01 maggio, 2008

C'ERA UNA VOLTA UN PRESIDENTE

Gli stimoli di Ronaldinho.

Il caso Ronaldinho è più interessante di altri analoghi, anche degli altri riguardanti il Milan, perché smaschera in maniera brutale i meccanismi dell'informazione non solo italiana. Il punto di partenza è che il ventottenne brasiliano è stato un fenomeno fino ad un anno fa, quando l'appagamento (ha vinto tutto, dal Mondiale alla Champions, passando per i premi personali) sportivo ed una vita fuori dal campo che farebbe sembrare Adriano un penitente con il cilicio lo hanno fatto scivolare via dal Barcellona e dal calcio vero. Complici anche piccoli e medi infortuni, comunque non tali da poterlo definire rotto. L'altro grande partente Rijkaard ha spiegato che Ronaldinho merita di giocare una partita d'addio con i blaugrana ed il Barcellona lo sta da mesi offrendo a mezza Europa: ma Abramovich, inebriato dalla Kalinka cantata dai tifosi del Chelsea, non è quello di due anni fa, le altre big inglesi non sono interessate (la più circuibile sembra il Manchester City del dopo Ericsson), in Italia Moratti lo apprezza ma non sa cosa fare di Mancini (che ha avuto referenze pessime e nella remota ipotesi che rimanga all'Inter, come scommessa preferirebbe Cassano) mentre al Milan lo vuole fortemente solamente una persona, che per sfortuna di Ancelotti, anzi di Lippi, si chiama Silvio Berlusconi.

Per una cifra vicina ai 20 milioni, di solo cartellino, l'affare si può fare, e per una volta la stampa sportiva non mente dicendo che da mesi la società rossonera ha in mano il giocatore. L'aspetto mediaticamente ridicolo della questione è evidente leggendo i giornali spagnoli ed italiani: il Barcellona deve far sembrare un grande affare la sua partenza, per questo i media della casa hanno dato grande risalto alle parole di Beguiristain sul prezzo fissato a 50 milioni, ma certi giorni 40 ed altri 60, ben sapendo che la realtà sta a livelli molto inferiori. Dall'altro lato, i giornalisti di osservanza gallianiana devono far sembrare un colpo fenomenale l'ingaggio di un giocatore grande, potenzialmente ancora grandissimo, ma che a parte Berlusconi non vuole letteralmente nessuno. Ed allora è tutto un susseguirsi di improbabili aste, offerte a sorpresa, blitz in ristoranti dove tossici italiani in camicia bianca ed escort moldave in microgonna nera fanno da contorno a trattative interminabili che in realtà si potrebbero chiudere in un minuto. Mentre incolpevoli aragoste muoiono in un modo atroce, che non augureremmo nemmeno ad un serial killer, e vengono anche avanzate sul piatto da questa feccia (escort moldave a parte) dell'umanità.

La verità non scrivibile, ma ben raccontata ai tavoli degli amici (non paganti) degli amici (paganti), è che mezzo Milan pensa che Berlusconi non abbia più il polso della situazione e che sia calcisticamente fuori di testa: di qui le amare interviste di Gattuso, pronto a trasferirsi al Manchester United, i messaggi per niente in codice di Pirlo e Seedorf, ma soprattutto i missili di Ancelotti contro Ronaldinho. Quale allenatore convinto di restare direbbe mai del sogno presidenziale: "Due anni fa lo volevano tutti" e "Ronaldinho serve se lavora"? Non esattamente un benvenuto, ma il pensiero di campioni che vorrebbero rimanere al Milan e che non possono dire queste cose ad alta voce. In mezzo sta Galliani, che la pensa una volta tanto come Ancelotti e che prova a cavalcarlo per non doversi esporre lui con il capo. In 'mezzissimo' il solito Bronzetti, perché forse il numero telefonico del Barcellona è stato tolto dall'elenco... Previsioni? Sull'esito finale, impossibili: il Milan ce l'ha in mano, ma come abbiamo visto, gran parte dell'ambiente rema contro il volere di Berlusconi. Se Ronaldinho non arriverà sarà tutto un fiorire di articoli sulla sua vita privata scandalosa, mentre per l'integerrimo Sacchi vale la tutela della privacy; se invece arriverà sarà per rilanciarsi, perché è motivatissimo e la Coppa Uefa lo riempie di stimoli.

di Stefano Olivari, su La Settimana Sportiva

1 commento:

Anonimo ha detto...

Stefano Olivari è un giornalista troppo sincero per meritarsi una redazione che conta. La sua descrizione è cruda e beffarda ma vera. Su una cosa dissento. Che il pelato abbia una idea in testa. Di calcio-mercato non capisce una mazza e per lui il dentone è un fenomeno se lo dice il capo. Quanto ad Ancelotti, certe prese di distanza dicono una cosa sola: se ne vuole andare perché ha capito che la squadra è marcia e nessuno vuole rifondarla.
Anni di merda ci aspettano!

Danielone