31 maggio, 2008

MAGGIO 2008: L'ultimo volo in Blues

Chelsea v Bolton Wanderers, l'ultima rete di Sheva.

23 maggio, 2008

FUGA DA LONDRA

Chelsea, è finita. Shevchenko in fuga.

[Gazzetta.it] Se i suoi figli hanno voglia di una favola, sarà meglio che guardino un film di Walt Disney. Perché a Mosca il finale fatato da raccontare non c’è stato. Andriy Shevchenko sperava di giocare un po’, entrare e risolvere qualcosa, poi chiedere la cessione a cuor leggero, tornare al Milan lasciando Abramovich con una coppa fra le mani, e tutti vissero felici e contenti. Invece Abramovich non ha avuto coppe (ma non sembrava preoccupato) e Shevchenko non ha avuto possibilità. E’ stato presente in tre finali di Champions: una l’ha decisa con un rigore, un’altra l’ha persa sbagliando anche lui dal dischetto. Stavolta è rimasto a guardare.

Dopo l’errore di Anelka, Shevchenko ha preso le sue cose e se n’è andato. Non sarebbe salito sul palco in caso di vittoria, non ci è salito da panchinaro sconfitto. Grant lo aveva utilizzato nelle ultime partite di Premier League e a Shevchenko, fra un salvataggio da grande difensore e un gol, sembrava di rinascere. Si sentiva in forma e Mosca era come la terra promessa, due anni di vuoto, di attese inutili, di critiche che si potevano cancellare. Invece è rimasto tutto com’era e l’amarezza è cresciuta. E con l’amarezza la rabbia per questi due anni bruciati, una rabbia fredda che lo ha portato ad andarsene senza dire parole che non ha mai voluto dire. Ieri Shevchenko è partito per Kiev dove lo aspettavano il c.t. Mikhailichenko e i compagni della nazionale ucraina. Il morale è a pezzi e dal Milan sono arrivate telefonate per cercare di tirarlo su.

Il suo ex club ribadisce: in caso di cessione a titolo gratuito, i dirigenti sono pronti a riprendersi l’attaccante che con la maglia rossonera ha segnato meno di Nordahl e più di Van Basten. Forse Shevchenko giocherebbe poco anche a Milano, ma tornare fra gente che lo ha biasimato, ma di base gli vuole ancora bene, sarebbe un passo avanti. Il Chelsea ha chiara la situazione: Shevchenko se ne vuole andare e pare che a Londra non sappiano che farsene. Il club si è preso ancora un po’ di tempo, 2-3 giorni al massimo, per decidere, ma difficilmente Abramovich permetterà che Andriy parta gratis e il Milan, che già ritiene di avere migliorato l’offerta (dal prestito annuale all’acquisto seppure a zero, con risparmio di due anni di stipendio per i blues) non farà di più.

Oggi Sheva sarà a Rotterdam, dove l’Ucraina giocherà in amichevole contro l’Olanda. Starà in campo magari mezzora, stavolta non perché non vogliano farlo giocare, ma perché è più giusto lasciare spazio ai ragazzi che si battono per un posto nelle prossime partite ufficiali. E’ già calato nel ruolo di capitano non giocatore, insomma. Peccato che il Chelsea lo abbia destinato al ruolo di non giocatore già da un pezzo.

22 maggio, 2008

GAME OVER

Sheva-Chelsea, la rottura è insanabile.

