L'agonia dei Rossi. L'agonia di Rossi?
Tornerà il Professorone degli Onesti, chiamerà il fido poliziotto Borrelli a riscrivere anche questa graduatoria?
Consegnerà una coppa di cartone - la già nota Cartoons Champions League - agli eliminati (con abominio e rissa proverbiale) nei quarti di finale?
Invocherà la nullità della nostra iscrizione dello scorso agosto, brandirà un nuovo artato diktat Uefa?
Riconvocherà infine i Tre Saggi?
Tutto ha un senso... questo pensiero sottile aveva iniziato a farsi strada nella mia mente la notte del 2 maggio scorso. Quella in cui il Diavolo Rossonero decideva di scrivere una nuova pagina di epica del calcio europeo annientando in semifinale gli altri Red Devils sotto un diluvio universale di sudore, di rabbia, di classe e di gol. Un pensiero sottile, che nasceva come un'intuizione diabolicamente provocatoria e che diventava certezza, giorno dopo giorno nell'attesa del nuovo Ventitre Maggio. E poi, minuto dopo minuto, nel settore 21 dello Stadio Oaka Spiros Louis di Atene: pessima prospettiva (del campo), visione geniale.
Bianchi contro Rossi, Milan e Liverpool di nuovo contro: la madre di tutte le rivincite. Succede solo al cinema, non appartiene alla realtà e non si era mai visto prima. Ecco il senso! Dall'ecatombe infernale di Istanbul al golpe bianco (o rosso?) di Calciopoli: un anno intero di incubi ad occhi aperti ha trovato non solo una ragion d'essere, ma la sua sublime legittimazione nel giorno del Settimo Sigillo. Perché non sarebbe mai esistita Atene se non fosse esistita Istanbul. Come non sarebbe esistito lo Scudetto degli Onesti se non fosse esistita Calciopoli. E tutto ciò è stato concepito dal grande dio del pallone affinché si compiesse la beffa ventennale - o meglio la "beffona", per dirla deliziosamente con Pellegatti al primo gol del nostro santo piacentino - del tricolore neroblu oscurato, non dalle antenne ma dalle Grandi Orecchie di Silvio.
Da oggi, gli stolidi dei vari media (di regime e non) spenderanno parole vane e vacue: si leggerà che abbiamo cancellato la notte delle streghe di Ataturk, riscritto il verdetto della Storia, prolungato ancora una volta il ciclo degli Immortali che è destinato a non finire mai... Nulla di tutto ciò, le ferite non si cancellano. Questo blog era nato proprio nell'estate del 2005 e da allora racconta - oltre che un sentimento con la A maiuscola - una sola verità. Quella dello spirito di rivalsa di un gruppo, sconfitto sanguinosamente sul campo (e in seguito, umiliato nelle aule dei tribunali), quale autentica e sola motivazione di sopravvivenza a se stesso: la sfida individuale e la promessa reciproca di tornare ad affrontare quei demoni rossi, l'unico collante in grado di cementare - per un anno ancora - un gruppo che aveva cessato di essere Squadra. Scommessa lecita, ho ripetuto fino all'ossessione durante questi due anni faticosi, scommessa perduta un passo prima di arrivare allo Stade de France di Parigi.
Ora l'anello si è chiuso. Il Destino lo ha voluto. Perciò non ho mai dubitato, in fondo al cuore, del trionfo finale di questi uomini straordinariamente ostinati e predestinati: tanto nella cattiva sorte turca, quanto nella buona sorte greca. Ma da qui bisogna partire con un nuovo progetto: un progetto che non può passare altro che per la testa e le tasche del nostro Presidente - «un Presidente! c'è solo un Presidente!», il coro spontaneo esploso ad Atene prima del fischio d'inizio - e mai più delegato a chi possiede, nella migliore delle ipotesi, intelligenza imitativa e mani equivocamente bucate.
Ancora una volta, in Rino veritas: ai microfoni del canale bulgaro, forse un'ora dopo il trionfo sul campo, la lucidità del nostro Capitano in pectore - difronte a un reverendo Suma prostrato, più per la gravità del verbo che per lo stress emotivo della serata - libera il campo da ogni residua velleità retorica. Ora ci aspettiamo un segnale forte dalla società - ha dichiarato Ivan il Terribile - perché abbiamo dimostrato di essere una grande squadra, ma ci manca ancora "qualcosina".
