29 febbraio, 2008

DA ACMILAN.COM A THESTEVE...

28 febbraio, 2008

IL COMMISSIONER PELATO

Contro il campo.

Non sarà mai troppo tardi per parlare di playoff, anche se il discorso sembra sempre fatto contro chi al momento sta vincendo: ma una serie A ridotta almeno a 16 non dovrebbe e non potrebbe farne a meno, come pensa anche il commissioner del futuro (che purtroppo coincide con quello del passato). Non è un mistero che Antonio Matarrese non piaccia più a nessuno, per motivi strettamente finanziari: né alle grandi che l'hanno visto passivo di fronte alla legge Melandri, che peraltro non avrà vita lunga, nè alle piccole stizzite per la gestione della vicenda dei diritti televisivi della B. Prima subordinati ad uno sconto di Platini per la subcessione di quelli europei (figura meschina globale) della Rai, poi dopo la persistente inerzia dell'emittente di Stato offerti a mezzo mondo, da canali porno ad emittenti localissime, senza incassare nemmeno l'offerta di accollo dei costi di produzione (15mila a partita, per una cosa che non sembri il filmino del compleanno). Politicamente l'ex deputato Dc (18 anni di sporadiche visite a Montecitorio) non ha più sponde, la sua ora sta per arrivare ma prima devono andare nella loro casella alcune pedine.

E non occorre essere Kasparov per intuire che la prima è Adriano Galliani, che punta alla presidenza della Lega ma non vuole ritornare, soprattutto nel caso di scissione fra A e B, al doppio incarico che tanto fece discutere (anche gente che l'aveva votato, tipo Moratti e Sensi, e che avrebbe dovuto prendersla con se stessa): il vicepresidente del Milan viene ritenuto adatto dai peones a contrattare con le tivù le migliori condizioni possibili, soprattutto per chiaro e highlights, anche senza arrivare al miliardo di Matarrese. Con Berlusconi presidente del Consiglio su uno sbocco del genere si potrebbe giurare, con conflitto di interessi saltato all'italiana attraverso la gestione del Milan da parte di un manager sportivo di assoluta fiducia. Non Luciano Moggi, sogno di Berlusconi (un po' meno di Galliani), come lo stesso Moggi va dicendo negli ultimi giorni a giornalisti amici, per la banale ragione che c'è una squalifica ancora da scontare: ci sarà tempo e modo per rendersi utile, comunque.

I nomi caldi sono diversi, niente è ancora deciso, ma per evitare di fare la lista della spesa per poi puntare allo «Io l'avevo detto» ne facciamo solo uno, non come dirigente di grande visibilità ma come braccio del Galliani emigrato in via Rosellini: Gino Natali, ben noto agli appassionati basket come dirigente in genere delle società di Giorgio Corbelli. L'ultima in ordine cronologico l'Olimpia Milano, dalla quale Natali è stato allontanato in circostanze poco chiare (nel senso che la mossa di Corbelli potrebbe essere stata solo di facciata) qualche mese fa in seguito non tanto ai risultati scadenti, quanto ad un mercato gestito in maniera fallimentare: un capolavoro il contratto di Danilo Gallinari, non prolungato per tempo ed adesso legato ad una clausola capestro (in sintesi: se a giugno Gallinari vorrà cambiare squadra rimanendo in Europa l'Olimpia continuerà a controllarlo e potrà guadagnarci, se invece come probabile sceglierà la Nba l'Olimpia lo perderà a zero). Natali viene tenuto in caldo per progetti cestistici slegati da Corbelli, ma intanto è stato gradualmente introdotto da Galliani nel mondo Milan, ormai non c'è evento nel quale non lo si incroci (domenica sera gli abbiamo quasi sbattuto addosso a Milan-Palermo), e quella rossonera è una società così organizzata che fare danni è difficile. Curiosità: sua figlia è legata all'indimenticato Ciccio Colonnese, uno dei pupilli di Moggi (davanti ai nostri occhi una volta lo chiamò "papà", senza ironia), che a suo tempo ne consigliò l'ingaggio a Moratti per la serie «noi uomini di calcio». Insomma, Natali o non Natali, saremo sempre vicini a quel mondo, con ovviamente un personaggio di indiscusso prestigio a fare da garante: chi meglio di Paolo Maldini?

