30 aprile, 2008

APRILE 2008: L'uomo del Destino?

Sabato 26 aprile 2008, Chelsea-Manchester 2-1. Sheva si alza dalla panca a 7 dalla fine e salva sulla linea di porta il gol del pari: i Blues agganciano i Devils in testa alla classifica e riaprono la corsa al titolo...

IL BILANCIO ONESTO (segue)

Il derby che Moratti ha già vinto.

Inter batte Milan per perdite di esercizio: 206,83 milioni di euro a 31,98 milioni. E’ questo uno degli aspetti economici del decisivo derby di domenica prossima: decisivo sia per la conquista dello scudetto per i nerazzurri che per la rincorsa al quarto posto per i rossoneri, che significherebbe l’accesso al turno preliminare della ricca Champions League. Liberomercato ha esaminato gli ultimi bilanci civilistici: quello della società presieduta e controllata da Massimo Moratti coincide con la stagione calcistica (1° luglio 2006-30 giugno 2007), mentre quello del club presieduto (ancora per poco, a causa della legge sul conflitto d’interessi) da Silvio Berlusconi coincide con l’anno solare 2007 poiché ha aderito al regime fiscale del consolidato nazionale con la controllante Fininvest.

Stato patrimoniale. Emerge il forte squilibrio tra debiti e crediti dell’Inter, pari a 348,46 milioni. La società nerazzurra presenta al 30 giugno scorso un patrimonio netto negativo di 70,2 milioni. Ma non ci sono problemi, grazie alle consistenti disponibilità finanziarie di Moratti. Nella nota integrativa si legge che il socio di riferimento ha provveduto, dopo la chiusura di esercizio, "ad effettuare versamenti a completamento dell’aumento di capitale sociale già deliberato dall’assemblea dei soci del 22 giugno 2007 per l’importo complessivo di euro 70.670.903". Nel documento si sottolinea che "è in corso di attuazione un ulteriore versamento di 35 milioni" a copertura di ulteriori perdite. Tra gli 80,8 milioni di altre passività vi sono 36,7 milioni riferiti "a una cessione pro soluto ad un primario istituto di credito di parte dei corrispettivi derivanti dal contratto di cessione" di diritti tv per la stagione 2007/08. Soldi già spesi per la gestione assieme a 24,88 milioni di risconti passivi. Nonostante lo squilibrio debiti-crediti di 234,83 milioni, anche il Milan non ha problemi grazie alla robusta copertura Fininvest. La sua controllante ha contribuito a irrobustire il patrimonio netto con la rinuncia "di parte di un finanziamento fruttifero" trasformato "in versamento in conto capitale" per 10,86 milioni. Inoltre, la Fininvest ha effettuato un altro versamento per 14,14 milioni. Il revisore Deloitte & Touche ha evidenziato che nello scorso gennaio è stato effettuato un altro versamento di 25 milioni. Dal rosso di bilancio è arrivato un beneficio per la controllante: il Milan le ha trasferito 18,34 milioni per "nell’ambito dell’accordo sull’esercizio dell’opzione per il regime fiscale del consolidato nazionale".

Controversie fiscali. Il Milan spiega che "è stata completamente azzerata" la voce "altri fondi per rischi e oneri" per effetto della riclassifica per 3,06 milioni del fondo tra i debiti tributari "a seguito della definizione dell’assoggettabilità a tassazione di componenti positive di reddito relative alla stagione 2001/2002". Per il debito residuo "è stata concordata con l’amministrazione finanziaria la rateizzazione fino all’anno 2010". La pace col fisco, riguardante l’Irap, ha comportato 1,48 milioni inclusi nella voce "oneri tributari esercizi precedenti". Sulle plusvalenze calciatori l’Inter, spiega in nota integrativa, "ha ricevuto un avviso di accertamento a tali plusvalenze per l’esercizio chiuso al 30 giugno 2002. Inoltre nel mese di luglio 2007 è stato notificato analogo accertamento sull’esercizio chiuso al 30 giugno 2003. L’Agenzia delle entrate ha accertato complessivamente maggiore Irap per euro 5,3 milioni più interessi e sanzioni per euro 2 milioni". La società ha presentato ricorso.

Ricavi e costi. i nerazzurri perdono il confronto sul valore della produzione, incassando 221,21 milioni contro i 257 milioni dei cugini. Ma li superano sui costi: 409,22 milioni contro 285,64 milioni. Riguardo al fatturato dell’Inter i diritti tv sono pari a 91,5 milioni, mentre le sponsorizzazioni 29,6 milioni. Il Milan ha suddiviso i proventi tv tra quelli da Sky, Mediaset e da squadre ospitanti (107,36 milioni), da quelli per partecipazione competizioni Uefa e Fifa (48,3 milioni). Tra i costi dell’Inter ha pesato l’ultima quota di ammortamento, pari a 111,79 milioni, degli oneri del "salvacalcio". I compensi calciatori hanno raggiunto i 117,23 milioni (+10,75%), mentre i premi rendimento sono pari a 21,66 milioni (+54,55%). I contratti dei giocatori sono costati al Milan 124,91 milioni (+12,51%): la quota variabile per i risultati sportivi è di 13,77 milioni (+47,44%). I consiglieri di amministrazione rossoneri hanno ricevuto un compenso globale di 3,05 milioni contro i 750mila euro dei nerazzurri.

di Marco Liguori, su LiberoMercato

25 aprile, 2008

C'È SOLO UN CAPITANO (segue)

Gattuso, la verità.