24 maggio, 2007
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4 commenti:
Ineccepibile l'analisi della parabola Istanbul-Atene, l'individuazione degli stimoli per la grande rivincita, la rappresentazione della eclettica grandezza di questo straordinario gruppo. I fili che tengono insieme questi campioni così elitari, così individualisti anche nel loro fare squadra, sono arrivati all'ultimo centimetro. Chiunque abbia spirito manageriale e creativo lo capisce. Quindi non Galliani che vaneggia l'eternità di un ciclo che è andato già oltre ogni ragionevole limite di sopravvivenza. Potrebbe rifondare Berlusconi che ne ha l'attitudine e la spregiudicatezza decisoria. Ma gli anni che passano gli stanno giocando lo scherzo più atroce:il conservatorismo malinconico e l'innamoramento del giocattolo perfetto che fu. C'è da aggiungere che in giro c'è molto muscolo e poca classe e quindi nemmeno i portafogli più generosi possono ridisegnare modellini perfetti. C'è da constatare che una politica disennata del vivaio ha impedito che si formassero in casa le colonne di domani.
Si chiude quindi un ciclo ma anche una storia fra le più fulgide del calcio mondiale. Ci aspetta la casualità di qualche annata positiva, la mediocrità dei mezzi giocatori (ad esempio Oddo uno dei nuovi), qualche baggina che venga a spendere malinconici bagliori di gioventù. E' tutto terribilmente chiaro e potrà essere anche peggio se non spediranno in pensione il pasticcione presuntuoso di Monza.
Danielone
BRAVO MILAN, MA ATTENTO: HAI RASCHIATO IL BARILE,
di Arrigo Sacchi
L' impresa storica del Milan dà nuova linfa ed entusiasmo al calcio italiano, criticato e travolto da mille veleni, ed eleva ancora di più questo grande club ai vertici mondiali. È stato un successo imprevedibile sino ad alcuni mesi fa. Il destino ha voluto che la vittoria arrivasse contro il Liverpool che l' aveva beffato due anni fa ai rigori, dopo la rimonta da 0-3. Vendetta è fatta, anche in un modo beffardo, però meno gratificante per i rossoneri. Sarebbe stata più bella e più giusta la conquista di Istanbul, dove il Milan aveva incantato il mondo con un primo tempo da favola e un torneo impeccabile. Il destino o altro non hanno voluto ciò. La partita di Atene è stata in assoluto meno spettacolare, emozionante e divertente. I rossoneri hanno vinto raschiando il barile, tirando fuori tutto il loro orgoglio, volontà ed esperienza. Hanno lasciato quasi sempre l' iniziativa e il comando del gioco al Liverpool, specialmente nel primo tempo, dove è apparsa evidente la differenza di ritmo, aggressività e velocità. Forse i 40 anni di stacco fra le due squadre si sono notati: il dettaglio deve far pensare Berlusconi e Galliani su come dovrà essere programmato il futuro. Da sempre Berlusconi ha preteso che le sue squadre vincessero attraverso una padronanza del campo e del pallone: per questo occorrono giocatori di talento, ma giovani, animati da entusiasmo e generosità, un tecnico prevalentemente didatta e innovatore, una società competente.
LA LEZIONE - I dirigenti hanno saputo assorbire le sconfitte, ma devono anche sapere valutare questa vittoria. Non sempre la squadra nell' annata è stata convincente: ha offerto un discreto finale di campionato, le buone partite contro il Bayern e le due spettacolari gare contro il Manchester (...)
Tutti bravi, però ricordiamoci che i miracoli non sempre si ripetono.
Dalla Gazzetta dello Sport, del 25 maggio 2007.
E RAFA BENITEZ, IL MIRACOLATO DI ISTANBUL, REGALO' LA COPPA AL MILAN!
Se i rossoneri, che hanno giocato la peggiore finale della loro storia, tornano in Italia con la Champions, devono dire grazie al tecnico spagnolo che non ha avuto il coraggio di lavorare per arrivare al colpo del k.o.
Dopo la rocambolesca finale di Istanbul, il Milan è stato risarcito nella serata meno felice.Giovedì, 24 Maggio 2007
La prima cosa che verrebbe da dire, a caldo, è: peccato che il Milan non abbia vinto la Champions due anni fa, a Istanbul, dove aveva strameritato; e peccato che il Liverpool non l'abbia vinta ieri, ad Atene, dopo aver messo sotto il Milan per tutti i 90 minuti. E però, sarebbe una fesseria. Perchè la bellezza (terribile) del calcio sta proprio in questo: nella sua massima incertezza, imprevedibilità, contraddittorietà. Per chi se ne fosse scordato: il calcio non è la boxe, dove puoi anche vincere l'incontro ai punti perché sei stato più bravo e i giudici alla fine te lo riconoscono. Nel calcio contano i gol – e solo i gol – ed è per questo che il Liverpool si è preso la Coppa a Istanbul e il Milan, ieri, se l'è presa ad Atene. Per la cronaca: negli Almanacchi non troveremo mai l'asterisco che specifica: * 2005 Liverpool (* ma ha giocato meglio il Milan); * 2007 Milan (* ma ha giocato meglio il Liverpool). Troveremo il risultato nudo e crudo: punto e a capo.