Memorabile, ma in positivo, è [l'articolo] di Fiorenza Sarzanini sul Corsera di quasi due anni fa (26 maggio 2006), che avevamo ritagliato, perso e adesso abbiamo ritrovato grazie all'archivio storico online del Corriere. L'argomento era una delle tante telefonate di Leonardo Meani, l'uomo-arbitri di Galliani temporaneamente tornato ai suoi risotti. In questo caso la telefonata era di puro cazzeggio, al guardalinee Puglisi, per commentare i sorteggi arbitrali relativi ai quarti di Champions del 2005. Parlando della designazione di De Bleeckere per la partita della Juve contro il Liverpool i due amici giudicano l'arbitro belga «uomo di Pairetto» nel calcio internazionale e quindi se la prendono con la Juve che, secondo loro, influenzerebbe anche le designazioni a livello europeo. In una successiva telefonata con l'arbitro Morganti, Meani continua a sparare contro la Juve, affermando che «De Bleeckere è praticamente il figlioccio di Pairetto nella Uefa». Non ci ricordiamo particolari scandali, in quel Liverpool-Juve finito 2 a 1 per i Reds, anzi se vogliamo dirla tutta a Del Piero fu annullato un gol per un fuorigioco che non c'era. Questo per la precisione, magari il guardalinee non era "figlioccio" di Pairetto, mentre a livello politico rimaneva il fatto che questa fosse la fama dell'arbitro belga. Protagonista senza fare danni di altre partite con italiane in campo, da Italia-Ucraina quarto del Mondiale 2006 a Milan-Manchester United dell'anno scorso. Fino alla partita di Anfield Road, con in campo la peggior Inter di stagione (a pari merito con quella di Istanbul) e fuori dal campo Materazzi dopo mezzora per un secondo fallo stupido ed un un primo inesistente. Davanti al televisore chissà la reazione di Pairetto davanti alla decisione del vecchio amico... C'è chi, come Adriano Galliani, crede che la soluzione ai mali del calcio italiano siano i fantomatici "arbitri stranieri", infallibili e privi di condizionamenti. Un consiglio: chieda a Meani.

di Stefano Olivari, su La Settimana Sportiva di oggi.

26 febbraio, 2008

«I SOGNI SONO GRATIS»

A Reggio Calabria, un’altra Napoli.

[FcJuventus.com] Come a Napoli. Peggio che a Napoli. La Juventus torna a perdere una gara di campionato a distanza di quattro mesi dal 3-1 del San Paolo e, proprio come allora, sul risultato pesa una direzione arbitrale discutibile, quella del signor Dondarini.

Serie A TIM 2007/08 - 5ª giornata di ritorno, Reggio Calabria, stadio Granillo. Sabato 23 febbraio 2008. REGGINA-JUVENTUS 2-1 (1-0)
Al Granillo, la Reggina si impone 2-1 al termine di una gara in cui succede di tutto. Vantaggio calabrese con Brienza al 36’ del primo tempo e rigore negato a Nedved prima del riposo. Nella ripresa, Sissoko giù in area ma si prosegue. Dopo il pareggio di Del Piero (sinistro da lontano con complicità di Campagnolo), nel forcing finale viene negato un terzo penalty per un netto fallo di mano. E proprio allo scadere il rigore arriva, ma per la Reggina.


Sissoko prova la sforbiciata e colpisce Amoruso che mai sarebbe arrivato sul pallone. Lo stesso ex attaccante bianconero trasforma. C’è ancora tempo per l’ultima beffa. Cartellino rosso per Zanetti che salterà così il derby di martedì sera. Alla stracittadina con il Torino, i bianconeri arrivano senza il centrocampista, ma soprattutto con tanta rabbia. L’assalto al secondo posto fallisce per il momento, ma per una sera nessuno ha voglia di guardare la classifica.

A ben pensarci, forse Onestopoli valeva il prezzo del biglietto.

22 febbraio, 2008

IL CHIODO FISSO DI ORDINE

La scelta di vita di Sheva: Riprendetemi.