[SportMediaset.it] Shevchenko e il Chelsea sono sempre più ai ferri corti. L'attaccante ucraino, al termine della finale di Champions League persa a Mosca contro il Manchester United, era il più arrabbiato di tutti. Sheva, infatti, si aspettava di essere impiegato almeno per uno spezzone di gara con la speranza di risultare decisivo nella lotteria dei rigori. Tenuto in panchina per tutti i 120 minuti di gara da Avram Grant, l'ucraino si è rifiutato di ritirare la medaglia d'argento al termine della partita rifugiandosi negli spogliatoi. Ecco spiegato il mistero della seconda medaglia nelle mani del tecnico Grant e poi lanciata dallo stesso Grant ai tifosi.Oggi l'ex attaccante del Milan non sarà a Londra per parlare del suo futuro perché da Mosca raggiungerà la sua nazionale a Kiev per preparare l'amichevole di Rotterdam con l'Olanda. E' probabile, comunque, che nelle prossime ore il bomber ucraino si metta in contatto con i dirigenti del Milan per pianificare il suo eventuale ritorno in rossonero. Galliani ha ribadito che se Abramovich concedesse il prestito gratuito il Milan è pronto all'acquisizione del bomber. Altrimenti l'affare è destinato a saltare. E il Fenerbahce è dietro l'angolo.

IL CAMBIO SBAGLIATO

[ChelseaFC.com] Making history with a first Champions League Final appearance, Chelsea lost out on penalties to Manchester United after a penalty shootout concluded an enthralling 120 minutes of football at the Luzhniki Stadium. Substitute Nicolas Anelka saw his penalty, our seventh, crucially saved by Edwin Van der Sar in sudden death after a thrilling two hours of football had seen United take the lead through Cristiano Ronaldo before Frank Lampard levelled on the stroke of half-time. Both sides had opportunities to win the game in the second half, and extra-time, but ultimately they could not be separated, and so it was that Chelsea would lose out in Europe's premier club competition for the second season running on spot kicks.

Man United (4-4-2): Van der Sar; Brown (Anderson 120), Ferdinand (c), Vidic, Evra; Hargreaves, Carrick, Scholes (Giggs 87), Ronaldo; Rooney (Nani 100), Tevez.
Unused subs: Kuszczak, O'Shea, Silvestre, Fletcher.

Goals: Ronaldo 25
Booked: Scholes 21, Ferdinand 42, Vidic 110, Tevez 115
Penalties: Tevez scored, Carrick scored, Ronaldo missed, Hargreaves scored, Nani scored, Anderson scored, Giggs scored.

Chelsea (4-3-3): Cech, Essien, Carvalho, Terry (c), A Cole; Ballack, Makelele (Belletti 120), Lampard; J Cole (Anelka 98), Drogba, Malouda (Kalou 91).
Unused subs: Cudicini, Alex, Mikel, Shevchenko.

Goals: Lampard 44
Booked: Makelele 21, Carvalho 45, Ballack 115
Sent Off: Drogba 115
Penalties: Ballack scored, Belletti scored, Lampard scored, A Cole scored, Terry missed, Kalou scored, Anelka missed.

19 maggio, 2008

UN CAPITANO COSI'

Fare i complimenti quando si è vinto è facile, io all’Inter stavolta non li faccio...
Chiamatemi pure rosicone, come si dice a Roma, ma io "bravo" all’Inter non lo dico.
Fra due anni ci si ricorderà solo della classifica, non della storia di questa stagione.
Credo sia giusto soffermarsi su quanto avvenuto, sul perché non abbiamo vinto.
Lo scudetto non l’abbiamo perso a Catania.
La differenza l’hanno fatta i due mesi in cui i nerazzurri erano in difficoltà, ma sono riusciti a vincere 9 partite su 10, e tutti sappiamo come.
Il campionato è falsato, e non solo per quello che abbiamo subito noi: basti pensare al Parma, che fino a 5 minuti dalla fine della sfida di San Siro all’andata era in vantaggio.
È un peccato dovere parlare di questi episodi, ma il campionato non si può ridurre a due partite perché quest'anno è successo il finimondo.
Noi abbiamo vinto partite che non meritavamo di vincere e viceversa, ma questo è il calcio. Invece quello che è successo quest'anno non è calcio.
I giocatori dell'Inter se lo sono sudato lo scudetto, ma un campionato così particolare non si vedeva da tanto tempo... Mi chiedo cosa sarebbe potuto accadere se fosse successo alla Juve quello che è successo all'Inter.
Non ho voluto dire queste cose prima, per non caricare ulteriormente la domenica decisiva.
Anche perché erano uscite cose che, sinceramente, non stavano né in cielo né in terra, e mi riferisco alle intercettazioni.

