31 agosto, 2006
IL BACIO DI "SHEVY"
L'estate del 2006 resterà nella storia. Non dico tanto la storia del calcio: il Calcio in questo paese è morto il 26 di luglio, e viva il Calcio. Mi riferisco alla storia individuale di ognuno di noi che, fino a pochi mesi fa, immaginavamo ci fosse ancora qualcosa da salvare. Il fatto è che la realtà si è spinta ben oltre la soglia dell'immaginazione. Che Moggi fosse un farabutto, lo avevamo capito dai tempi della monetina di Alemao (altro scudetto graziosamente sfilato al Milan dalla cupola dell'epoca). Che si scegliesse gli arbitri e i guardalinee anche per il Trofeo Berlusconi, onestamente, nessuno se lo sarebbe sognato: delirio di onnipotenza. Noi ci accontentavamo di credere alla teoria un po' romantica della "sudditanza psicologica", tutto sommato rassicurava immaginare che il condizionamento fosse solo telepatico. Era un calcio d'altri tempi, nipotino di quello epico degli Anni Sessanta, quando l'eufemismo ipocrita (tipicamente italiota) fu coniato con riferimento alla cosiddetta Grande Inter di Moratti padre e Italo Allodi: il papà spirituale e il mentore di Big Luciano. Leggere le intercettazioni delle telefonate di De Santis e annessa "combriccola romana" è stato come diventare adulti. In effetti, questa estate del 2006 è la stagione della perdita dell'innocenza.
Borrelli ha concluso, senza mezzi termini, che il calcio italiano è stato «un grande inganno ai danni dei tifosi». Penso spontaneamente a De Santis che ride in faccia ad Ancelotti, lo scorso agosto nel pantano di Ascoli. Poi penso ad Ancelotti che a Torino concordava il calendario con Moggi, il direttore sportivo che lo aveva scoperto molti anni prima alla Roma. E infine penso a Meani che, seduto in panchina con Ancelotti, guarda le bandierine «andare su» o «stare giù» sempre a senso unico, poi la sera chiama il designatore dei guardalinee Mazzei e dice che Galliani ne ha abbastanza. Il triste epilogo della vicenda, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti. E noi allo stadio ad illuderci e deluderci? Viene da domandarsi cosa resti, dopo. Per quattro mesi siamo stati accerchiati, presi a bersaglio e coperti di fango. Hanno raccontanto che noi eravamo come la Juve, e se intanto loro si portavano a casa anche gli scudetti (oltre che i bigliettoni dei diritti televisivi) era solo perché Galliani era un po' più pirla di Giraudo. Ma non meno disonesto. La società ha tenuto un profilo basso, nel senso che ha lasciato dire. Il Presidente ha preso la parola una volta sola e per chiedere indietro due scudetti: Guido Rossi ha risposto nominando Borrelli all'Ufficio Indagini e preparando le carte per il Golpe degli Onesti. Poi il silenzio. Silenzio assenso? I legali hanno lavorato per salvare la pelle dell'amministratore delegato, mai il blasone del club: i grandi interrogativi sollevati a giugno restano tutti aperti.
I conti continuano a non tornare, o forse sì. Il nostro vicecapitano ha commentato che «se qualcuno ha detto che Juve e Milan hanno sbagliato, allora lo scudetto dell'Inter è giusto». Come scriverebbe il candido Cannavò: fatemi capire... E il bel capitano cosa dice? Non dice, oppure dice che la Serie A senza la Juve non è la stessa cosa. Personalmente, ne ho abbastanza: non voglio più guardare.
Sento che qualcuno ha avuto la forza di scandalizzarsi perché Shevchenko, all'esordio in blues nella Community Shield, naturalmente ha stampato il portiere del Liverpool - done this a few times before - e istintivamente ha baciato la maglia numero 7. Ancelotti ha persino ritenuto di dover ironizzare: «si vede che si è affezionato in fretta».
Il grande inganno continua. Ci parlano di sentimenti - dei nostri sentimenti - pur sapendo che in campo scendono semplicemente dei professionisti, per i quali la maglia è un indumento di gioco. Un indumento a colori. E in società siedono dirigenti per i quali i colori sono una voce di entrata del bilancio, al capitolo merchandising. Hanno teorizzato lo smantellamento dei vivai, perché «un grande club non può permettersi di aspettare un giovane: bisogna vincere subito!». Dimenticando che gli unici professionisti dai quali ci si può attendere un attaccamento sincero e non ipocrita alla maglia sono quelli che hai allevato in casa, con quei colori addosso. «Per dirla tutta, l'unica maglia che mi sentirei di baciare veramente è quella dell'Ucraina», ha chiosato Sheva. Come dargli torto.