[IlGiornale.it] Sheva ha un chiodo fisso. Si chiama Milan e continua a martellare amici, conoscenti, dirigenti, ex sodali, nel tentativo disperato di rientrare a Milanello. «Io penso sempre al Milan» detta all’intervistatore televisivo di turno. In concreto fa molto di più: passa l’intera serata del martedì a cena con i suoi ex compagni, detta alcune «dritte» calcistiche sull’Arsenal non molto ascoltate e il mercoledì notte, dopo la sfida dell’Emirates «s’inbuca» sul torpedone rossonero per tornare nella city londinese. Nell’estate del 2007 Sheva si presentò ad Arcore, parlò ripetutamente con Galliani, non se ne fece niente per la cifra reclamata dal Chelsea e per la tiepida accoglienza registrata nello spogliatoio. A Miami, durante le vacanze estive, incontrò Maldini e Nesta, ma non ebbe il coraggio di affrontare lo spinoso argomento. «Altrimenti - fece sapere il capitano - gli avrei spiegato senza problemi il mio punto di vista». Adesso, con Ronaldo sotto i ferri, due pareggi senza gol di fila (Parma e Arsenal), e un mercato tutto da impostare, Sheva torna all’assalto. Vuole chiudere la carriera al Milan e fermarsi a Milano. E l’inglese per i figli? Già studiato. Per preparare il terreno scrive un editoriale sulla Gazzetta dello Sport, tiene contatti con altri cronisti amici e sul proprio stato fisico rassicura: «Con Milanlab tornerei in forma nel giro di tre mesi». Evidente: le notizie di stampa sull’interesse per Drogba lo fanno diventare pazzo. Pazzo di gelosia. Al Chelsea nessuno lo considera più, Adriano Galliani per il momento resiste alle pressioni: non sbatte la porta in faccia ma non sottoscrive nemmeno garanzie. C’è il nodo dello status giuridico (extra-comunitario) da sciogliere. «Adesso vediamo»: con questa frase il congedo nella notte di mercoledì tra il Milan e Shevchenko.

Una settimana da incubo, quella del nostro tele-ubiquo tamburino fuggè. Prima si prende del «BURATTINO» in diretta nazionale Mediaset, niente meno che dalla Vergine di Jesi. Poi vola a Londra, e inciampa di nuovo nel Balon d'Or... adirittura, deve subire l'onta di un editorale a firma Shevchenko in prima pagina del foglio rosa! E io che so', nu fetende? avrà garrito. Allora che fa, sbotta d'invidia e va a raschiare gli ultimi, estremi, sospiri esalati dalla sua storica Gola Profonda (per gli appassionati del genere splatter, consiglio di riprendere in archivio il filone Senatori) e schizza ancora un po' di letame. Qua sopra, eccolo di nuovo a imbrattare una pagina col profilo del mendicante, reietto, in cerca di un riparo asciutto per l'età del tramonto: disgustoso, ma anche profondamente autobiografico. È l'auspicio e un augurio sincero, pronunciato col cuore da Shevalove.

18 febbraio, 2008

NUMERI, NON PAROLE

Milan: Shevchenko, perché sì.

[Datasport.it] È ormai Alberto Gilardino l’unico titolare, peraltro spesso confinato in panchina, dell’attacco del Milan. Con Ronaldo che ormai ha chiuso la propria stagione per infortunio, con l’esordiente Pato pure acciaccato, con Inzaghi utilizzato con il contagocce e che da ormai un anno non segna più in campionato, il reparto offensivo rossonero risulta anche qualcosa più di anemico. Specie se rapportato a quello dei cugini dell’Inter che, con Ibrahimovic, Cruz, Suazo e Crespo (con Balotelli pronto a essere lanciato nel firmamento nerazzurro). Contestabile sicuramente l’affermazione della società milanista di trasformare Kakà in attaccante, esperimento non riuscito dal punto di vista pratico soprattutto riferito alle caratteristiche intrinseche del giocatore.

Ecco che, a questo punto, le voci dell’ennesimo interessamento del Milan verso un ritorno in rossonero di Andriy Shevchenko, eterno deluso al Chelsea e sempre legato ai colori del Diavolo, tornano a farsi insistenti. Dall’Inghilterra i giornali della domenica, e non solo i tabloid, hanno parlato di un nuovo contatto fra la società milanista e quella londinese per riavere il giocatore, anche solo con la formula del prestito. Del resto i numeri sono impietosi: senza Sheva, il Milan non segna e, di conseguenza, porta meno punti in cascina. Nelle sue due ultime stagioni con la maglia milanista Shevchenko ha realizzato 36 reti, una dote che nessun altro attaccante è riuscito più a eguagliare.