Però resto della mia idea su quei due mesi.
E comunque a Parma c’erano cinquemila tifosi dell’Inter in tribuna?
Qua a Catania c’erano cinquemila persone in campo...

(Daniele De Rossi, capitano sul campo di Catania-Roma)

Onore a questo capitano. E al suo allenatore, che chiosa il concetto: «Daniele ha detto cose sensate e io le condivido». Il nostro, viceversa, a caldo ha commentato: «Congratulazioni all'Inter che ha vinto il suo terzo scudetto consecutivo»... Terzo, sic! In quanto al bel capitano, c'è da supporre che in tarda serata abbia raggiunto i campioni al privé.

ECATOMBE FINALE

Milan, eurobocciatura.

[LaStampa.it] La «speranziella», come l’ha chiamata alla fine Adriano Galliani, è durata 17 minuti. Dal gol del 2-1 (il 100° rossonero di Inzaghi) a quello del successo viola a Torino, il Milan è stato in Champions League. «Più il tempo passava e più ci credevo», confessa l’ad deluso. Sarebbe stata troppa grazia, per chi in tutto l’anno il 4° posto ce l’ha avuto in mano soltanto alla 24ª e alla 36ª giornata. L’eurobocciatura, con retrocessione in Uefa dopo 6 presenze in Champions, arriva così nella domenica di campionato più triste del ciclo ancelottiano: sa ancor più di amaro l’inutile 4-1 sull’Udinese con l’Inter che festeggia il 16° scudetto e che, con la sua apoteosi serale a S. Siro, costringe i rossoneri a liberare in fretta lo stadio. I 4 gol, le due traverse e il rigore sciupato da Kakà che nella debordante ripresa cancellano l’osceno 1° tempo stile tracollo napoletano, servono quantomeno a strappare un applauso finale. Un tiepido arrivederci ad agosto, in attesa del mercato che sarà.

I tifosi chiedono la rifondazione della squadra più vecchia della A. Lo hanno scritto sui volantini («Siamo stufi, basta chiacchiere. Prima il mercato, poi gli abbonamenti») e sottolineato sugli striscioni in curva: «Mantenete le promesse fatte: acquisti». Sfumata l’ultima «speranziella», Galliani provvede a tranquillizzare il popolo in subbuglio: «Finché il Milan sarà di Berlusconi, avrà grandi ambizioni e grandi giocatori. I primi 12-13 non andranno via di sicuro. Non smantelliamo, rinforziamo. Per questo faremo 6-7 innesti, di cui 4 molto importanti». Per Seedorf potrebbero anche non bastare: «La rosa non era così male, ma ci sono stati tanti problemi fisici. Per questo dico che servirebbe un organico da 22, una ricostruzione con nuovi giocatori e nuove motivazioni». Ripartendo da un obiettivo non più eludibile: lo scudetto. «Sarà il nostro traguardo - conferma inevitabilmente Ancelotti -. In campionato, negli ultimi due anni, abbiamo fatto troppo poco. Prendiamo atto della classifica che ci condanna all’Uefa: colpa dei troppi punti persi in casa prima di Natale. Meditiamo sugli errori commessi, prepariamoci a un anno di purgatorio europeo con l’intenzione di essere protagonisti fino in fondo per il tricolore. Il mercato? C’è tempo per far bene. Lavorerò in sintonia con la società, come sempre».