[Corriere.it] «Io sono più milanista di Galliani». Nelle sue nove stagioni di vita rossonera Rino Gattuso ha ripetuto spesso questa frase ad effetto, forse un modo come un altro per tenere sotto carica costante emozioni, stimoli e adrenalina. E del resto che il rosso e il nero siano i colori dominanti nei suoi cromosomi è ormai fuori discussione, come testimonia il fatto che il cuore del tifo duro e puro lo abbia da tempo dipinto come «uno di noi, Gattuso uno di noi». Il preambolo è fondamentale per comprendere i dubbi che stanno popolando la testa di questo ragazzo del Sud, cresciuto a corsa e fatica, così caparbio da azzerare nel tempo certi grossolani handicap tecnici, così generoso nel cuore e professionale nella quotidianità dei gesti da essere ormai incoronato come uno dei capi carismatici nella sacralità dello spogliatoio di Milanello. Se Rino oggi — nove anni e otto trofei dopo — tentenna, si interroga sul suo futuro rossonero, non è certo perché la sua capacità di «essere più milanista di Galliani» si sia annacquata. Anzi...

E neppure c'entra, come pure è stato insinuato, la vexata quaestio legata all'eredità di Paolo Maldini. Certo, dopo essersi dimostrato tiepido in passato («Queste cose sono per chi veste giacca e cravatta, non per me»), ora la fascia di capitano appagherebbe il suo orgoglio e forse qualche equivoco può averlo ingenerato il club, promettendola nei momenti di euforia ora all'uno (in corsa, in rappresentanza di un passato ricco di medaglie, c'è pure Ambrosini) ora all'altro (Kaká, sostanzialmente il futuro), ma non è questo il nocciolo del problema. Il problema vero è molto «umano» e sta sostanzialmente nel fatto che Rino Gattuso, trasparente come un pezzo di cristallo, si è reso conto che il tempo è passato, lasciando tracce profonde del suo scorrere. Può essere che questa annata complicata, figlia del successo nel Mondiale giapponese per club, abbia accentuato malesseri latenti in lui, certo è che nella sua analisi autocritica Ringhio si è scoperto improvvisamente nudo, senza più il sacro fuoco degli stimoli di una volta. E a questo impaccio mentale, alla testa appesantita dagli stress e dalle pressioni di decine e decine di partite sempre decisive, dentro o fuori, si è venuta a sommare la consapevolezza di non essere più lo stesso anche nel fisico.

Nella sua onestà intellettuale (si dice così?) il maratoneta di Ancelotti ha intuito che, dopo migliaia e migliaia di chilometri trascorsi a correre, la resistenza ma pure la brillantezza, si sono appannate: difficile per uno come lui mascherare la fatica con le magie della tecnica. Un giochino di questo tipo potrebbe riuscire a Kaká, un Pallone d'oro non lo si vince mai per caso, non a un muscolare tout court. Rino era stato investito da una analoga crisi di coscienza già dopo la dolorosa e per certi versi irripetibile sconfitta di Istanbul: ora però, con altri due anni di successi e di amarezze nel motore, lo scenario è soltanto in apparenza simile a quello dell'estate del 2005. Ritrovarsi trentenne a fare avanti e indietro sulla fascia può risultare insostenibile anche per chi ha fatto della fatica la stella cometa della sua vita, e qui, ovviamente, si mescolano pure l'immutabilità di un modulo che non è mai stato generoso con lui e la carenza di alternative che rischiano di spedire in sanatorio anche Pirlo e Ambrosini.

Ecco perché il milanista doc Gattuso Gennaro da Corigliano Schiavonea, Cosenza, sogna di andare a caccia di un calcio più lieve e meno intossicante, ovviamente al di fuori dei patrii confini. E, anche se qualcuno potrebbe sospettare il contrario, non è una faccenda di soldi. «Per il calciatore che sono, guadagno fin troppo» è un altro dei suoi slogan. Uno così è a suo modo un idealista e potrebbe magari tornare sui suoi passi, sulla vecchia strada. Perché non si è più milanisti di Galliani per caso.