Gilardino, Inzaghi, Ronaldo, Oliveira, Borriello e Pato, ovvero gli eredi (escludendo Paloschi e Aubameyang, quelli insomma che ancora non hanno i numeri per poter essere giudicati) del Numero 7 ucraino, in totale negli ultimi due anni, con 38 centri, hanno in pratica eguagliato quello che Shevchenko ha fatto da solo. Per segnare i suoi 36 gol negli ultimi due anni l’attuale attaccante del Chelsea ha dovuto disputare 57 partite, contro le 144 complessive del gruppo di attaccanti che ne ha raccolto l’eredità. Insomma, non c’è confronto, così come non c’è confronto fra i punti portati dal solo Sheva nella sua ultima stagione in rossonero, il 2005-06, quando l’ucraino totalizzò 19 gol su 28 partite giocate, di cui 5 vincenti ("game winning gol"), per un totale di reti che hanno portato, da sole, almeno 17 dei 61 punti della causa milanista (gli altri 27 vennero fatti senza Sheva in campo).


Nel 2006-07 Oliveira, Borriello, Gilardino, Inzaghi e Ronaldo hanno totalizzato nel complesso 5 "game winning gol" (uno Oliveira, uno Inzaghi, due Gilardino e uno Ronaldo), per un totale, gol nei pareggi compresi, di 18 punti regalati alla causa, ovvero appena uno in più rispetto a Shevchenko, ma per opera di tutto il gruppo degli attaccanti. Insomma, tutto il Milan, in un epico sforzo (costato soldi per portare nuovi giocatori, e dispendio per cercare di sopperire all’assenza di Sheva) è bastato appena per riuscire a eguagliare quanto Shevchenko faceva da solo. Certamente l’attaccante ucraino, due anni dopo, potrebbe rendere in maniera ben diversa da quello che baldanzosamente aveva seguito a Londra la moglie sulle pedane della vita modaiola inglese. Ma mai come in questo caso saremmo di fronte ad un "usato sicuro" e a un giocatore che, per temperamento, indole e, va detto, cosa rara nel calcio, senso di riconoscenza, da sempre non ha mai smesso di amare il rossonero. Perché anche nel calcio il cuore conta.

2005-06, le partite "a punti" di Shevchenko:

Ascoli-Milan 1-1, 1 gol, 1 punto
Milan-Lazio 2-0, 1 gol, 3 punti (gwg)
Treviso-Milan 0-2, 1 gol, 3 punti (gwg)
Milan-Messina 4-0 , 2 gol, 3 punti (gwg)
Milan-Parma 4-3, 1 gol, 3 punti (gwg)
Milan-Sampdoria 1-1, 1 gol, 1 punto
Udinese-Milan 0-4, 2 gol, 3 punti (gwg)

2006-07, le partite "a punti" di tutti gli attaccanti del Milan:

Milan-Lazio 2-1, Oliveira 1 gol, 3 punti (gwg)
Cagliari-Milan 2-2, Borriello 1 gol, 1 punto
Fiorentina-Milan 2-2, Gilardino 1 gol, 1 punto
Milan-Parma 1-0, Inzaghi 1 gol, 3 punti (gwg)
Roma-Milan 1-1, Gilardino 1 gol, 1 punto
Milan-Empoli 3-1, Gilardino 1 gol, 3 punti (gwg)
Ascoli-Milan 2-5, Gilardino 2 gol, 3 punti (gwg)
Milan-Cagliari 3-1, Ronaldo 2 gol, 3 punti (gwg)

2007-08, le partite "a punti" di tutti gli attaccanti del Milan:

Reggina-Milan 0-1, Gilardino 1 gol, 3 punti (gwg)
Milan-Napoli 5-2, Ronaldo 2 gol, 3 (gwg)
Udinese-Milan 0-1, Gilardino 1 gol 3 punti (gwg)
Milan-Genoa 2-0, Pato 2 gol, 3 punti (gwg)
Fiorentina-Milan 0-1, Pato 1 gol, 3 punti (gwg)
Milan-Siena 1-0, Paloschi 1 gol, 3 punti (gwg)

NB: per "gwg" si intende "game winning gol", ovvero la rete che decide il match, per esempio l’unica di un 1-0, la seconda di un 2-1, la terza di un 3-2 o di un 4-2 e così via.