Possibilmente, per non finire più a -21 dall’Inter. Punto sul vivo, Galliani si scuote: «Non baratterei per nessuna ragione al mondo il nostro bottino delle ultime due stagioni con il loro: mentre l’Inter festeggiava lo scudetto 2007, noi diventavamo campioni d’Europa; ora loro sono di nuovo campioni d’Italia ma noi abbiamo vinto Supercoppa europea e Mondiale. Detto questo, garantisco che l’anno prossimo non competeremo più per il 4° posto ma per il 1°». «Senza trascurare la Coppa Uefa - dice Ancelotti -. Giocheremo al giovedì ma con una rosa larga si potranno ruotare gli uomini. E’ una competizione che ci può dare belle soddisfazioni». E’ l’unica coppa che manca nella bacheca del club più titolato del mondo. Da ieri costretto a farsela piacere, a ingoiare il boccone nel giorno più felice per gli eterni rivali. «A noi per primi scoccia essere finiti 21 punti sotto l’Inter - confessa Inzaghi -. Ma non è proprio il caso di buttare via tutto. Il trionfo di Yokohama è roba di nemmeno 6 mesi fa: l’ultimo di una lunga serie. Io sono qui dal 2001: sono stati anni molto importanti e belli». Ha tutta l’aria di essere la frase che chiude un ciclo.

Shevalove ha parlato, come sempre, in tempi non sospetti. L'ecatombe finale di maggio era scritta in tutti i segni, per chi li sa leggere. Ora buon viaggio all'Inferno, povero Diavolo brianzolo.

15 maggio, 2008

SILENZIO, MORATTI TI ASCOLTA... (segue)

Il boss, le intercettazioni e i giocatori nerazzurri.

[Corriere.it] Intercettati al telefono col boss. A un passo dalla giornata decisiva per l’assegnazione dello scudetto, l’allenatore dell’Inter e alcuni giocatori nerazzurri scoprono di essere finiti nelle trascrizioni di intercettazioni che fanno parte di una vasta inchiesta per traffico di droga. Tutta colpa delle chiacchiere in libertà con Domenico Brescia, il loro sarto. Un signore di mezza età con precedenti per omicidio, associazione mafiosa, rapina e droga. Un pregiudicato inseguito dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano perché accusato di fare parte di un giro di spacciatori di cocaina legati alla ’ndrangheta, eppure con un posto d’onore alla Pinetina e un altro in tribuna vip a San Siro. Un conoscente di mister Mancini e del suo vice Mihajlovic, titolare di un negozio di sartoria a Rovello Porro, nel Comasco, l’uomo che con ago e filo ripara le giacche e le braghe attillate di Mancini e di altri nerazzurri. Almeno così faceva fino a un mese fa, quando la società lo ha allontanato.

È indagando su di lui, Domenico Brescia, 55 anni, natali a Castell’Arquato e mani in pasta con il clan dei boss mafiosi Biagio e Alessandro Crisafulli, che i carabinieri del Raggruppamento operativo speciale di Milano sono inciampati sulla compagine nerazzurra. È intercettando Domenico Brescia e il suo socio Daniele Bizzozzero, latitante a Montecarlo poi arrestato a Parigi, che sono finiti nel brogliaccio delle intercettazioni Roberto Mancini e Sinisa Mihajlovic, il capitano Javier Zanetti, ma anche Rocco Di Stasi, impiegato dell’Inter, Alessandro Altobelli, il mitico «Spillo», Fausto Sala, direttore responsabile del centro coordinamento tifosi dell’Internazionale, Fausto Salsano, allenatore in seconda e assistente tecnico, Marco Materazzi, un non meglio identificato giornalista sportivo che si chiama Bruno e Alfredo Granconato, della ditta «Granconato Impianti srl». Da un paio di giorni quasi duemila conversazioni intercorse tra Brescia e Bizzozzero con Mancini e soci, qualcosa come una quindicina di volumi, sono arrivate in Procura a Milano e toccherà ora al sostituto procuratore antimafia Marcello Musso decidere che farne. Per i carabinieri del Ros, che all’inchiesta—fiumi di cocaina e ottanta indagati — lavorano in silenzio da un paio d’anni, le telefonate intercettate sulle utenze dei due pregiudicati non hanno evidenziato alcuna responsabilità penale riferibile agli interlocutori, ma sarà proprio il magistrato a dover stabilire se stralciare le intercettazioni dal fascicolo originario oppure proseguire con altri accertamenti.