Per "essere milanisti più di Galliani" è sufficiente non essere nati a Monza di fede goeba. Ma non è questo il punto. Da quasi tre anni, Shevalove racconta la verità che non si legge sulla stampa di regime e non si ascolta sui canali bulgari: la verità del Popolo Rossonero, cioè del Vecchio Cuore che batte ancora in qualche settore di San Siro, depresso ma non lottizzato dagli sponsor istituzionali e dalla curva degli impiegati ultras che cantano a comando. Racconta la storia di un gruppo di uomini ostinati e predestinati, che ha saputo sopravvivere alla notte delle streghe turche e persino a se stesso, per chiudere il cerchio fantastico delle rivincite contro Liverpool e Boca Juniors. Il ciclo del Milan di Carlo Ancelotti era finito ad Istanbul il 25 maggio 2005, e Rino Gattuso - l'unico e autentico capitano sul campo di quel gruppo - lo aveva capito forse un momento prima dei vari Kakà, Pirlo e Shevchenko: giusto per citare i nomi di chi, fra l'ecatombe dell'Ataturk e il golpe bianco di Calciopoli, aveva già deciso di dare una svolta alla propria vita. La storia poi racconta che di quei Fantastici 4 - per una quantità di motivi che qui è superfluo ribadire - fu sacrificato solo il Balon d'Or, con ciò ripianando per la prima volta nel ventennio berlusconiano un bilancio fisiologicamente deificitario. Altro che le filastrocche sul "traditore".

Ringhio ha staccato la spina da non meno di un anno: diciamo (con amarezza) da quando compare più spesso negli spot televisivi che nello score dei palloni recuperati a centrocampo. Ma da almeno due anni manda segnali chiari ed inequivocabili alla società: la rosa va rinvigorita, meno calciomarketing e più calciomercato. In Rino veritas. L'esito delle sue lamentazioni ha preso a tutt'oggi le fattezze indegne dei vari Bobone Vieri, Marcio Amoroso, "Erre punto" Oliveira, Ronaldo, Emerson, e a seguire forse Ronaldinho. Come direbbe l'amico Pupone sul set romano: famo a capisse... Triste constatarlo, ma quella di Gattuso è solo un'altra faccia (una fra le tante perse alla causa) della progressiva decadenza di un sogno che un tempo era chiamato Milan. Raggiungere il famigerato "obiettivo minimo" di Galliani & Ancelotti (obiettivo finanziario e non già sportivo) significherebbe solamente prolungare di un anno ancora l'equivoco degli "immortali" e la lenta agonia di questo nostro povero Diavolo. Da Rossonero, non è una partecipazione velleitaria alla Champions League ciò che mi auguro per il 2009, ma finalmente una stagione competitiva in Italia. E perché no, un'altra cavalcata europea per l'unico trofeo che non compare nella bacheca di Via Turati. Per poi ricominciare a sognare quella stella in più da cucire sul petto.

17 aprile, 2008

PAROLA DI SILVIO (segue)

I progetti di Berlusconi.

[Gazzetta.it] C’è la politica nei pensieri di Silvio Berlusconi, ma uno spazio riservato al Milan non manca mai. In un’intervista a Sky il futuro presidente del Consiglio ha parlato soprattutto di calciomercato, dilungandosi su Ronaldinho e sul ritorno di Sheva e ipotizzando l’arrivo di un big in attacco. "Ronaldinho vuole venire al Milan — esordisce Berlusconi — ed è chiaro perché: uno, il Milan è la squadra campione del mondo; due, ci sono altri brasiliani in squadra, tutti sanno come noi trattiamo i nostri atleti. Forse noi paghiamo un po’ meno delle altre squadre, ma possiamo fare questo per il semplice motivo che diamo più gloria. Un altro giocatore che amerebbe venire da noi è... No, no, mi taccio. Ronaldinho l’ho detto perché lo sanno tutti. Dell’altro giocatore, importantissimo, centravanti di sfondamento, non faccio il nome. Ma noi siamo tesi all’acquisto di due fuoriclasse per il prossimo anno. E naturalmente i fuoriclasse saranno anche in difesa". Chi è Mister X? Tre i nomi: Drogba del Chelsea, Adebayor dell’Arsenal, Gomez dello Stoccarda. Drogba vorrebbe il Milan, ma il Milan ha scelto Shevchenko e dunque non lo potrà acquistare, lasciando via libera all’Inter. Quindi questa confessione sull’ivoriano appare un dispetto ai nerazzurri. Più credibili le candidature di Adebayor e Gomez.