17 febbraio, 2008

GRAZIE RONIE...

Stampa GB: Milan vuole riprendersi Shevchenko.

[LaRepubblica.it] Il Milan vuole riportare Andryi Shevchenko a Milano. Lo scrive il tabloid inglese "Daily Star Sunday", secondo cui il progetto avrebbe preso un'accelerata dopo l'infortunio di Ronaldo. Il Chelsea sarebbe disposto a cederlo al Milan con la formula del prestito, notizia questa che viene riportata anche da un altro tabloid britannico, il "Sunday Express".

Un motivo per ricordare questi quattordici mesi di Crescina99?

11 febbraio, 2008

UN RAGGIO DI SOLE

Milan, è baby boom.

[LaStampa.it] Pato più Paloschi, uguale Patoschi. Prepariamoci all’ennesimo tormentone dopo la scoperta del baby rossonero che, parole di Adriano Galliani, «domenica sera ho ordinato di riprendere dal torneo di Viareggio dopo l’infortunio di Pato, così in attacco abbiamo anche il Pa-Pa». Adesso i fenomeni non sono soltanto quelli che scendono in campo. Il Gallianone ha la sfera di vetro e vede nel futuro. Forse sapeva che il ragazzo, nato il 2 gennaio 1990 a Cividate al Piano in provincia di Bergamo, sarebbe stato determinante, avrebbe tenuto il Milan in corsa per un posto in Champions. Meno male che non ha anche detto che era sicuro che avrebbe segnato il gol-partita. E che gol: lancio profondo di Seedorf destro al volo in corsa nell’angolo alla sinistra di Manninger. Una rete strepitosa da attaccante che ha numeri importanti. Bisogna avere qualità e faccia tosta per compiere quel gesto tecnico a freddo. Fatto storico: il baby, che è più giovane di Pato di quattro mesi, era entrato in campo da 20 secondi appena. Ancelotti prima ha riso, poi siccome ha un cuore tenero si è perfino commosso. Sky l’ha colto con l’occhio umido, mentre scuoteva il testone e diceva: «Non è possibile». Già, il calcio è strano. Rischi di non vincere la partita con giocatori a corto di condizione e pronti per essere serviti sul carrello dei bolliti (età media di ieri 33 anni), e ti ritrovi la vittoria in tasca grazie a un pivellino che un’emozione come quella di ieri poteva soltanto sognarla.

Paloschi ha risolto una partita molto incasinata. Carletto aveva provato a battere il Siena con Ronaldo che ha giocato per un tempo in pigiama e ciabatte e con Inzaghi, reduce da una lunga assenza. Tentativo avventuroso e soprattutto inutile. Il colpaccio alla squadra dei matusa è riuscito grazie a questo ragazzino che al Milan non è costato niente. Utilizzarlo subito sarebbe stato forse troppo, Carletto ha preferito l’usato sicuro prima di dare spazio al nuovo fenomeno che cuce la bocca anche a Moratti. Il presidente interista qualche giorno fa: «Pato è costato oltre venti milioni, mentre Balotelli l’abbiamo pagato 350 mila euro». Purtroppo per lui nella corsa al ribasso, il Milan è balzato al comando. Prezzo di Paloschi: euro zero. Prelevato sette anni fa dalla Civitadese e inserito nelle giovanili rossonere grazie al fiuto di Chicco Evani, Alberto è cresciuto nella Primavera di Filippo Galli e ha dimostrato di essere così bravo che è già stato inserito nella lista B della Champions. Lo volevano Rimini e Lecce. Nulla da fare, Ancelotti, in grave emergenza attaccanti, ne ha bloccato il prestito. Gli sono valsi il lasciapassare per l’Europa i due gol segnati al Catania in Coppa Italia. Quello di ieri è una conferma di cose già note, un di più.

