29 ottobre, 2005

MILAN 3 - JUVENTUS 1

(14 PT) Seedorf, (26 PT) Kakà, (45 PT) Pirlo, (31 ST) Trezeguet.

Li abbiamo ridicolizzati con Dida, Stam, Nesta, Maldini, Serginho, Gattuso, Pirlo, Seedorf (Kaladze dal 39 ST), Kakà, Inzaghi (Vieri dal 24 ST), Gilardino (Cafu dal 34 ST).

Il tema tattico: la Juve è lenta, il Milan è hard rock! La notte delle streghe di Halloween si consuma a San Siro con una luna di anticipo. Lezione di calcio: ancora una volta, Capello esce a testa bassa dal confronto con Ancelotti (parziale di 7 vittorie a 3), la sua squadra ridimensionata. Diabolico pensare di demolire la spocchiosa capolista con le sue stesse armi: aggressività all'eccesso e intensità mentale assoluta. Un solo calo di tensione, a un quarto d'ora dalla fine, regala un golletto alla "bandiera senza colori" e cancella l'imbarazzante 0 dietro al 3 dei gol subiti: episodio che premia la Vecchia Signora (...Patrizia?) ben oltre i suoi meriti, se è vero che l'armata invincibile (9 successi in sequenza dal via del campionato, contro le scartine della Serie A: quanto basta affinché il foglio rosa strillasse al miracolo...) non entra mai in lizza. Dieci minuti di studio per non commettere il primo errore, poi partono i fuochi d'artificio. Lo stratega Don Fabio l'aveva pensata grossa: Zambrotta traslocato a destra per arginare il fiume in piena di Sergio e Clarence; a sinistra basterà il grigio Pessotto, in assenza di Cafu... E allora Carlone manda Riccardino a fantasticare su quell'ala: proprio dalle corsie esterne parte l'urto devastante che spazzerà via la Juve. Temevamo il loro strapotere al centro, ma è in mezzo al campo di battaglia che abbiamo sovrastato i fenomeni Emerson e Vieira con un Sindaco di dimensioni esorbitanti: anima e ringhio della squadra, trasforma la notte umida di fine ottobre in una bolgia di fuoco e fiamme... Inferno Rossonero! Davanti è prezioso e oscuro il logorio incessante perpetrato dai nostri Super alter-ego, Pippo & Gila, che manda in corto circuito il sistema nervoso della Goeba. Dietro è esemplare la prova della linea difensiva: il capitano sterilizza lo slavo-svedese con la complicità di Sandronesta, sulle laterali Sergio si conferma diligente nel ruolo di terzino puro, mentre Stam spazza senza pietà ogni briciola lasciata a terra dagli avversari (inclusa una parrucca gialla nel secondo tempo). E Pirlo torna ad essere se stesso, per la prima volta nella stagione: fuoriclasse assoluto, illumina, dirige e finalizza come un chirurgo. Per una notte, ci siamo travestiti da qualcosa che non siamo, senza risparmiare i colpi bassi. Ma la Juve di Capello si batte così. Peccato non avere avuto la forza di farlo anche l'8 maggio scorso.