Dopo trent'anni di abbonamento a San Siro, io dico che preferisco non guardare. Guarderò ovviamente molta Serie B, tutta la Champions League, e quel tanto di Premiership che basta a rifarsi il palato. Ma a scanso di equivoci, SHEVALOVE continuerà a vivere. Perché di autentico restano sicuramente i gesti del campo. Quelli che la Gazzetta dello Sport non potrà incidere sul dvd commemorativo dello storico scudetto Telecom. Restano 173 palloni scaraventati in fondo al sacco e i (pochi) titoli sportivi che quei gol hanno contribuito a conquistare, sul campo. E restano le emozioni che essi hano suscitato: su tutte, la notte magica di Manchester. Perché le grandi storie d'amore possono finire - e spesso purtroppo finiscono - ma i grandi amori non finiscono. MAI.
Borrelli ha concluso, senza mezzi termini, che il calcio italiano è stato «un grande inganno ai danni dei tifosi». Penso spontaneamente a De Santis che ride in faccia ad Ancelotti, lo scorso agosto nel pantano di Ascoli. Poi penso ad Ancelotti che a Torino concordava il calendario con Moggi, il direttore sportivo che lo aveva scoperto molti anni prima alla Roma. E infine penso a Meani che, seduto in panchina con Ancelotti, guarda le bandierine «andare su» o «stare giù» sempre a senso unico, poi la sera chiama il designatore dei guardalinee Mazzei e dice che Galliani ne ha abbastanza. Il triste epilogo della vicenda, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti. E noi allo stadio ad illuderci e deluderci? Viene da domandarsi cosa resti, dopo. Per quattro mesi siamo stati accerchiati, presi a bersaglio e coperti di fango. Hanno raccontanto che noi eravamo come la Juve, e se intanto loro si portavano a casa anche gli scudetti (oltre che i bigliettoni dei diritti televisivi) era solo perché Galliani era un po' più pirla di Giraudo. Ma non meno disonesto. La società ha tenuto un profilo basso, nel senso che ha lasciato dire. Il Presidente ha preso la parola una volta sola e per chiedere indietro due scudetti: Guido Rossi ha risposto nominando Borrelli all'Ufficio Indagini e preparando le carte per il Golpe degli Onesti. Poi il silenzio. Silenzio assenso? I legali hanno lavorato per salvare la pelle dell'amministratore delegato, mai il blasone del club: i grandi interrogativi sollevati a giugno restano tutti aperti.
I conti continuano a non tornare, o forse sì. Il nostro vicecapitano ha commentato che «se qualcuno ha detto che Juve e Milan hanno sbagliato, allora lo scudetto dell'Inter è giusto». Come scriverebbe il candido Cannavò: fatemi capire... E il bel capitano cosa dice? Non dice, oppure dice che la Serie A senza la Juve non è la stessa cosa. Personalmente, ne ho abbastanza: non voglio più guardare.
Sento che qualcuno ha avuto la forza di scandalizzarsi perché Shevchenko, all'esordio in blues nella Community Shield, naturalmente ha stampato il portiere del Liverpool - done this a few times before - e istintivamente ha baciato la maglia numero 7. Ancelotti ha persino ritenuto di dover ironizzare: «si vede che si è affezionato in fretta».
Il grande inganno continua. Ci parlano di sentimenti - dei nostri sentimenti - pur sapendo che in campo scendono semplicemente dei professionisti, per i quali la maglia è un indumento di gioco. Un indumento a colori. E in società siedono dirigenti per i quali i colori sono una voce di entrata del bilancio, al capitolo merchandising. Hanno teorizzato lo smantellamento dei vivai, perché «un grande club non può permettersi di aspettare un giovane: bisogna vincere subito!». Dimenticando che gli unici professionisti dai quali ci si può attendere un attaccamento sincero e non ipocrita alla maglia sono quelli che hai allevato in casa, con quei colori addosso. «Per dirla tutta, l'unica maglia che mi sentirei di baciare veramente è quella dell'Ucraina», ha chiosato Sheva. Come dargli torto.
