01 agosto, 2006

IL SISTEMA MILAN

Quando penso ai sette anni rossoneri di Shevchenko, resto immancabilmente avvilito difronte ad un banale rilievo statistico: titoli vinti in Italia, 1. Uno, il campionato 2004 (le varie coppe Tim contano solo nella bacheca degli Onesti). Un titolo in sette anni! E parlano di patto d'acciaio. E raccontano di scudetti spartiti come le fette di una torta. Chiunque abbia seguito con occhio minimamente imparziale le vicende della stagione che è oggetto di indagine (il 2004/2005) non potrà fare a meno di ricordare una sequenza impressionante di "sviste arbitrali" che ebbero l'esito, da un lato, di consolidare la posizione di primato della Juventus di Capello e, dall'altro, di fiaccare l'inseguimento (prima dell'aggancio in vetta) e la resistenza (nel testa a testa finale) dell'unica antagonista per la corsa al titolo: sempre e solo il nostro Milan. Avendo ora mai letto e riletto tutte le intercettazioni telefoniche, risulta persino superfluo menzionare gli episodi di Bologna (arbitro Pieri), di Torino nello scontro diretto (arbitro Bertini), di San Siro contro lo stesso Bologna (arbitro De Santis) e la già celeberrima sconfitta di Siena, dopo il latrocinio bianconero dell'Olimpico e del Bentegodi. Solo per dire dei casi più eclatanti. Alla medesima conclusione era giunta la procura di Napoli, se è vero che l'indagine "Off side" dedica al Milan un capitolo che in premessa chiarisce quanto segue: «Gli elementi acquisiti rafforzano il dato investigativo complessivamente emerso, circa il consolidato sistema di strapotere che Luciano Moggi esercita sull'intero settore calcistico, ponendo maggiormente in rilievo una situazione resa ancor più allarmante dall'esclusività di un tale potere, al quale non corrisponde un contraltare, non si affianca alcuna forza capace comunque di contrastarlo».

A cosa si riferisce, pertanto, il capo Ufficio Indagini Borrelli quando teorizza, a sorpresa, l'esistenza di un Sistema Milan, in tutto e per tutto antagonista del Sistema Moggi? La risposta è da leggersi fra le righe, ma è sufficiente ancora una volta concentrare lo sguardo sulle premesse: «La fitta rete dei rapporti intercorsi tra soggetti a vario titolo partecipanti al mondo del calcio, trova origine e spiegazioni in un contesto ben più ampio che ruota attorno a temi sportivi ed economici: in particolar modo, l'attenzione dovrà essere posta prioritariamente sulle tematiche della ripartizione dei diritti televisivi, delle procedure di iscrizione ai campionati, del "mercato" dei calciatori». Ecco dunque il nodo della questione: i diritti televisivi. Big Luciano aveva inquadrato il bersaglio già nel 1990, dopo gli episodi indecorosi di quel famoso Atalanta-Napoli vinto a tavolino grazie alla sceneggiata di Alemao e Carmando. Prima della sentenza del giudice sportivo, l'allora direttore sportivo azzurro si era scagliato contro Berlusconi: «Forse lui pensa di influenzare i giudici, ma invece può solo influenzare la gente con quelle sue televisioni che parlano di monetine». E dopo la sentenza: «Noi del Napoli non abbiamo intenzione di replicare ai tentativi di condizionamento messi in atto dal Milan con potenti mezzi, incluse le televisioni private». Sedici anni dopo, sono cambiate le divise sociali ma la musica è la stessa. In estrema sintesi, se oggi ci ritroviamo sul banco degli imputati e oltre al danno del tricolore sfilato (ancora una volta) da Moggi dobbiamo subire le beffe della giustizia sportiva, la colpa non è poi tanto del ristoratore di Lodi e delle sue telefonate malandrine.

Riporto integralmente da La Voce della Campania, a firma Marco Liguori.