Con gli interisti, Brescia e Bizzozzero parlerebbero di un po’ di tutto. Di donne, di auto, di costosissimi orologi, di biglietti per lo stadio, di telefonini, di calciomercato, di formazione e di scudetto. Siamo nell’ottobre del 2006, l’11, il 18 e il 26, quando mister Mancini viene intercettato al telefono con il latitante Daniele Bizzozzero. «Quando torni?», gli chiede il Mancio. E quello: «Sto aspettando la Cassazione, magari ce la faccio per Natale...». Poi i due parlano di Brescia, al quale, il giorno dopo, il nocchiero dei nerazzurri domanda un aiuto rapido per fare aggiustare la macchina della moglie. Così come gli chiederà due «stampelle» con urgenza. Roba per gli abiti, perché oltre a spacciare cocaina e a concludere affari strani Brescia si occupa davvero di abbigliamento. Tra Brescia e mister Mancini i carabinieri registrano la prima telefonata il 15 giugno del 2006, l’ultima è del 19 aprile 2007. In una di queste l’allenatore chiederebbe a Brescia che fine avrebbe mai fatto proprio Bizzozzero. «L’hanno arrestato », gli comunica Brescia, il «Dome, come lo chiamano tutti alla Pinetina. «E come mai? Sempre per quella cosa? Era a Montecarlo poi è andato a Parigi... gielo avevo detto di stare lì ad aspettare l’indulto...». Allora Brescia interrompe Mancini e taglia corto: «Quello è uno stupido». E il Mancio: «Con me si era sempre comportato bene... ma quanto deve scontare? ». Cinque o sei anni, risponde il «Dome». Ma agli atti della Procura è finito anche un mms spedito al mister dei nerazzurri dal solito Brescia. È la foto di una bella donna, amica di Brescia, col seno al vento.

Ma il «Dome» si sente spesso con Rocco Di Stasi, il dipendente dell’Inter che si lamenta perché dovrebbe, dato il ruolo, guadagnare molto di più. In una circostanza Brescia e Di Stasi discutono di un sacco che l’interista avrebbe sistemato nell’auto del pregiudicato. «Quella roba lì, guardalo bene, che c’è i brillanti di... lì c’è scritto tremila e cinquanta... duemila e cinque dobbiamo prenderli eh, perché quella non è roba... quella è roba regolare, a posto eh...». E Domenico Brescia, il sarto servizievole indagato per cocaina, risponde: «Sì sì. Tranquillo. Ci penso io».

08 maggio, 2008

C'ERA UNA VOLTA UN SOGNO CHIAMATO MILAN

Presidenza del Milan: la lettera di Sivio Berlusconi.

L'assunzione dell'incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri mi impone, ai sensi della legge 215/2004, di rassegnare le dimissioni dalle cariche sociali. Con vivo rammarico, pertanto, rassegno con effetto immediato le dimissioni dalle cariche di Presidente e di Consigliere della Società A.C. MILAN S.p.A.

Cordialmente
Silvio Berlusconi

dal sito ufficiale, AcMilan.com

05 maggio, 2008

CAMPAGNA ELETTORALE (fine)

Berlusconi: Ronaldinho non serve, ci basta il nostro SuperPippo.

[LaStampa.it] Da Ronaldinho a Inzaghinho. Euforico per il successo nel derby, Silvio Berlusconi annulla i buoni propositi preelettorali e stravolge le strategie di mercato. «Sono stato sempre dubbioso su Ronaldinho e a maggior ragione adesso - ha detto ai microfoni di Sky -. Credo che non ne abbiamo bisogno». Lo spogliatoio del Milan esulta, i tifosi un po’ meno. L’acquisto sbandierato prima del voto politico viene ridimensionato. «Presidente, presidente, ci compri Dinho» chiedevano anche ieri quelli della tribuna d’onore a Berlusconi. Due settimane fa la risposta consegnata al popolo era: «Siamo in pole position, penso proprio che arriverà». Ora la versione presidenziale è diventata: «Ma che ce ne facciamo? Abbiamo Inzaghi». I numeri certificano che Superpippo ha ancora colpi in canna da grande fuoriclasse: in cinque gare consecutive ha segnato nove gol.