Dopo trent'anni di abbonamento a San Siro, io dico che preferisco non guardare. Guarderò ovviamente molta Serie B, tutta la Champions League, e quel tanto di Premiership che basta a rifarsi il palato. Ma a scanso di equivoci, SHEVALOVE continuerà a vivere. Perché di autentico restano sicuramente i gesti del campo. Quelli che la Gazzetta dello Sport non potrà incidere sul dvd commemorativo dello storico scudetto Telecom. Restano 173 palloni scaraventati in fondo al sacco e i (pochi) titoli sportivi che quei gol hanno contribuito a conquistare, sul campo. E restano le emozioni che essi hano suscitato: su tutte, la notte magica di Manchester. Perché le grandi storie d'amore possono finire - e spesso purtroppo finiscono - ma i grandi amori non finiscono. MAI.
30 agosto, 2006
LET IT B
Sono stati compilati questa sera i calendari del campionato di massima divisione italiana, Serie A TIM, e del campionato di categoria inferiore, Serie B TIM. Sono stati compilati in diretta televisiva alla presenza del neopresidente di Lega, Antonio Matarrese: il nuovo che avanza!
Con l'occasione, Trenitalia comunica che il il treno bianconero in partenza da Torino viaggia con 30 punti di ritardo e ferma alle stazioni di: La Spezia, Genova, Albino-Leffe, Trieste, Vicenza, Brescia, Verona, Mantova, Modena, Bologna, Piacenza, Rimini, Cesena, Arezzo, Frosinone, Pescara, Napoli, Bari e Crotone.
Con l'occasione, Trenitalia comunica che il il treno bianconero in partenza da Torino viaggia con 30 punti di ritardo e ferma alle stazioni di: La Spezia, Genova, Albino-Leffe, Trieste, Vicenza, Brescia, Verona, Mantova, Modena, Bologna, Piacenza, Rimini, Cesena, Arezzo, Frosinone, Pescara, Napoli, Bari e Crotone.
02 agosto, 2006
ANCORA GRAZIE GALLIANI
AC Milan admitted to UEFA Champions League.
UEFA Emergency Panel admits AC Milan to UCL Third qualifying round.
[Uefa.com] Having examined the request of the Italian Football Association (FIGC) to register AC Milan for the UEFA Champions League 2006/07, the submissions of the Chief Disciplinary Inspector of UEFA, and the statements of AC Milan and the FIGC, the UEFA Emergency Panel has today admitted AC Milan to participate in the Third qualifying round of the 2006/07 UEFA Champions League. As a result, the Italian club plays the two legs of the competition's third qualifying round as drawn on 28 July 2006 in Nyon.
The UEFA Emergency Panel, being competent to decide on this matter, came to the conclusion that it had no choice but to admit AC Milan for the UEFA club competitions 2006/07 for formal reasons because of an insufficient legal basis in the regulations which would allow not admitting AC Milan under the specific circumstances.
The UEFA Emergency Panel made a clear statement to the club that "this admission is far from being given with the utmost conviction. AC Milan takes the advantage of the fact that UEFA lacks of legal grounds to refuse the club's admission. In this respect, AC Milan is herewith informed that the necessary adaptations will be made to the Regulations concerned. The UEFA Emergency Panel is deeply concerned that AC Milan has created the impression of being involved in the improper influencing of the regular course of matches in the Italian football championship".
From the statement of AC Milan the Panel concluded that "the club has obviously not yet properly perceived the troubles it is in and the damage it already caused to European Football. UEFA and the club's opponents will observe with the utmost attention the future attitude of AC Milan around UEFA club competition fixtures. UEFA will not hesitate to intervene severely, should AC Milan be involved in any activities aiming to arrange improperly the outcome of a match".
Media Release Date: 02/08/2006 - Communiqué aux médias No. 089
Quindici anni dopo i riflettori di Marsiglia e la squalifica per un anno da tutte le competizioni continentali, questa umiliazione planetaria. E la società tace? Tace e incassa il gettone di presenza per il turno preliminare di Champions League. Chiunque abbia a cuore la causa Rossonera deve alzarsi ora e gridare con forza: GALLIANI, VATTENE!
UEFA Emergency Panel admits AC Milan to UCL Third qualifying round.
[Uefa.com] Having examined the request of the Italian Football Association (FIGC) to register AC Milan for the UEFA Champions League 2006/07, the submissions of the Chief Disciplinary Inspector of UEFA, and the statements of AC Milan and the FIGC, the UEFA Emergency Panel has today admitted AC Milan to participate in the Third qualifying round of the 2006/07 UEFA Champions League. As a result, the Italian club plays the two legs of the competition's third qualifying round as drawn on 28 July 2006 in Nyon.
