Il Balon d'Or torna a casa. Ma quale casa troverà? Per due lunghi, orribili anni abbiamo sognato ad occhi aperti di vivere una serata come quella di oggi. In principio, era pura e semplice utopia. L'estate scorsa ci eravamo quasi affezionati all'dea, prima di accorgerci del copione mediatico sottostante. Questa estate, in tutta onestà, avevamo smesso di crederci ben prima che il copione ci venisse riproposto, tale e quale a un anno fa. Di più, avevamo iniziato a sognare per Sheva un epilogo migliore: lontano dai livori del sordido Ancelotti, lontano dalle grinfie delle putrescenti cariatidi di Milanello (e cartastraccia circostante), lontano dai ghigni grotteschi del brianzolo Galliani. Avevamo sperato in una svolta inattesa, una nuova pista di mercato. Magari una luminosa redenzione sotto il sole caldo di Barcelona, nella splendida casa del Camp Nou... perché no, con il benefit di quella dimora da sogno a picco sul mare liberata proprio dall'ultimo fenomeno da baraccone di Bronzetti. Comunque fosse, lontano dalle macerie di questo povero Diavolo. Che non è più il Milan di Sheva, e purtroppo non è più il nostro Milan.
Shevalove ha raccontato, dal 2005 ad oggi, la decadenza di un club che forse più di ogni altro in Italia ha interpretato il crepuscolo di un movimento sportivo, e volendo allargare ancora oltre l'orizzonte, il declino di una società civile. Restano solo disgusto e imbarazzo per questa dirigenza, per questo allenatore, per questi giocatori e per questo pubblico. Né dignità né onore per i nostri colori. Ma il Balon d'Or torna a casa. Ed un altro cerchio (forse l'ultimo) si chiude, per questo
gruppo di uomini ostinati e predestinati. Resteremo in silenzio, a guardare. Da debita distanza. Siamo intimamente convinti che il ritorno sia un azzardo: perché due anni di sostanziale inattività pongono un'incognita, e soprattutto perché il contesto ambientale è il medesimo che due anni fa aveva creato le condizioni per il doloroso distacco. Il rischio concreto è che il Balon d'Or diventi il bersaglio principale ed il capro espiatorio di una nuova stagione fallimentare. Ma il calcio, si sa, è una scienza inesatta. E allora resteremo in silenzio, ad osservare e a sperare che il dio del pallone faccia accadere di nuovo
la magia, e possa riaccendere la passione per la maglia e l'emozione inconfondibile che solo il
7 Rossonero ci può regalare. Comunque andrà, BENTORNATO AMATISSIMO CAMPIONE!