La preclusione riguarda soltanto Ronaldinho o il dietro front apre le porte a una prima punta di peso come da mesi si augura Ancelotti? Adriano Galliani lascia intendere che il tecnico potrebbe essere accontentato: «Sono un appassionato di calcio brasiliano e penso che Kakà giochi meglio con un prima punta come Pippo, piuttosto che con Robinho e Ronaldinho». Ancelotti si allinea al pensiero societario e incrocia le dita: magari invece che Shevchenko e Ronaldinho arriverà il suo giocatore preferito: Drogba. Il brasiliano del Barça prima sembrava una necessità, adesso è quasi un oggetto scomodo (e conteso dall’Inter). I maligni insinuano che sia stata solo una mossa elettorale, il Milan invece sostiene che sono cambiate alcune prerogative fondamentali: il prezzo del suo cartellino e l’umore dello spogliatoio. Ipotesi numero due: che sia un modo per fare diminuire le pretese del Barcellona? Bronzetti aspetta di conoscere la reazione di Laporta per relazionare a Galliani. Berlusconi non vuole pagare i 40 milioni chiesti dal club catalano e forse prova la strategia della retromarcia per ottenere uno sconto. Chi segue il Milan da vicino ha già detto a Berlusconi che servono investimenti pesanti per ringiovanire la rosa.Il primo colpo è stato messo a segno: tra giovedì e venerdì è arrivata la firma dello svincolato Flamini. È costato euro zero, ma prenderà un bello stipendio: 4,5 milioni per quattro anni. Il francese è atterrato ieri sera a Milano, ha cenato con Galliani e oggi sarà sottoposto alle visite mediche. L’ad rossonero è euforico: «Era conteso da tutti, l’ultima settimana si è scatenato l’inferno». La rifondazione milanista parte dall’ex centrocampista dell’Arsenal che anche la Juve voleva.

Berlusconi ieri era troppo felice per essersi riaffacciato alla zona Champions per addentrarsi nelle vicende di mercato. Il presidente ha lasciato lo stadio soddisfatto (ma nello spogliatoio ha sgridato Pato: «Dovevi entrare più deciso in partita»). «Nel finale c’è stato un grande batticuore, mi sono emozionato e stancato più negli ultimi 10 minuti che nei mesi di campagna elettorale» ha raccontato ai microfoni di Milan Channel. Poi, prima di salire in auto, ha commentato: «Era il derby che sognavo, il Milan ha giocato da Campione del mondo, in grande spolvero e con un fraseggio sensazionale. Potevamo vincere la partita solo in questo modo, con la nostra tecnica, considerando anche che loro avevano messo un uomo in marcatura su Pirlo». L’ultimo pensiero è andato a Inzaghi: «È un grande. Lo sappiamo tutti, magari trovassimo una clinica per ringiovanirlo». E la Champions? Berlusconi fa lo scaramantico: «Non dico nulla, incrociamo le dita. Nel frattempo faccio gli auguri all’Inter: domenica vincerà di sicuro lo scudetto».

01 maggio, 2008

C'ERA UNA VOLTA UN PRESIDENTE

Gli stimoli di Ronaldinho.