The UEFA Emergency Panel, being competent to decide on this matter, came to the conclusion that it had no choice but to admit AC Milan for the UEFA club competitions 2006/07 for formal reasons because of an insufficient legal basis in the regulations which would allow not admitting AC Milan under the specific circumstances.
The UEFA Emergency Panel made a clear statement to the club that "this admission is far from being given with the utmost conviction. AC Milan takes the advantage of the fact that UEFA lacks of legal grounds to refuse the club's admission. In this respect, AC Milan is herewith informed that the necessary adaptations will be made to the Regulations concerned. The UEFA Emergency Panel is deeply concerned that AC Milan has created the impression of being involved in the improper influencing of the regular course of matches in the Italian football championship".
From the statement of AC Milan the Panel concluded that "the club has obviously not yet properly perceived the troubles it is in and the damage it already caused to European Football. UEFA and the club's opponents will observe with the utmost attention the future attitude of AC Milan around UEFA club competition fixtures. UEFA will not hesitate to intervene severely, should AC Milan be involved in any activities aiming to arrange improperly the outcome of a match".
Media Release Date: 02/08/2006 - Communiqué aux médias No. 089
Quindici anni dopo i riflettori di Marsiglia e la squalifica per un anno da tutte le competizioni continentali, questa umiliazione planetaria. E la società tace? Tace e incassa il gettone di presenza per il turno preliminare di Champions League. Chiunque abbia a cuore la causa Rossonera deve alzarsi ora e gridare con forza: GALLIANI, VATTENE!
01 agosto, 2006
IL SISTEMA MILAN
Quando penso ai sette anni rossoneri di Shevchenko, resto immancabilmente avvilito difronte ad un banale rilievo statistico: titoli vinti in Italia, 1. Uno, il campionato 2004 (le varie coppe Tim contano solo nella bacheca degli Onesti). Un titolo in sette anni! E parlano di patto d'acciaio. E raccontano di scudetti spartiti come le fette di una torta. Chiunque abbia seguito con occhio minimamente imparziale le vicende della stagione che è oggetto di indagine (il 2004/2005) non potrà fare a meno di ricordare una sequenza impressionante di "sviste arbitrali" che ebbero l'esito, da un lato, di consolidare la posizione di primato della Juventus di Capello e, dall'altro, di fiaccare l'inseguimento (prima dell'aggancio in vetta) e la resistenza (nel testa a testa finale) dell'unica antagonista per la corsa al titolo: sempre e solo il nostro Milan. Avendo ora mai letto e riletto tutte le intercettazioni telefoniche, risulta persino superfluo menzionare gli episodi di Bologna (arbitro Pieri), di Torino nello scontro diretto (arbitro Bertini), di San Siro contro lo stesso Bologna (arbitro De Santis) e la già celeberrima sconfitta di Siena, dopo il latrocinio bianconero dell'Olimpico e del Bentegodi. Solo per dire dei casi più eclatanti. Alla medesima conclusione era giunta la procura di Napoli, se è vero che l'indagine "Off side" dedica al Milan un capitolo che in premessa chiarisce quanto segue: «Gli elementi acquisiti rafforzano il dato investigativo complessivamente emerso, circa il consolidato sistema di strapotere che Luciano Moggi esercita sull'intero settore calcistico, ponendo maggiormente in rilievo una situazione resa ancor più allarmante dall'esclusività di un tale potere, al quale non corrisponde un contraltare, non si affianca alcuna forza capace comunque di contrastarlo».