Sul ritorno di Andriy Shevchenko: "Aveva dovuto chinarsi a una decisione che sua moglie riteneva indispensabile per il bene dei suoi figli. E quindi io l’ho assecondato. Adesso le cose sono cambiate, lui vuole ritornare. Nei tifosi c’è un certo confronto tra chi lo vorrebbe e chi, invece, dice che ha tradito il Milan. Non ha tradito il Milan: un uomo ha la famiglia come punto centrale dei suoi affetti, quindi ho capito che Sheva doveva assumere quella decisione. Sono rimasto in rapporti d’affetto con lui, addirittura gli ho dato il privilegio di prendere casa vicino alla mia ad Antigua, ed è anche più alta della mia. Credo che, se lui tornasse, dovremo accoglierlo non a braccia aperte, ma a braccia spalancate. Io sono uno dei primi sostenitori della tesi del ritorno". Ultime battute su Donadoni: "Esprimo un giudizio assolutamente positivo, mi sono anche permesso di consigliare la conferma in Nazionale. Se il Milan un giorno avesse bisogno di un cambiamento dell’allenatore, bisogno che oggi non c’è, andrebbe benissimo avere uno che è stato nel Milan". Infine sullo scudetto. "Se non sei protagonista in Italia non puoi esser certo di partecipare alle competizioni internazionali ed essere anche protagonista in Europa e nel mondo".

16 aprile, 2008

IL PROFUMO DEGLI ONESTI

I doppi incarichi degli sceriffi del calcio italiano.

Qual è il legame che unisce l’Unicredit alla Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche? In apparenza nessuno: invece un nesso c’è e riguarda il presidente della Covisoc, Cesare Bisoni, riconfermato nell’ottobre 2007 dal consiglio federale Figc dopo la sua prima nomina risalente al 20 novembre 2003. Egli è anche presidente della Commissione di primo grado delle licenze Uefa: sono un requisito obbligatorio per le squadre di serie A, oltre ai piazzamenti in campionato determinati dai regolamenti vigenti, per la partecipazione alla Champions League e alla Coppa Uefa. Stando alle visure della Camera di Commercio, egli è il vicepresidente e membro del comitato esecutivo di Unicredit Private Banking dal 20 aprile 2006 fino all’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2008: quest’ultima, secondo il bilancio 2007 del gruppo bancario guidato da Alessandro Profumo, possiede interamente la Cordusio Fiduciaria. Nelle sue stanze ovattate sono custoditi alcuni misteri dell’italica pedata, come l’azionista di riferimento (al 98%) della Reggina Service, proprietaria del marchio della Reggina Calcio. Quest’ultima possiede anche 2,6 milioni di obbligazioni Unicredit, acquistate nel 2006. Cordusio Fiduciaria detiene il 33,3% della Bs Servizi, una delle due società in cima alla catena di controllo del Frosinone. Inoltre, nella relazione sulla gestione sul bilancio di Unicredit si legge che «entro la fine del primo semestre 2008» nella fiduciaria milanese sarà fusa per incorporazione Romafides. Nella fiduciaria romana è schermato il possessore del 90% della Filmauro, che controlla a sua volta integralmente il Napoli. La visura camerale di Unicredit Private Banking spiega che il consiglio di amministrazione «può delegare al comitato esecutivo poteri propri e attribuzioni ed in particolare ogni potere in materia di concessione di crediti, con facoltà di ulteriore subdelega».

In qualità di presidente della Covisoc, oltre a esercitare secondo l’art.36 dello Statuto Figc «funzioni di controllo sull’equilibrio economico finanziario e sul rispetto dei principi della corretta gestione delle società di calcio professionistiche», Bisoni ha l’obbligo di denunciare eventuali illeciti sportivi. Il dovere è imposto dall’articolo 7 del Codice di giustizia sportiva. Stando alla norma, egli dovrebbe riferire alla Procura federale Figc su comportamenti scorretti di tesserati, anche se soltanto tentati. Ad esempio dovrebbe farlo se dietro il velo, perfettamente lecito per la legge ordinaria, della Cordusio Fiduciaria si nascondesse l’ipotetico trasgressore dell’articolo 16 delle Norme organizzative interne federali, in cui si stabilisce che «non sono ammesse partecipazioni o gestioni che determinino in capo al medesimo soggetto controlli diretti o indiretti in società appartenenti alla sfera professionistica o al campionato organizzato dal Comitato Interregionale». Questa la sanzione prevista per le società nel Codice di giustizia sportiva per la violazione di questa disposizione: almeno due punti di penalizzazione e l’ammenda da 10mila a 50mila euro. Le visure della Camera di Commercio riportano l’esistenza di intrecci bancari anche per tre membri della Covisoc e della Commissione I grado licenze Uefa. Marco Cardia, figlio del presidente Consob, è anche consigliere di amministrazione della Cassa di Risparmio della provincia di Viterbo che fa parte del gruppo Intesa Sanpaolo: è anche socio al 98% e procuratore della società immobiliare Emmeci Consult. Bruno Rossignoli è presidente della Intesa Sec Npl, società di cartolarizzazione crediti posseduta al 60% da Intesa Sanpaolo e al 40% dall’olandese Stichting Viridis. Domenico De Leo è sindaco di Unicredit Banca: inoltre ricopre anche l’incarico di consigliere della Lbo Italia Investimenti, società finanziaria controllata al 100% da Europe Capital Partners V. Quest’ultima, secondo il Journal Officiel del Lussemburgo, è posseduta dalla Europe Capital Partners V Lp con sede ad Hamilton, capitale delle Bermuda.

da Libero Mercato di oggi.