Galliani a fine partita ha atteso il ragazzo, che a luglio sosterrà la maturità scientifica, al culmine della scaletta che porta negli spogliatoi. Un grande abbraccio e il solito sorrisone delle grandi occasioni. Poi una massima da ricordare: «Il problema nel calcio non è essere giovani o meno giovani. È essere bravi o non bravi. Non dimenticate che Paloschi ha segnato tre gol e tutti a difese di serie A». Ripresosi dall’emozione, Ancelotti, ovviamente, ha detto che lui ci credeva: «In allenamento avevo capito che la qualità c’era. Lui è un predestinato: tre gol in una partita e due spezzoni. È il nostro attaccante con la percentuale-gol più alta. Ora diamogli la possibilità di crescere, credo che mercoledì nel recupero con il Livorno partirà titolare. Anch’io al debutto ho sfiorato il gol dopo un minuto che ero in campo». Dai grandi ha già imparato l’esultanza. La corsa verso la bandierina del calcio d’angolo impugnata come un trofeo di guerra. A fine partita, anche per l’emozione, non riusciva a fare pipì ed è rimasto a lungo all’antidoping. Poi ha portato la sua faccia da bravo ragazzo che ha soltanto il foglio rosa e agli allenamenti va con un bus, davanti alle telecamere, autodenunciandosi subito come amico di Balotelli: «Vedo spesso Mario fuori dal campo. Dedico il gol alla famiglia e non mi esalto. Sto al mio posto, ho tanto da imparare. Soprattutto da Inzaghi che è il mio modello di attaccante». Nota a margine: dopo il gol, gli ultrà rossoneri hanno insultato più Balotelli che esaltato il ragazzino tutto casa, scuola e calcio. Dov’è la novità?

Premesso (e ribadito) il concetto che per leggere una critica non deforme sulle cose sportive di Milano è necessario leggere una pagina non pubblicata a Milano, torno oggi a scrivere volentieri di cronaca del campo perché ieri pomeriggio è accaduto qualcosa di nuovo. Un lancio lungo, la volata in profondità, il colpo secco scoccato dal limite, una saetta a fil di palo: il miracolo sublime del Calcio si è consumato di nuovo a San Siro! Erano almeno due anni che un gesto tecnico tanto perfetto quanto inatteso, insperato, come quello del 18enne "Patoschi" non faceva saltare dal sedile persino un orfano inconsolabile del Balon d'Or, rassegnato e disilluso come il sottoscritto. Un raggio di sole, anzi di più: una scarica di elettricità ad alto voltaggio nella spina dorsale di un pubblico pagante sempre più scarno, intontito e sperso nei meandri del Jurassic Park di Ancelotti. Conosciamo i nostri polli: non fosse stato per la concomitanti defezioni di Gilardino (squalificato), Pato (infortunato) e Ronaldo (acciaccato all'intervallo), il non-papero bergamasco avrebbe trascorso un'indimenticabile domenica pomeriggio in panchina assieme al non-brasiliano Gourcuff. Ma il dio del pallone ne sa una più del Diavolo. E fu così che al minuto 19 del secondo tempo di Milan-Siena, il Popolo Rossonero potè esplodere in una spontanea standing ovation all'indirizzo dell'esordiente col numero 43: fino a 18 secondi prima, solo una sagoma nera senza foto sul tabellone delle formazioni. Perché il Calcio non è Crescina99. Il Calcio è Paloschi. Tutto il resto è lo zelig di Galliani su Sky.

07 febbraio, 2008

IL BILANCIO ONESTO (segue)

Scudetti senza prezzo.

[Settimana.Sportiva.it] "Si segnala che negli ultimi tre esercizi gli utilizzi per coperture perdite ammontano a 247.755 migliaia". Questa esorbitante cifra è scritta nella nota integrativa del bilancio al 30 giugno 2007 dell’Inter depositato in Camera di Commercio. Il documento specifica che 26,5 milioni di euro, sul totale di 247,8 milioni, derivano da "abbattimento del capitale sociale". In pratica, la società controllata da Massimo Moratti (tramite la Internazionale Holding) ha speso in ciascuno degli esercizi 2004/05, 2005/06 e 2006/07 ben 82,6 milioni per ripianare le passività. Nell’ultimo di essi il rosso è ammontato a 206,8 milioni, in consistente aumento dai 31,14 dell’anno precedente quando era stata effettuata la plusvalenza di 160 milioni derivante dalla vendita dei marchi alla controllata Inter Brand. Nonostante ciò, l’Inter non ha problemi grazie alle consistenti disponibilità finanziarie del suo azionista di riferimento. Sempre nella nota integrativa si legge infatti che in "seguito al deficit patrimoniale al 30 giugno 2007, la società si sarebbe trovata nella situazione prevista dall’art. 2447 del Codice Civile se il socio di riferimento non avesse provveduto, successivamente al 30 giugno 2007, ad effettuare versamenti a completamento dell’aumento di capitale sociale già deliberato dall’assemblea dei soci del 22 giugno 2007 per l’importo complessivo di euro 70.670.903".