Il caso Ronaldinho è più interessante di altri analoghi, anche degli altri riguardanti il Milan, perché smaschera in maniera brutale i meccanismi dell'informazione non solo italiana. Il punto di partenza è che il ventottenne brasiliano è stato un fenomeno fino ad un anno fa, quando l'appagamento (ha vinto tutto, dal Mondiale alla Champions, passando per i premi personali) sportivo ed una vita fuori dal campo che farebbe sembrare Adriano un penitente con il cilicio lo hanno fatto scivolare via dal Barcellona e dal calcio vero. Complici anche piccoli e medi infortuni, comunque non tali da poterlo definire rotto. L'altro grande partente Rijkaard ha spiegato che Ronaldinho merita di giocare una partita d'addio con i blaugrana ed il Barcellona lo sta da mesi offrendo a mezza Europa: ma Abramovich, inebriato dalla Kalinka cantata dai tifosi del Chelsea, non è quello di due anni fa, le altre big inglesi non sono interessate (la più circuibile sembra il Manchester City del dopo Ericsson), in Italia Moratti lo apprezza ma non sa cosa fare di Mancini (che ha avuto referenze pessime e nella remota ipotesi che rimanga all'Inter, come scommessa preferirebbe Cassano) mentre al Milan lo vuole fortemente solamente una persona, che per sfortuna di Ancelotti, anzi di Lippi, si chiama Silvio Berlusconi.

Per una cifra vicina ai 20 milioni, di solo cartellino, l'affare si può fare, e per una volta la stampa sportiva non mente dicendo che da mesi la società rossonera ha in mano il giocatore. L'aspetto mediaticamente ridicolo della questione è evidente leggendo i giornali spagnoli ed italiani: il Barcellona deve far sembrare un grande affare la sua partenza, per questo i media della casa hanno dato grande risalto alle parole di Beguiristain sul prezzo fissato a 50 milioni, ma certi giorni 40 ed altri 60, ben sapendo che la realtà sta a livelli molto inferiori. Dall'altro lato, i giornalisti di osservanza gallianiana devono far sembrare un colpo fenomenale l'ingaggio di un giocatore grande, potenzialmente ancora grandissimo, ma che a parte Berlusconi non vuole letteralmente nessuno. Ed allora è tutto un susseguirsi di improbabili aste, offerte a sorpresa, blitz in ristoranti dove tossici italiani in camicia bianca ed escort moldave in microgonna nera fanno da contorno a trattative interminabili che in realtà si potrebbero chiudere in un minuto. Mentre incolpevoli aragoste muoiono in un modo atroce, che non augureremmo nemmeno ad un serial killer, e vengono anche avanzate sul piatto da questa feccia (escort moldave a parte) dell'umanità.

La verità non scrivibile, ma ben raccontata ai tavoli degli amici (non paganti) degli amici (paganti), è che mezzo Milan pensa che Berlusconi non abbia più il polso della situazione e che sia calcisticamente fuori di testa: di qui le amare interviste di Gattuso, pronto a trasferirsi al Manchester United, i messaggi per niente in codice di Pirlo e Seedorf, ma soprattutto i missili di Ancelotti contro Ronaldinho. Quale allenatore convinto di restare direbbe mai del sogno presidenziale: "Due anni fa lo volevano tutti" e "Ronaldinho serve se lavora"? Non esattamente un benvenuto, ma il pensiero di campioni che vorrebbero rimanere al Milan e che non possono dire queste cose ad alta voce. In mezzo sta Galliani, che la pensa una volta tanto come Ancelotti e che prova a cavalcarlo per non doversi esporre lui con il capo. In 'mezzissimo' il solito Bronzetti, perché forse il numero telefonico del Barcellona è stato tolto dall'elenco... Previsioni? Sull'esito finale, impossibili: il Milan ce l'ha in mano, ma come abbiamo visto, gran parte dell'ambiente rema contro il volere di Berlusconi. Se Ronaldinho non arriverà sarà tutto un fiorire di articoli sulla sua vita privata scandalosa, mentre per l'integerrimo Sacchi vale la tutela della privacy; se invece arriverà sarà per rilanciarsi, perché è motivatissimo e la Coppa Uefa lo riempie di stimoli.

di Stefano Olivari, su La Settimana Sportiva