15 aprile, 2008

IL COMMISSIONER PELATO (segue)

Più vincitori che vinti.

Che cosa cambierà nel micromondo calcistico con la vittoria elettorale di Berlusconi? Domanda non epocale, come quasi tutte le nostre, ma comunque di un certo interesse per chi di calcio vive. Per Abete cambia pochissimo: uomo di centro, navigatore nella politica senza mai sembrare maneggione, con il suo non decisionismo (da Donadoni a Collina, in un anno di presidenza non ha preso una decisione davvero sua) si è guadagnato l'indifferenza del futuro presidente del Consiglio, che continua a considerarlo il vice di Carraro. Un calcio veltroniano avrebbe ovviamente spostato la centralità del potere verso la federazione, ma di sicuro non si può dire che Abete abbia perso. Campane a morto invece per Antonio Matarrese, che con la storia del miliardo ha provato a svincolarsi dall'abbraccio della B facendo quello che pensa in grande dopo una vita passata a comporre contrasti fra ras di paese. Niente da fare: se la A saluterà la compagnia prima della fatidica data del 2010, quella di tutte le scadenze, commissioner della nuova lega 'leghista' sarà al 110 per 100 Adriano Galliani. Nell'arco di due anni far crescere un dirigente da Milan non dovrebbe essere difficile: il gruppo è pieno di ottimi manager per la gestione finanziaria, a cui affiancare un 'uomo di sport' (l'amico Natali, piuttosto che Costacurta o un direttore sportivo di provincia) per il mercato. E poi di strapagare bolliti dalla Spagna con la straordinaria consulenza di Bronzetti (è l'unico ad avere il numero di Barcellona e Real Madrid?) dovrebbero essere più o meno capaci tutti. Un Berlusconi presidente del Consiglio non potrà esserlo anche del Milan, ma nella sostanza cambierà poco.

Vince Collina, che Berlusconi e Galliani hanno sempre rispettato tanto da non volersi esporre quando c'è stato da reclamare per qualche torto arbitrale subito dal Milan: alla classifica alla moviola ci ha pensato la Gazzetta (solo che quando la faceva Maurizio Mosca nel leggendario Appello del Martedì non veniva preso sul serio), ben prima della svolta free press a pagamento, nel senso che la Gazzetta attuale sembra una free press da metropolitana ma si paga. Perde Moratti, non solo per le simpatie politico-salottiere per la sinistra (in realtà più della moglie che sue), ma anche perché un presidente del Consiglio può perdere nel calcio ma ha tanti altri tavoli su cui giocare. I guadagni nella raffinazione del petrolio si giocano sui millesimi di euro, una tassettina in più o in meno cambia il destino di una dinastia industriale in un paese in crisi di approvigionamento energetico: diciamo che il Fraizzoli che dopo la telefonata di Andreotti straccia il contratto di Falcao è un paragone che ci può stare. Pareggia la Juventus, che ci ostiniamo per abitudine infantile a collegare al mondo Fiat: dall'abolizione del bollo a mille incentivi per l'auto, annunciati dalla benevolenza verso Silvio del gruppo mediatico Montezemolo, non sarà di sicuro obbligata a fare del pauperismo. E gli Elkann a Berlusconi non sono certo antipatici. Diciamo pareggio perché il reale progetto politico di Montezemolo puntava al pareggio elettorale per poi proporre uno pseudo-governo dei tecnici.

Perde la Roma, con la famiglia Sensi ed il suo giocatore simbolo schierati compattamente per Veltroni ed ingiustamente presi di mira per questo: che il gruppo sia di fatto ostaggio di Unicredit è un elemento che gioca a favore della vendita del magnate di turno, al quale ovviamente non basteranno i soldi ma dovrà trovare anche consenso. Se è vero, come è vero, che i mezzi flop con Manchester United (in modo ostile) e Inter (in modo più discreto) non sono stati dimenticati, una squadra ed una città di notorietà mondiale non dovrebbero dispiacere a Murdoch, eterno finto nemico del Berlusca. Questa la politica, mentre per quanto riguarda i soldi già adesso si puà dire che la legge Melandri sarà spazzata via, più probabilmente per via giudiziaria che parlamentare: gli arieti Sky, De Laurentiis e Zamparini provvederanno a sfondare questo cigolante portone ed a tornare entro il solito 2010 alla soggettività dei diritti tivù. Per il resto nessuno scenario sconvolto: Sky per il satellite, Mediaset e La7 per il digitale terrestre, continueranno a dare il grosso, mentre il piccolo, per il chiaro, quasi certamente tornerà ad una Rai costretta a sobbarcarsi, con la scusa del servizio pubblico, anche una serie B che fra qualche anno non dovremmo vedere più. Ha vinto Berlusconi, ma in generale il calcio di vertice ci guadagnerà. Dimenticavamo: l'uomo forte del Berlusconi politico sarà Gianni Letta, questo significa la ricomparsa calcistica in terra italiana di Franco Carraro, attualmente all'esecutivo Uefa. Non riusciamo ad immaginare in quale ruolo, avendoli già ricoperti tutti e più di una volta.

di Stefano Olivari, su Indiscreto.it

10 aprile, 2008

CAMPAGNA ELETTORALE

Berlusconi: Sheva torna.