Gli episodi chiave: ecatombe bianconera, malgrado Bertini. Ci ha provato anche quest'anno, come dodici mesi fa, a dirigere la gara verso il risultato che sapeva lui: il pari, l'unico sostenibile da una Juve in netto calo atletico, ora come allora. E come dodici mesi fa, in campo ha giocato una squadra sola. Al Delle Alpi uscimmo mortificati dagli episodi, con l'illusione di avere portato a casa un punto comunque prezioso. Quest'anno la sorte ci ha restituito il maltolto, e con mano pesante ha punito: ferocemente e splendidamente sotto la curva nord, imbrattata di bianco e nero. A scansione regolare di un quarto d'ora, le stilettate che hanno scritto la parola fine sull'imbattibilità degli undici piemontesi tosti. Tre esecuzioni in 45 minuti: tale è la dimensione dell'ecatombe, per chi nei 9 turni precedenti ne aveva patite soltanto due! E uno: il Gila nasconde la palla a Thuram dentro l'area di rigore e chiude la triangolazione allo Zionero, che quando vede gobbo carica il suo destro più mortifero: piedino del francese e... pluff, parabola letale per Chimenti. E due: Riccardino prende i calcioni sulla fascia, palla in mezzo e mischia risolta con un tocco loffio dal napoletano: a centro area c'è ancora musica e magia, per una demi-volée che manda la biglia sotto il legno lungo. E tre: altri calcioni a Kakà, altra punizione. Va Pirlo con la faccia di chi la vuole mettere di nuovo al centro, Chimenti si sposta sul secondo palo e... zot, parte la rasoiata maligna sul primo. Apoteosi rossonera e si abbassano gli altri vessilli in un muro di silenzio. Intanto in campo, ai capelliani salta la vena e allora ci pensa Bertini: calcolo non meno di quattro gialli sottratti ai campioni d'Italia, dei quali due avrebbero fruttato il rosso nell'arco dei novanta minuti. Eresia che uno squadrista come Emerson finisca la gara con la fedina penale intonsa. Emblematico l'episodio di fine tempo: Chiellini porta via un pallone con il braccio (solare dalla mia posizione) e punta Sandronesta, che lo affronta in tackle: punizione contro e ammonizione! In quel momento il recupero è scaduto, ma vuoi negare alla Juve l'opportunità di rientrare in gara a bocce ferme? Ritenta Bertini! sarai più fortunato... A testa bassa nel tunnel. Il secondo tempo è uno stillicidio di giochi sporchi per manifesta inferiorità tecnica e tattica: ci pestano come fabbri, secondo le migliori tradizioni. In successione: gomitata di Thuram sulla tempia del Gila, Bertini a cinque metri: bene così. Nedved cammina sulla schiena del Sindaco, steso a terra: tutto regolare. Mutu carica Nesta in area e con un calcio in ricaduta tenta di colpire la mano protetta dal tutore: vede rosso persino Dida, e ho detto tutto. Nervi tesi? è il segno della resa.

La tribuna di Steve: hic et nunc, dimenticare Ataturk. C'era una volta la Juve e adesso non c'è più. "Abbiamo preso gol in un momento di gioco in cui il Milan non esisteva proprio. Il secondo, due rimpalli... Perché abbiamo perso? semplice, i loro tiri sono finiti in porta e i nostri no". Ipse dixit. Che il grande allenatore sia un piccolo uomo è un fatto di pubblico dominio. Ma le parole biascicate da Mister "Io? mai alla Juve!" sono la riprova che l'uno-due-tre in un tempo e la sistematica demolizione di tutte le certezze bianconere (il centrocampo mondiale, il fenomeno Ibrahimovic, la difesa impenetrabile) hanno squarciato in profondità una coscienza già scossa dalla batosta di Champions contro il Bayern. Il tempo dirà in che misura i segni della devastazione produrranno danni al loro sistema neurale. Dal canto nostro, possiamo sotterrare per sempre i fantasmi di Istanbul: essere andati al riposo, di una gara che vale da sola come mezza finale per il titolo, con il vantaggio sinistro di tre reti ed essere tornati sul campo con il triplo della determinazione e della concentrazione, senza concedere un tiro fino a un quarto d'ora della fine, è sintomo della piena guarigione. Anche dopo il gol di Trezeguet, abbiamo tenuto gli oppositori al largo da Dida. Vittoria fondamentale, dunque, per l'identità del gruppo, per la consapevolezza dei valori caratteriali oltre che tecnici della squadra. Non ci saranno sempre strisce bianconere davanti agli occhi, ma è importante capire che certi duelli si devono combattere di spada più che di fioretto. Milan-Juventus è la storia del calcio italiano: i nostri grandi valori romantici contro la loro ferrea disciplina militare, i nostri colpi di punta e tacco contro i loro gomiti alti e i calcioni. Parlano i numeri: è la sfida più giocata in Serie A (174 volte), è il confronto fra grandi club più datato (prima edizione nel 1901, a Torino in Piazza della Armi: 3 a 2 per i bisnonni rossoneri), è il derby delle due primatiste nell'albo d'oro del campionato (45 scudetti in un secolo, senza contare coppe e supercoppe). Una contrapposizione senza fine che da sempre è sinonimo di equilibrio (61 vittorie per noi, 68 per loro, 67 i pareggi fra tutte le competizioni). E da sempre, buttare giù la Juve è il primo passo verso la gloria tricolore. Di qui in avanti non resta che continuare a marciare. Intanto scaliamo a meno due, e aspettiamo il Balon d'Or...

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