Sono le somme percepite in anticipo dai diritti tv a far comprendere quanto la Juve sia un potere forte. La società ha incassato con un anticipo di due anni i diritti televisivi satellitari criptati delle partite casalinghe, oltre al corrispettivo di alcuni contratti commerciali: il beneficio economico, rilevabile alla voce risconti passivi nel 2002/2003 è ammontato a 165,34 milioni, mentre nel 2001/2002 è stato di 151 milioni. Il bilancio chiuso al 30 giugno 2005 evidenzia un dimezzamento (71,32 milioni) dei risconti passivi dai 140 milioni della stagione precedente: la loro quasi totalità è costituita dalla cessione in anticipo dei diritti ceduti a Sky per la stagione 2005/06 e «dalla fatturazione anticipata dei proventi derivanti dalla cessione dei diritti tv per la diffusione via digitale terrestre» per le partite casalinghe della stagione 2005/06. Questi ultimi importi derivano da Mediaset. La spiegazione di questo grazioso regalo è contenuta a pagina 10 del prospetto informativo della quotazione in borsa della Juve, datata dicembre 2001. In esso si sottolinea che il club bianconero fa parte del «gruppo di società facenti capo alla società Giovanni Agnelli &C». Il passo più importante è però questo: «Ove la società non facesse più parte del gruppo, i vantaggi connessi a tale appartenenza potrebbero venire meno con possibili ricadute sull'operatività e sui progetti di sviluppo della società e, quindi con possibili effetti negativi sui risultati economico-finanziari». Tradotto dal borsese, ciò significa che i trattamenti di favore alla Juve derivano soltanto dalla sua appartenenza al gruppo Agnelli. Moggi ha parlato anche del sistema Milan e del potere di chi possiede le tv, ossia Mediaset (controllata dalla Fininvest). Anche qui Lucianone ha dimenticato un particolare. Una delle prove evidenti del patto d'acciaio Juve-Milan, ossia tra Agnelli-Berlusconi, è sottolineato dal diritto di prima negoziazione sottoscritta da Mediaset con i bianconeri. Questa clausola era contenuta nell'accordo siglato il 28 giugno 2004, ossia due giorni prima della chiusura del bilancio Juve, e consiste nel diritto per la società del gruppo Fininvest di sedersi per prima al tavolo con la Juve pagando 20 milioni di euro e pagandone invece soltanto 12 milioni (ossia 4 all'anno) per le stagioni 2004-2005, 2005-2006 e 2006-2007 per i diritti digitale terrestre, cavo e Adsl. Il motivo di quei 20 milioni versati da Mediaset è presto spiegato: si sono potuti contabilizzare subito nell'esercizio 2003/04, riducendo così proprio di 20 milioni le perdite della società bianconera. Invece, i restanti 4 annui si possono contabilizzare soltanto in ciascun esercizio successivo. Con questo trattamento di favore, la Juve ha ridotto in quell'anno le perdite chiudendo l'esercizio con un rosso di soli 17 milioni di euro.

E dunque, il patto d'acciaio non era fra Juventus e Milan, ma fra Giovanni Agnelli & C. e Mediaset. E il conflitto d'interessi (che abbiamo pagato sul campo e continuiamo a pagare a caro prezzo) non era fra il Galliani presidente di Lega e il Galliani amministratre delegato del Milan, ma fra il capo della Lega e il dirigente Fininvest. Ecco finalmente spiegato il "sofferto silenzio" difronte agli abusi settimanali perpetrati sul campo, a danno del Milan e non certo di Mediaset, dal sistema arbitrale controllato da Moggi. A tanto ha portato l'evoluzione dei club di football da società sportive a società per azioni: le ragioni del bilancio prevalgono sulle ragioni del campo. Con buona pace del Popolo Rossonero.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

25/09/2006 Gag Berlusconi-Carmando: «Complimenti, mi ha fregato uno scudetto» (Gazzetta dello Sport)