[Gazzetta.it] La rutilante campagna elettorale non impedisce a Silvio Berlusconi di lanciare proclami sul Milan. In particolare su Andriy Shevchenko. Anzi, il suo Andriy. Perché... toccategli tutto, ma Sheva no. Ospite a "La7", Berlusconi ha affermato: «Sto cercando di riportarlo al Milan e ci sono molte probabilità che ci riesca». Il numero uno di via Turati ha inoltre commentato le perplessità di Carlo Ancelotti sull'ipotesi di rientro dell'ucraino. «Ancelotti - ha spiegato - ha manifestato una sua opinione, che non è un convincimento perché ora ci ho parlato io».

Maldini apre le porte di Milanello sia a Dinho che a Sheva.

[LaStampa.it] «Credo che questa operazione si farà». Adriano Galliani ostenta ottimismo: al termine dell’assemblea della Lega a Milano, l’ad rossonero continua a pensare che il club di via Turati sia faorito nella corsa al fuoriclasse del Barcellona, nonostante ci sia il chiaro interesse dell’Inter. «Mi risulta un loro interesse - commenta Galliani -. Io vengo informato costantemente di ogni telefonata che parte da Branca». Discorso simile per Andryi Shevchenko. «Sheva è un giocatore sotto contratto, sia lui che Ronaldinho sono nostri desideri, nostri auspici, ma sono tesserati l’uno col Chelsea, l’altro col Barcellona. Penso che se entrambi i giocatori si muoveranno verranno al Milan - spiega ancora il dirigente del Milan -. Ancelotti gradisce molto entrambi, ma non è detto che arrivino».

Il Milan ripartirà da Andriy Shevchenko e Ronaldinho. Almeno questo sembra essere l’obiettivo di Silvio Berlusconi che vuole riportare in rossonero l’attaccante ucraino e, finalmente, realizzare il sogno di vedere il fuoriclasse brasiliano con la maglia del suo Milan. Paolo Maldini apre le porte di Milanello sia a Sheva che a Dinho, partendo dall’ex che ha lasciato l’Italia due anni fa e che adesso non vede l’ora di tornare. «Dal punto di vista dell’ambiente non esiste il problema, assolutamente - assicura Maldini in un’intervista rilasciata a Sky nell’ambito della rubrica il »rosso e nero» -. Tutti quelli che hanno dato tanto a questa squadra, saranno sempre ben accetti da parte della società e dei giocatori. E qui si chiude il discorso che riguarda noi calciatori e lo spogliatoio. Poi, i discorsi tattici, di mercato, sono da fare con altre persone». Da Sheva a Ronaldinho il concetto di capitan Maldini non cambia. «È un grandissimo giocatore e sta bene in qualsiasi squadra. Poi - spiega Maldini -, c’è il discorso tecnico, tattico ma anche economico che è tutto da valutare».

03 aprile, 2008

IL BOIA DI REGGIOLO

Ancelotti il tenero, diventa cattivo.

[LaStampa.it] Quando nel pomeriggio di ieri si è diffusa la notizia di un Carlo Ancelotti arrabbiato e non più disposto ad assecondare le esigenze personali di alcuni giocatori del Milan, il canale tematico rossonero è trasalito: «Milanello non è una caserma». Qualsiasi illazione di questi tempi viene considerata destabilizzante. Ancelotti però non si cura di ciò che viene detto all’esterno e sembra intenzionato a portare avanti le sue convinzioni. Nonostante le smentite, in questi giorni ha cambiato registro con la squadra ed ha assunto atteggiamenti più duri. La sconfitta casalinga con l’Atalanta (seconda di fila) ha costretto l’allenatore a rivedere i programmi di allenamento. Nessuno, sia chiaro, accusa la squadra di scarsa professionalità, ma per non lasciare niente al caso si è deciso di tenere il più possibile Maldini e compagni a Milanello. Ieri ad esempio, c’è stata una doppia seduta di allenamento, questa mattina invece i giocatori si ripresenteranno alle undici per una riunione tecnica. Non era mai successo durante la gestione Ancelotti, perché di tattica si parla generalmente alla vigilia. Il mini ritiro diventerà effettivo domani dal momento che Milan-Cagliari si giocherà di sabato. Per superare il momento no, non basta soltanto cambiare uomini (certi i recuperi di Inzaghi, Kakà, Cafu e Serginho) e modulo. Ancelotti e Galliani (che ieri ha visto Arsenal-Liverpool in un ristorante milanese con Roberto De Assis, fratello e procuratore di Ronaldinho), infatti, sono convinti che il problema sia anche di atteggiamento. Non è quindi un problema solo di condizione fisica se a San Siro ha raccolto la miseria di 19 punti.

