23 ottobre, 2007

IMMOBILISMO

Crisi Milan, scatta l'ora dei processi.

La crisi di gioco e di risultati della squadra di Ancelotti comincia ad indispettire il popolo rossonero, che punta il dito contro l'immobilismo sul mercato che ha contraddistinto la politica di via Turati nelle ultime due stagioni. Perché se è vero che nella scorsa stagione la penalizzazione e la mancata preparazione estiva fungevano da alibi per il tormentato inizio, quest'anno la scusa non regge più. Il Milan è partito da zero come tutte le altre, dopo una preparazione atletica svolta a pieno ritmo al temine di oltre un mese di vacanza per quasi tutti gli elementi della rosa; 10 punti in sette partite senza nemmeno una vittoria interna, alla luce di ciò, rappresentano una miseria difficilmente giustificabile.

Anche la giustificazione, largamente utilizzata, delle squadre troppo chiuse allorché si presentano a San Siro, a ben vedere, presenta dei punti deboli; perché è vero che per caratteristiche tecniche e tattiche il Milan soffre più di altri la mancanza di spazi, ma è pur vero che in trasferta sono arrivati solo due successi (con Genoa e Lazio), ed in casa i rossoneri si sono trovati in vantaggio sia contro la Fiorentina che contro il Parma, per essere poi raggiunti sull'1-1 a dispetto di una situazione tattica del tutto favorevole. Più utile, allora, puntare il dito su altri fattori, come sta facendo nelle ultime settimane la maggioranza degli osservatori oltre che della tifoseria milanista. La verità oggettiva è che la società è pressoché immobile sul mercato da circa due anni, due anni in cui l'anagrafe ha reso la rosa a disposizione di Ancelotti largamente inferiore ad altre, Inter in primis. Galliani e Berlusconi si sono mossi, con esborsi minimi, solo per Ronaldo ed Emerson, con tutte le incognite fisiche del caso, mentre difesa e centrocampo sono praticamente immutate da due anni (con l'eccezione di Oddo). Se fino all'anno scorso, per fare un esempio, gente come Cafù o Favalli poteva permettere a Oddo e Jankulovski di tirare il fiato, quest'anno risultano praticamente inutilizzabili (del resto fanno 72 anni in due), mentre il mistero legato ad Emerson ripropone il problema di sostituire Pirlo. L'unico investimento di un certo spessore è stato fatto, con i ben noti esiti, per Ricardo Oliveira, costato poco meno di quanto sia costato Ibrahimovic all'Inter.

La Champions League vinta trionfalmente pochi mesi fa ad Atene funge ancora da paravento, ma ha finito per giustificare un immobilismo in sede di mercato che ora viene pagato caro. La prolungata (e preventivabile) assenza di Ronaldo ha costretto Ancelotti ad affidarsi ai soli Inzaghi e Gilardino, alle prese con diversi problemi oltre che troppo simili per giocare insieme, ed i passaggi a vuoto di Dida (con Berlusconi che ammette candidamente di aver rinunciato a Buffon) hanno reso spesso e volentieri il Milan una grande squadra senza portiere né centravanti. Per una squadra costantemente ai vertici del calcio europeo, come giustamente fa notare la dirigenza, non c'è mai stata necessità di una rifondazione; tuttavia almeno un paio di innesti all'anno per ringiovanire ed ossigenare la rosa avrebbero fatto più che comodo, anche perché ora si rischia di dovere procedere davvero ad una rivoluzione visto che l'anno prossimo, dopo Costacurta, lasceranno presumibilmente anche i vari Maldini, Serginho, Cafù, Favalli.

E allora qui sta il punto; l'immobilismo sul mercato è una scelta, come sostiene Galliani, o una necessità dettata dall'attuale gerarchia degli interessi di Berlusconi? Perché è vero che il presidente sostiene da tempo la necessità che il club si regga sulle proprie gambe (leggi: chiuda i bilanci in attivo), ma a nessuno sfugge che a fronte di 45 milioni incassati per la cessione di Shevchenko e dei circa 70 incassati per il successo in Champions League, ne siano stati spesi solo 20 per un pur promettentissimo 17enne, che sarà disponibile solo a gennaio. Peraltro, come ovvio, circolano già i primi nomi per rinforzare la squadra (Frey, Amauri, Drogba), ma si tratta di nomi impossibili da raggiungere a gennaio. Ancelotti spera che il prossimo rientro di Ronaldo ed il valore aggiunto di Pato possano aggiustare le cose, ma l'impressione è che i problemi del Milan vadano al di là dell'assenza dei due brasiliani. E intanto in classifica, oltre alla vetta, si allontana pericolosamente anche l'imprescindibile quarto posto.

di Paolo Viganò, su Sports.it

Il tempo è galantuomo. L'archivio di Shevalove parla. Da due anni.

