEVALOVE, il mio primo (e unico) blog: dedicato a un campione immenso, oltre che a un ragazzo straordinario. Il quale si presenta ai microfoni di Milan Channel, dopo l'ennesima partita di sacrificio e lavoro oscuro (per aprire spazi, a questo o a quel centravanti) e chiude l'intervista con il suo sorriso buono e due sole parole, le uniche che contino per noi: FORZA MILAN!

Per sempre nei nostri cuori, il 7 Rossonero!

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