L’Inter presentava alla fine dello scorso esercizio un patrimonio netto negativo di 70,2 milioni. Il primo aumento di capitale è stato interamente sottoscritto e versato: nell’assemblea del 27 dicembre scorso è stato approvato un altro incremento di capitale di circa 100 milioni. Nella nota si sottolinea ancora che "è in corso di attuazione un ulteriore versamento di 35 milioni a copertura delle perdite in formazione". Inoltre Moratti "ha espresso la consueta volontà di supportare anche per il futuro, in caso di necessità, economicamente e finanziariamente la società". Riguardo al conto economico, i costi superano per 188 milioni i ricavi. Tra questi, vi sono 24 milioni di plusvalenze calciatori. Lo stato patrimoniale presenta un aumento dei crediti da 49,9 milioni a 75,2 milioni. Nonostante ciò, lo squilibrio rispetto ai debiti risulta di 348,4 milioni. Lo stato debitorio, ammontante a 423,7 milioni (424,4 milioni nel 2005/06) presenta l’importo più elevato di 144,3 milioni verso la Inter Brand per l’uso dei marchi. Tra gli 80,8 milioni di altre passività, vi sono 36,7 milioni riferiti "a una cessione pro soluto ad un primario istituto di credito di parte dei corrispettivi derivanti dal contratto di cessione" di diritti tv per la stagione 2007/08. Soldi già spesi dall’Inter, che presenta tra i ricavi la ragguardevole somma di 91,5 milioni per diritti televisivi. Infine, sull’applicazione dell’Irap sulle plusvalenze calciatori, l’Inter "ha ricevuto un avviso di accertamento a tali plusvalenze per l’esercizio chiuso al 30 giugno 2002. Inoltre nel mese di luglio 2007 è stato notificato analogo accertamento sull’esercizio chiuso al 30 giugno 2003. L’Agenzia delle entrate ha accertato complessivamente maggiore Irap per euro 5,3 milioni più interessi e sanzioni per euro 2 milioni". La società ha presentato ricorso.

06 febbraio, 2008

GIUGNO DUEMILAOTTO

Con un anno di ritardo, perché giustamente un ciclo doveva avere il suo coronamento con il Mondiale per club, Carlo Ancelotti lascerà il Milan. Secondo il Corsport il primo dei suoi antipatizzanti, Adriano Galliani, ha lasciato filtrare un «prenderemo Lippi» in contesti semiprivati. Se non è vera è verosimile, perché il c.t campione del mondo a Berlusconi è sempre piaciuto: tanto è vero che se non fosse stato per le note vicende al Milan sarebbe arrivato anche il suo direttore generale di fiducia. Oggi opinionista un po' imbolsito, incalzato in alcuni casi da giornalisti che chiedevano raccomandazioni per l'assunzione dei figli, ma che in quel tipo di progetto (Milan più italiano e più ancorato al territorio, in grado di camminare da solo senza metterci soldi ogni anno) ci sarebbe stato benissimo. Che vinca o no la Champions (a maggior ragione nel primo caso) un ciclo è concluso, al di là di un contratto fino al 2010 che gli garantisce giusto un paracadute nel caso non maturi la panchina azzurra: il ritiro già annunciato di Maldini è più di un segnale, visto che uno della sua classe giocando sulla mattonella avrebbe potuto resistere in dieci grandi partite all'anno ancora per un paio di stagioni. Con un Berlusconi presente e catalizzatore d'attenzioni si sarebbe potuto anche lanciare Costacurta, prima ancora di Tassotti; con un Berlusconi quasi certo presidente del Consiglio occorre uno indiscutibile come Lippi. Zambrotta potrebbe essere un indizio ulteriore, ma va detto che Galliani e Braida (per non dire Bronzetti) lo vorrebbero a prescindere dal nome dell'allenatore. Meglio se Lippi, comunque. Uno sul quale poter scaricare eventuali fallimenti in sede di ricostruzione. Alla fine la principale funzione dell'allenatore rimane questa...