A cosa si riferisce, pertanto, il capo Ufficio Indagini Borrelli quando teorizza, a sorpresa, l'esistenza di un Sistema Milan, in tutto e per tutto antagonista del Sistema Moggi? La risposta è da leggersi fra le righe, ma è sufficiente ancora una volta concentrare lo sguardo sulle premesse: «La fitta rete dei rapporti intercorsi tra soggetti a vario titolo partecipanti al mondo del calcio, trova origine e spiegazioni in un contesto ben più ampio che ruota attorno a temi sportivi ed economici: in particolar modo, l'attenzione dovrà essere posta prioritariamente sulle tematiche della ripartizione dei diritti televisivi, delle procedure di iscrizione ai campionati, del "mercato" dei calciatori». Ecco dunque il nodo della questione: i diritti televisivi. Big Luciano aveva inquadrato il bersaglio già nel 1990, dopo gli episodi indecorosi di quel famoso Atalanta-Napoli vinto a tavolino grazie alla sceneggiata di Alemao e Carmando. Prima della sentenza del giudice sportivo, l'allora direttore sportivo azzurro si era scagliato contro Berlusconi: «Forse lui pensa di influenzare i giudici, ma invece può solo influenzare la gente con quelle sue televisioni che parlano di monetine». E dopo la sentenza: «Noi del Napoli non abbiamo intenzione di replicare ai tentativi di condizionamento messi in atto dal Milan con potenti mezzi, incluse le televisioni private». Sedici anni dopo, sono cambiate le divise sociali ma la musica è la stessa. In estrema sintesi, se oggi ci ritroviamo sul banco degli imputati e oltre al danno del tricolore sfilato (ancora una volta) da Moggi dobbiamo subire le beffe della giustizia sportiva, la colpa non è poi tanto del ristoratore di Lodi e delle sue telefonate malandrine.
Riporto integralmente da La Voce della Campania, a firma Marco Liguori.
Sono le somme percepite in anticipo dai diritti tv a far comprendere quanto la Juve sia un potere forte. La società ha incassato con un anticipo di due anni i diritti televisivi satellitari criptati delle partite casalinghe, oltre al corrispettivo di alcuni contratti commerciali: il beneficio economico, rilevabile alla voce risconti passivi nel 2002/2003 è ammontato a 165,34 milioni, mentre nel 2001/2002 è stato di 151 milioni. Il bilancio chiuso al 30 giugno 2005 evidenzia un dimezzamento (71,32 milioni) dei risconti passivi dai 140 milioni della stagione precedente: la loro quasi totalità è costituita dalla cessione in anticipo dei diritti ceduti a Sky per la stagione 2005/06 e «dalla fatturazione anticipata dei proventi derivanti dalla cessione dei diritti tv per la diffusione via digitale terrestre» per le partite casalinghe della stagione 2005/06. Questi ultimi importi derivano da Mediaset. La spiegazione di questo grazioso regalo è contenuta a pagina 10 del prospetto informativo della quotazione in borsa della Juve, datata dicembre 2001. In esso si sottolinea che il club bianconero fa parte del «gruppo di società facenti capo alla società Giovanni Agnelli &C». Il passo più importante è però questo: «Ove la società non facesse più parte del gruppo, i vantaggi connessi a tale appartenenza potrebbero venire meno con possibili ricadute sull'operatività e sui progetti di sviluppo della società e, quindi con possibili effetti negativi sui risultati economico-finanziari». Tradotto dal borsese, ciò significa che i trattamenti di favore alla Juve derivano soltanto dalla sua appartenenza al gruppo Agnelli. Moggi ha parlato anche del sistema Milan e del potere di chi possiede le tv, ossia Mediaset (controllata dalla Fininvest). Anche qui Lucianone ha dimenticato un particolare. Una delle prove evidenti del patto d'acciaio Juve-Milan, ossia tra Agnelli-Berlusconi, è sottolineato dal diritto di prima negoziazione sottoscritta da Mediaset con i bianconeri. Questa clausola era contenuta nell'accordo siglato il 28 giugno 2004, ossia due giorni prima della chiusura del bilancio Juve, e consiste nel diritto per la società del gruppo Fininvest di sedersi per prima al tavolo con la Juve pagando 20 milioni di euro e pagandone invece soltanto 12 milioni (ossia 4 all'anno) per le stagioni 2004-2005, 2005-2006 e 2006-2007 per i diritti digitale terrestre, cavo e Adsl. Il motivo di quei 20 milioni versati da Mediaset è presto spiegato: si sono potuti contabilizzare subito nell'esercizio 2003/04, riducendo così proprio di 20 milioni le perdite della società bianconera. Invece, i restanti 4 annui si possono contabilizzare soltanto in ciascun esercizio successivo. Con questo trattamento di favore, la Juve ha ridotto in quell'anno le perdite chiudendo l'esercizio con un rosso di soli 17 milioni di euro.