3 commenti:

TheSteve ha detto...

SE LO DICE ORDINE...

Dal mercato ai cannonieri in crisi i sette peccati capitali del Diavolo, di Franco Ordine

martedì 23 ottobre 2007 - I sette peccati capitali del Milan. Bastano e avanzano per spiegare quel che succede ai campioni d’Europa in queste settimane di buio pesto. Senza cedere al catastrofismo solito né alle indulgenze plenarie che pure sarebbero dovute al club che ha collezionato il maggior numero di trionfi al mondo, più del leggendario Real Madrid.

A Tokio in testa. Il viaggio in Giappone è ancora lontano (metà dicembre) ma resta uno degli obiettivi principali fissati dalla real casa, prima di cominciare la nuova avventura. Il gruppo è in grado di preparare, benissimo, una finale, un appuntamento. Per vincere la corsa a tappe c’è bisogno di maggiori risorse, fisiche e nervose, oltre che tecniche.

B Rosa inadeguata. Il limite dell’attacco non è ingigantito solo dall’infortunio a Ronaldo (tornerà contro la Samp) o dall’attesa per utilizzare Pato (contratto da depositare il 4 gennaio): c’è dell’altro. Inadempienze complessive della rosa che spinge, per esempio, Ancelotti ad utilizzare Ambrosini centravanti contro l’Empoli e a tenere fuori Cafu, Emerson, Brocchi e Gourcuff anche nelle sfide di basso rilievo.

C Questione tattica. Disarmato in attacco, il Milan, nelle partite interne da vincere a ogni costo commette un paio di errori clamorosi: porta avanti quasi tutto il centrocampo e i due difensori laterali, sguarnendo in modo sconcio la difesa, esposta a qualsiasi contropiede. Non solo, ma continua a subire gol dello stesso conio: con cross da destra o sinistra e capocciata o deviazione vincente sul primo o secondo palo (Mutu, Pisano, Martinez, Saudati gli autori in successione). D’altra parte l’elenco dei goleador rossoneri è illuminante: al primo posto c’è Kakà (con 6 reti di cui 4 su rigore), poi Ambrosini e Seedorf con 2, quindi Nesta con una. Degli attaccanti solo Gilardino è presente nella lista (2 timbri alla Lazio), Inzaghi sempre a secco.

D Fattore età. Non è solo questione di senso di appartenenza e attaccamento alle proprie bandiere. C’è anche l’esigenza economica, connessa al calcio-mercato ridotto del Milan attuale. Se si rinnova il contratto a Cafu, a Favalli, a Serginho e a Maldini, il motivo, inconfessato, è un altro: che non ci sono le risorse per coprire le caselle, tutte in una volta. Con l’infortunio di Jankulovski (menisco, verrà operato: 2 mesi per il recupero), Ancelotti non ha scelte: deve ricorrere a Favalli oppure a Serginho che non sono proprio dei giovani virgulti.

E Mercato al ribasso. Dopo la dichiarazione di Silvio Berlusconi, il presidente, sul conto di Ibrahimovic, non c’è più segreto che tenga. Negli ultimi anni, il Milan ha vissuto un mercato al ribasso per non alterare il proprio bilancio, chiuso in attivo nel 2006 (idem o quasi nel 2007). C’erano, serviti su un piatto d’argento, Zambrotta e Buffon, oltre a Ibrahimovic. Poi, per correre ai ripari, sono stati bruciati molti milioni per avere Ronaldo e Oddo. Il secondo è di spessore modesto, il primo oscurato dai guai fisici che stanno durando oltre il lecito. E qui c’è la responsabilità dello staff medico.

F Arbitri contro. È uno degli ultimi motivi, non può essere sbandierato come un alibi, ma si tratta di un fatto. E come tutti i fatti, non si discutono. L’elenco dei torti arbitrali subiti dal Milan è inquietante: gol in fuorigioco concesso al Siena, gol irregolare dato al Palermo, gol buono tolto a Inzaghi contro il Catania, rigore assegnato e poi negato contro la Lazio, rigore macroscopico negato con l’Empoli. Non c’è nessun complotto, naturalmente, semmai c’è una tendenza nuova, patrocinata dall’avvento di Collina: fischiare contro le grandi per dimostrare l’assenza di sudditanza psicologica.