Il Giuda di ReggioloAncelotti spera di risolvere il problema facendo rivedere alla squadra le partite giocate e mettendo maggiormente in rilievo gli errori. Pare che abbia alzato la voce in un paio di occasioni e che i giocatori non se la siano presa più di tanto perché comprendono il momento. Se il Milan, infatti, dovesse restare fuori dall’Europa sarebbe il primo a pagare.
Persino le certezze di Berlusconi mostrano qualche crepa. «Gli voglio bene, mi auguro che sia ancora lui il nostro allenatore», dice a Radio Kiss Kiss. Se lo augura, ma con quali rinforzi? «Cercheremo di portare campioni autentici». Anche alla luce dei rischi che corre attualmente, Ancelotti è intenzionato a chiedere garanzie per la prossima stagione, in particolare vuole avere un maggiore controllo sulla campagna acquisti.

Non è un mistero, infatti, che non sia favorevole al ritorno di Shevchenko. L’allenatore del Milan desidera una squadra rifondata ed è stufo di veder arrivare a Milanello giocatori a parametro zero dalla scarsa affidabilità fisica. In difesa secondo lui c’è bisogno di un rinnovamento completo e non crede si possa risolvere la questione confermando Cafu, Serginho e Simic. Anche a centrocampo servono nuovi innesti: Gourcuff è stato definitivamente bocciato nonostante Berlusconi continui a pensare che sia un grande giocatore ed Emerson ha problemi ad entrambe le tibie. Gattuso, Pirlo e Ambrosini hanno bisogno di tirare il fiato. Capitolo Dida: c’è una richiesta del Lione, ma solo per il prestito. Il nodo, va da sè, è il mega-contratto: i francesi saranno disposti ad accollarselo? Galliani dovrà fare il mediatore, convincendo Berlusconi a investire cifre importanti e soprattutto a rimangiarsi la parola data a Sheva. A Leonardo, invece, il compito di setacciare il mercato. La strada però è in salita. Flamini vuole la garanzia di giocare in Champions ed è conteso dalla Juventus (al di là delle smentite di Wenger) mentre lo Stoccarda ha chiesto 50 milioni di euro per Gomez. Braida, intanto, da alcuni mesi è in pensione e non ricopre più la carica di direttore generale per ragioni fiscali e amministrative. E’ consulente iscritto all’ordine dei direttori sportivi senza però potere di firma.

Scenario sempre più apocalittico per questo nostro povero Diavolo. Distruggere il tempio per ricostruire tutto dalle macerie: solo l'ecatombe finale di maggio potrà restituirci il Milan.

02 aprile, 2008

SENATORI (segue)

Sheva vuole il Milan, un ritorno con rebus.

[Gazzetta.it] Ripartire, questo è sicuro. Ma se sia possibile e soprattutto utile ripartire dal Milan, nemmeno lui lo sa. Andriy Shevchenko si allena con le riserve del Chelsea, ogni tanto lo portano in panchina e non è certo questo la vita che voleva scegliendo Londra. Una stagione fa, l’attaccante ucraino non se l’è sentita di chiedere di essere lasciato andare: Abramovich aveva speso 45 milioni di euro per averlo e un anno non bastava a azzerare tutte le aspettative. Adesso è diverso. Due stagioni, poche partite, pochi gol. Sheva a Londra non è mai stato Sheva, forse soltanto per un mese. L’avventura è finita nella dimenticanza generale. E dopo tante chiacchiere dei tabloid, anche l’indifferenza e il silenzio sono una cosa buona per l’ex Pallone d’oro. Soprattutto, permettono un affare che quasi certamente si farà. Perché lo vuole Berlusconi e perché il Chelsea non sembra intenzionato, a questo punto, a chiedere cifre comparabili con quella spesa per portare l’ucraino in Inghilterra. Se non ci saranno sorprese, Shevchenko sarà liberato praticamente a costo zero. Poi vedrà se il Milan lo vuole davvero e il Milan non è soltanto Berlusconi.