La seconda cosa che verrebbe da chiedersi, a caldo, è: è stato il trauma di Istanbul a impedire al Milan di giocare una finale fiammeggiante, quella che tutti attendevano, in stile-Manchester, per capirci? In pratica: il rocambolesco esito della finale Milan-Liverpool di due anni or sono (3-0 per il Milan all'intervallo, 3-3 al novantesimo, vittoria del Liverpool ai calci di rigore dopo i supplementari) ha condizionato la prova dei rossoneri, annebbiandone gambe e cervello? Noi pensiamo di sì. Ma siamo dell'avviso che i fantasmi di quella leggendaria e irripetibile partita – alla fine – abbiano finito col penalizzare, paradossalmente, di più il Liverpool. E ci spieghiamo.
C'era un uomo, ieri, allo stadio Olimpico di Atene, che più di tutti non ce l'aveva fatta a metabolizzare il ricordo della finale di Istanbul: quest'uomo era Rafa Benitez. Il quale, da persona seria, e da allenatore serio, ricordava perfettamente che: A) Il Liverpool, a Istanbul, aveva subito una terribile lezione di calcio dal Milan nei primi 45 minuti; e nei 120 era stato complessivamente inferiore, e sostanzialmente messo sotto, dalla squadra di Ancelotti; B) Per quegli strani miracoli che accadono – ogni tanto – nel gioco del calcio, nel secondo tempo il Liverpool aveva segnato 3 gol in 6 minuti, si era rimesso in corsa, aveva tenuto duro e alla fine aveva vinto. Un terno al Lotto? No: una quaterna. Anzi, una cinquina.
E insomma. Ritrovandosi di fronte la squadra che – Rafa lo ricordava bene - per 45 minuti aveva fatto a brandelli il Liverpool, guarda caso la stessa squadra che 20 giorni prima aveva fatto a fettine, davanti agli occhi sbalorditi del mondo, nientemeno che il Manchester United, Rafa Benitez si era detto: questa volta devo stare attento, molto attento, a non farmi travolgere da quel ciclone di squadra che sa essere il Milan. Devo farle mancare il respiro. Devo ubriacarla di corsa e non importa se per far questo farò accomodare in panchina l'unico attaccante vero (Crouch) e l'unico folletto dotato di fantasia (Kewell) di cui dispongo. Due anni fa, ad Istanbul, l'angelo custode mi salvò: stavolta devo pensarci io.
Così, Rafa Benitez ha pensato bene di mandare in campo ad Atene una squadra di “Incredibili Hulk” bravi a saltare sui piedi del rossonero in possesso di palla, e abili a togliergliela; una squadra di sanguisughe, uno più sanguisuga dell'altro (a cominciare dell'unico attaccante di nome, e non di fatto, l'olandese Kuyt); una squadra di guastatori formidabili nell'opera di avvelenamento del gioco avversario. E però, al tecnico spagnolo che tanto bene, e minuziosamente, aveva studiato i piani di battaglia è sfuggito – per tutta la partita – un particolare: e cioè, che il Milan che si ritrovava davanti non aveva nulla di ciclonico, o di particolarmente temibile, ma era – anche per merito del Liverpool - una squadra molle, titubante, con la stessa difficoltà a produrre gioco denotata, per fare un esempio, nell'estenuante ottavo di finale col Celtic, risolto da un provvidenziale gol di Kakà nei supplementari. E in pratica: non si è accorto, Benitez, che il Liverpool era un pugile che stava disponendo del suo avversario a piacimento; non si è reso conto che con un colpo ben assestato l'avrebbe mandato, facilmente, al tappeto. Incredulo di ritrovarsi a menare le danze, e di vedere il Milan all'angolo, ha pensato che dai e dai avrebbe vinto ai punti. Dimenticando che il calcio, per l'appunto, non è la boxe.
Così, due zampate di classe del vacillante Milan, che davvero sembrava un pugile suonato, hanno finito – ironia della sorte - col mandare al tappeto lui, Rafa Benitez. L'uomo che vinse la Finale Impossibile, quella che non si poteva vincere; l'uomo che perse la Finale più facile da vincere.
da: www.paoloziliani.it
GATTUSO: ISTANBUL NON SI CANCELLA
"Quella notte di Istanbul rimane per me indimenticabile. Ancora non mi capacito di quello che è successo. Abbiamo avuto la fortuna di prenderci una bella rivincita con il Liverpool, ma i ricordi rimangono. Ad Atene comunque è stato bellissimo, in molti di noi non ci credevano! E' uscito il gruppo, questo straordinario spogliatoio ha fatto la differenza".
da: www.acmilan.com
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