di Stefano Olivari, su La Settimana Sportiva del 5 febbraio 2008

Sul fronte calcistico bisogna vedere cosa succederà alla Lega Calcio: Antonio Matarrese è stato sfiduciato dalla B ma è cocciuto e resta in sella. Appena caduto il governo Prodi, una mezza dozzina di presidenti ha telefonato però subito ad Adriano Galliani, per cercare di convincerlo a tornare alla guida della Confindustria del calcio. Non si sa cosa abbia risposto Galliani ma per farlo dovrebbe rinunciare al suo amato Milan, di cui è vicepresidente e amministratore delegato, perché le due cariche sono incompatibili. Ma, di sicuro, Galliani è il più esperto di diritti tv, e lo ha dimostrato negli anni quando portava molti cappelli (Mediaset, Milan, Lega Calcio...) Giancarlo Abete dovrebbe ricandidarsi alla guida della Federcalcio: è stanco, è vero, ma c'è ancora molto da fare. Improbabile che Matarrese voglia dare battaglia per la Figc, almeno al momento. Abete quindi non dovrebbe avere rivali. Intanto sta cercando un direttore generale per la Figc. La ricerca è lunga e complessa, dura da mesi ormai. Probabile che Abete si orienti su un esterno, esperto di finanze e marketing. Ma le strutture federali vanno irrobustite, su questo non ci sono dubbi.

da SpyCalcio del 6 febbraio 2008

Il pervicace a passeggio (o a Roma?), l'antennista in Lega: sarebbe il collasso definitivo dell'inscindibile coppia, dopo l'ecatombe di maggio, e la quadratura perfetta del cerchio. Ma anche l'alba di un giorno nuovo per questo nostro povero Diavolo...

04 febbraio, 2008

IL CAMPIONATO ONESTO

Ma Moratti fa la vittima.

[LaStampa.it] La questione arbitrale da ieri non è meno urgente del caso Moratti. L’uomo è scontato nella sua imprevedibilità: un giorno predica distensione, l’altro va alla guerra. Nell’anno secondo post Calciopoli il nostro don Chisciotte si arma contro i fantasmi della Triade, tanto ingombranti da avvelenare la meritata rivincita; riporta in vita lo spettro dello scudetto del 2002 «che non fosse stato per una banda di truffatori avremmo conquistato», omettendo che poteva perderlo solo l’Inter, e così è stato, nonostante la conclamata banda di truffatori; squaderna per l’ennesima volta i processi, compresi quelli alle intenzioni, invece di goderne i frutti con lo stesso aplomb - anche troppo, a dire il vero - che lo distingueva nei tempi grami dello strapotere juventino. Moratti sbaglia i tempi del tackle e un arbitro diverso dagli attuali probabilmente estrarrebbe il cartellino rosso, sanzionando l’excusatio non petita, con l’aggravante della reiterazione: lui attacca il passato e la sua squadra approfitta dell’ennesima svista. Tanto clamoroso è l’abbaglio di Tagliavento (il pallone scagliato da Stankovic colpisce il viso di Vannucchi, non la mano) che nemmeno s’accendono i soliti dibattiti tra giustizialisti e garantisti. Mancini si consegna a braccia alzate, trasfigurato rispetto al fustigatore delle vedove bianconere: non era rigore. Infatti. Il cambio di strategia - dal silenzio stampa alla confessione - ovviamente non commuoverà il partito della sudditanza psicologica. Della serie: l’Inter è forte, però quanto l’aiutano. E poi quanto compensano, aggiustano, pasticciano. Otto rigori tre domeniche fa, quella successiva zero, questa ancora otto. Sono gli arbitri degli eccessi, così permeabili allo spirito del tempo da stravolgere i pesi e le misure nel volgere di una settimana. Marziali, lassisti e ancora marziali, alla ricerca disperata di una tregua con la pubblica opinione. Navigano a vista, magari fosse buona.