G Imborghesimento. È un fenomeno collettivo e riguarda anche lo staff tecnico. Ancelotti e i suoi assistenti (Tassotti e Costacurta, appena entrato e in disparte) non hanno modificato il disegno geometrico, portato novità, puntato su un giovanotto per una serie di partite (Gourcuff). In cento curve precedenti, Carletto si è inventato qualcosa: Pirlo metodista, Seedorf e Rui Costa tre-quartisti. Stesso discorso per la società: immaginava che il trionfo di Atene valesse come bonus eterno. E invece nel calcio italiano, i fischi sono dietro l’angolo.

da: www.ilgiornale.it

Anonimo ha detto...

È facile ora, sottolineo ora, per gli uffici stampa sempre ossequienti a Galliani parare il posteriore al capo, come fa Ordine.
Queste ed altre cose essenziali, questo e pochi altri siti le dicono da almeno due anni. Le dicono perché si degnano ancora di andare a San Siro a vedere lo scempio di una squadra che non ha uno schema di attacco e che ha riempito il cestino solo ed esclusivamente grazie alle prodezze dei campioni, maxime Kaka e Sheva. Lo schema ad albero era la patente dichiarazione di impotenza di un allenatore che ha pregi innegabili, che sa tenere il gruppo, che sa accarezzare il pelo del gatto nel verso giusto. Ma il rovescio della medaglia è un'acquiescenza indecente ad un dirigente come Galliani, nefasto nella sua incompetenza calcistica.
Aggiungerei che il Carlone non ha la cultura, per storia calcistica
personale, del gioco d'attacco ma anche nulla ha fatto per formarsela. Sento piagnucolare che le piccole vengono a Milano solo per difendersi. Balle buone per i tifosi da Milan Channel. Da due anni vediamo tutte le nostre avversarie rappresentarsi con schemi di attacco più che adeguati al materiale umano a disposizione ed all'andamento tattico della partita. Segno che in panchina hanno gente che le partite le prepara studiando l'avversario che, nel nostro caso, è ormai un libro usato per tutti i trainer italiani, giovani e vecchi.
E poi, come dice il Basletta fremendo in silenzio nel salotto delle bave di Suma, negli ultimi cinquant'anni non ho mai visto una squadra venire a San Siro applicando la tattica del prego si accomodi.
Il predecessore di Ancelotti, l'ottomano Terim, un allenatore disastroso che solo un incompetente come Galliani poteva assoldare, almeno in casa ci faceva divertire variando schemi e proposte.
E con ciò, parafrasando Pepppino De Filippo, HO DETTO TUTTO.

Danielone

Anonimo ha detto...

PIU' FACILE RETEQUATTRO SUL SATELLITE, di Stefano Olivari

Non è un mistero che Silvio Berlusconi si sia leggermente stancato del Milan, per una ragione molto semplice: chi in 21 anni di presidenza ha conquistato cinque Coppe Campioni-Champions, sette scudetti, mille altre cose e si appresta realisticamente a vincere un Mondiale per club che fra qualche anno farà davvero albo d'oro, che cosa può chiedere di più al calcio? Secondo il teorema Lippi-Jacquet bene che ti vada rispetto al passato riuscirai al massimo a pareggiare. Non è una questione di soldi, prima di tutto perché i soldi sono stati tirati fuori: se poi in un anno sono stati buttati 22 milioni per Oliveira e investiti a lungo termine 18 per Pato, per un totale superiore al valore di mercato attuale dello scontento Drogba, la colpa non è del diminuito entusiasmo berlusconiano o di improbabili veti dei figli per motivi finanziari (come se fossero manager indipendenti e non figli di). La questione è strettamente politica, vista l'importanza del Milan non tanto per guadagnare voti quanto per avere un palcoscenico utilizzabile per esternazioni di ogni tipo. Al di là, poi, dei discorsi di immagine e di prestigio internazionale. E allora? Allora personaggi che pensano di interpretare Galliani stanno da mesi parlando e scrivendo apertamente di dopo-Berlusconi imminente, con tanto di cordate italiane ed internazionali, da Ligresti (fra l'altro Paolo è già consigliere del Milan) alla Disney passando per chiunque abbia i soldi necessari alla bisogna. Ci permettiamo di non credere in nessuno di questi scenari, visto che il Milan è qualcosa in più di un veicolo di immagine: è uno dei cardini stessi dell'ideologia anni Ottanta che rende popolare il suo presidente e che fa giocare secondo gli schemi di Forza Italia anche chi se ne dichiara lontano. Concludendo, è più facile vedere Retequattro solo sul satellite...

da: www.settimanasportiva.it