Sono passati anni, ma non ha dimenticato. «Complimenti, è lei che ha detto "buttati giù" a quello là. Mi ha fregato uno scudetto». Così Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia e presidente del Milan, ha rievocato con Salvatore Carmando, storico massaggiatore del Napoli, la vicenda centrale nell'assegnazione dello scudetto 1990-91 alla squadra di Maradona, che si classificò proprio davanti al Milan. Si giocava a Bergamo, contro l'Atalanta. Il centrocampista del Napoli Alemao fu colpito alla testa con una monetina. Mentre stava per rialzarsi, Carmando, come rivelarono le immagini televisive e la lettura del labiale, gli disse di buttarsi a terra. Partita vinta, scudetto pure.
L'occasione per rievocare l'episodio è stata offerta dalla consegna da parte di Berlusconi a Carmando della medaglia della Buona Stella, in occasione della festa di Forza Italia che si è svolta alle Terme di Agnano. Berlusconi ha dato a Carmando la possibilità di rimediare. «Ho giocato a calcio con Tony Blair che mi ha dato un calcio assassino al ginocchio sinistro. Potrebbe darmi una controllatina?». E Carmando si è prestato al gioco mimando un massaggio al ginocchio. Divisi da quello scudetto, Berlusconi e Carmando si sono ritrovati uniti nel giudizio sullo scandalo che ha rimescolato le carte del campionato: quando Berlusconi, nella inedita veste di intervistatore, ha chiesto all'ex massaggiatore del Napoli cosa pensasse, la risposta è stata «meglio non parlarne». E l'ex premier ha subito convenuto: «Meglio non parlarne, una montatura enorme».

(da: www.goal.com)

TheSteve ha detto...

Che cos'è la Giovanni Agnelli e C., la società in accomandita per azioni che riunisce i dieci rami delle dinastie Agnelli, Nasi e Camerana, (24 gennaio 2003).

Sono 80 i soci accomandanti (comprese le intestazioni societarie) della "Giovanni Agnelli e C.", la società in accomandita per azioni che riunisce i dieci rami delle dinastie Agnelli, Nasi e Camerana.

- LA DATA DI NASCITA - L' accomandita, voluta da Giovanni Agnelli e studiata dall' avvocato Franzo Grande Stevens, è stata costituita nel 1987 per sottrarre il controllo del vasto impero industriale degli Agnelli al pericolo della polverizzazione del patrimonio. Custodisce il 100% delle azioni ordinarie Ifi.

- LE QUOTE - La Dicembre S.S. ha il 30,1% delle azioni dell' accomandita, la fetta più consistente. Fa capo a Giovanni Agnelli, che ha anche una piccola quota (0,5%) in proprio. La figlia Margherita e i nipoti John Philip, Lapo e Ginevra Elkann hanno 1 azione ciascuno. Gli altri gruppi più consistenti di azioni sono quelli di Maria Sole Agnelli (10,5%), degli eredi Giovanni Nasi (10%) e Laura Nasi (9,8%), di Umberto Agnelli e figli (8,3%, più un 1% detenuto tramite la Simon fiduciaria). A Susanna Agnelli e figli fa capo il 6%, a Cristiana Agnelli e figli il 5,7%, a Clara Agnelli e figli l' 1,7%, agli eredi di Emanuele Nasi il 3,8%.

- LE CARICHE - Giovanni Agnelli è presidente del consiglio degli accomandatari di cui fanno parte il fratello Umberto, il nipote Jonh Elkann, Paolo Fresco, Gabriele Galateri e Gianliuigi Gabetti. C 'e' un posto lasciato recentemente vacante dallo scomparso Carlo Camerana.

- LO STATUTO - La presidenza è affidata a Giovanni Agnelli, la vicepresidenza al fratello Umberto, cui spetta la guida "in caso di assenza o impedimento" dell' Avvocato, la cui quota azionaria è indispensabile per prendere le decisioni più importanti.

da: www.kataweb.it