Andriy a 31 si sente integro, pieno di forza e di motivazioni. In effetti, è difficile pensare che non ne abbia un campione che per due stagioni si è ritrovato ai margini di un club che per almeno due anni lo aveva corteggiato con insistenza. Le motivazioni ci sono, perché Shevchenko ha voglia di giocare e anche di dimostrare di poter dare tanto. Sa di non essere più quello di quattro anni fa, ma questo è comprensibile. Dunque, armato di stimoli e di nuove consapevolezza vorrebbe tornare a Milano, ma solo se saprà che a Milano lo vogliono. Non ha nessuna intenzione di infilarsi in un altro vicolo cieco, con un altro allenatore pronto a fargli la guerra. Questo vorrà chiarire appena il fair play di una stagione ancora in corso, anche se non per lui, gli permetterà di parlarne con Ancelotti. Ma Ancelotti non è contento di riaverlo. Ha dubbi sulle sue motivazioni e anche sulla sua utilità tattica. Per il 2008-2009 punta ovviamente su Pato e alla società ha chiesto un attaccante diverso. Forse le ultime dichiarazioni su Sheva sono state fatte anche per ricordare al club che il ritorno dell’ucraino non dovrebbe chiudere la campagna attaccanti, ma resta il fatto che sono state dichiarazioni piuttosto pesanti.

Shevchenko aspetta, ormai è abituato, poi quando sarà il momento chiederà. Tornare a Milano è un rischio anche per lui: ridursi l’ingaggio non sarà un problema, rinunciare al numero 7, sulle spalle di Pato, neppure. E Shevchenko ha sufficienti energie per ricominciare daccapo: le partite che continua a giocare con la nazionale ucraina sono la dimostrazione di un’efficienza fisica ritrovata e di un sentimento del gol conservato. Ma Milano-bis resta un rischio, perché Shevchenko potrebbe trasformarsi nell’ideale capro espiatorio se la stagione della squadra andasse ancora storta. Eppure Andriy è disposto probabilmente a correre il pericolo e ad accettare la freddezza iniziale dei tifosi. L’unico rischio che non vuole correre è di tornare e casa e scoprire che nessuno lo vuole. Dopo due anni di nulla, ritrovarsi a Milanello per piombare in un’altra battaglia di nervi sarebbe la peggiore delle beffe. Tanto varrebbe ripartire da zero. Altrove, ma veramente altrove.

Ora che il Boia di Reggiolo è uscito allo scoperto, cade il velo dell'ipocrisia di due anni e le miserevoli verità del popolo bue si mostrano finalmente per quello che son sempre state. Lo scenario che dipinge oggi il foglio rosa (la sponda buona del Balon d'Or, come ha ben imparato il povero Ordine) è agghiacciante ma del tutto verosimile: a queste condizioni, se pure a malincuore, per Sheva (e per Shevalove) meglio chiudere col Milan. Per sempre.

01 aprile, 2008

PAROLA DI SILVIO (segue)

Berlusconi: Ancelotti è il meglio e torna Sheva.

Siccome si tratta di Inghilterra, Silvio Berlusconi parte in inglese. «Sa come diceva la Thatcher all'Unione Europea?I want my money back. E io rivoglio indietro il mio Sheva». Ma il suo allenatore ha appena lasciato intendere che è un traditore, ha detto che non farebbe una buona coppia con Pato... Il presidente del Milan addenta un maccherone e fa un gesto con la mano come dire, tutto passa.

Shevchenko ha scelto il Chelsea per via della moglie?
«Le donne sono padrone in certe situazioni. Kristen è una brava ragazza, intelligente. È stato fatto un errore di valutazione. Shevchenko sarebbe un buon ritorno per noi».

I tifosi fischiano, si lamentano, vogliono gente nuova.
«I tifosi devono stare tranquilli, c'è il massimo impegno per fare un altro grande Milan. Rinnoveremo, ma con prudenza, passione, buon senso, come abbiamo sempre fatto. Nel calcio l'alternanza è ineluttabile. Dopo un grande ciclo arriva sempre l'onda di ritorno».

C'è chi si chiede invece se non sia finito il ciclo di Ancelotti.
«Carletto va benissimo. Si cambia per migliorare. Per il Milan chi potrei trovare di meglio?».

Ci dica intanto chi prenderà per rinforzare il Milan...
«Cominceremo rinnovando la difesa. Ma non è giusto parlare di mercato adesso. E ricordo anche che è vero, il rendimento del Milan in campionato è insufficiente e il rendimento a San Siro resta un mistero incomprensibile. Ma questa stagione è cominciata benissimo, abbiamo vinto la Supercoppa europea e il Mondiale, e penso ancora che possiamo arrivare quarti...».

Come si spiega le difficoltà?
«L'infortunio di Ronaldo ci ha penalizzato pesantemente. Io avevo pensato la squadra con il trio delle meraviglie, Kakà dietro a Pato e Ronaldo. Senza Ronie è diventato tutto complicato. Se avrà voglia tornerà. Io vorrei fargli un contratto a rendimento, per stimolarlo».

Chi vincerà lo scudetto?
«L'Inter. La Roma ha perso una buona occasione nel derby».

da La Gazzetta dello Sport di oggi.