E dunque, il patto d'acciaio non era fra Juventus e Milan, ma fra Giovanni Agnelli & C. e Mediaset. E il conflitto d'interessi (che abbiamo pagato sul campo e continuiamo a pagare a caro prezzo) non era fra il Galliani presidente di Lega e il Galliani amministratre delegato del Milan, ma fra il capo della Lega e il dirigente Fininvest. Ecco finalmente spiegato il "sofferto silenzio" difronte agli abusi settimanali perpetrati sul campo, a danno del Milan e non certo di Mediaset, dal sistema arbitrale controllato da Moggi. A tanto ha portato l'evoluzione dei club di football da società sportive a società per azioni: le ragioni del bilancio prevalgono sulle ragioni del campo. Con buona pace del Popolo Rossonero.
A cosa si riferisce, pertanto, il capo Ufficio Indagini Borrelli quando teorizza, a sorpresa, l'esistenza di un Sistema Milan, in tutto e per tutto antagonista del Sistema Moggi? La risposta è da leggersi fra le righe, ma è sufficiente ancora una volta concentrare lo sguardo sulle premesse: «La fitta rete dei rapporti intercorsi tra soggetti a vario titolo partecipanti al mondo del calcio, trova origine e spiegazioni in un contesto ben più ampio che ruota attorno a temi sportivi ed economici: in particolar modo, l'attenzione dovrà essere posta prioritariamente sulle tematiche della ripartizione dei diritti televisivi, delle procedure di iscrizione ai campionati, del "mercato" dei calciatori». Ecco dunque il nodo della questione: i diritti televisivi. Big Luciano aveva inquadrato il bersaglio già nel 1990, dopo gli episodi indecorosi di quel famoso Atalanta-Napoli vinto a tavolino grazie alla sceneggiata di Alemao e Carmando. Prima della sentenza del giudice sportivo, l'allora direttore sportivo azzurro si era scagliato contro Berlusconi: «Forse lui pensa di influenzare i giudici, ma invece può solo influenzare la gente con quelle sue televisioni che parlano di monetine». E dopo la sentenza: «Noi del Napoli non abbiamo intenzione di replicare ai tentativi di condizionamento messi in atto dal Milan con potenti mezzi, incluse le televisioni private». Sedici anni dopo, sono cambiate le divise sociali ma la musica è la stessa. In estrema sintesi, se oggi ci ritroviamo sul banco degli imputati e oltre al danno del tricolore sfilato (ancora una volta) da Moggi dobbiamo subire le beffe della giustizia sportiva, la colpa non è poi tanto del ristoratore di Lodi e delle sue telefonate malandrine.
Riporto integralmente da La Voce della Campania, a firma Marco Liguori.
Sono le somme percepite in anticipo dai diritti tv a far comprendere quanto la Juve sia un potere forte. La società ha incassato con un anticipo di due anni i diritti televisivi satellitari criptati delle partite casalinghe, oltre al corrispettivo di alcuni contratti commerciali: il beneficio economico, rilevabile alla voce risconti passivi nel 2002/2003 è ammontato a 165,34 milioni, mentre nel 2001/2002 è stato di 151 milioni. Il bilancio chiuso al 30 giugno 2005 evidenzia un dimezzamento (71,32 milioni) dei risconti passivi dai 140 milioni della stagione precedente: la loro quasi totalità è costituita dalla cessione in anticipo dei diritti ceduti a Sky per la stagione 2005/06 e «dalla fatturazione anticipata dei proventi derivanti dalla cessione dei diritti tv per la diffusione via digitale terrestre» per le partite casalinghe della stagione 2005/06. Questi ultimi importi derivano da Mediaset. La spiegazione di questo grazioso regalo è contenuta a pagina 10 del prospetto informativo della quotazione in borsa della Juve, datata dicembre 2001. In esso si sottolinea che il club bianconero fa parte del «gruppo di società facenti capo alla società Giovanni Agnelli &C». Il passo più importante è però questo: «Ove la società non facesse più parte del gruppo, i vantaggi connessi a tale appartenenza potrebbero venire meno con possibili ricadute sull'operatività e sui progetti di sviluppo della società e, quindi con possibili effetti negativi sui risultati economico-finanziari». Tradotto dal borsese, ciò significa che i trattamenti di favore alla Juve derivano soltanto dalla sua appartenenza al gruppo Agnelli. Moggi ha parlato anche del sistema Milan e del potere di chi possiede le tv, ossia Mediaset (controllata dalla Fininvest). Anche qui Lucianone ha dimenticato un particolare. Una delle prove evidenti del patto d'acciaio Juve-Milan, ossia tra Agnelli-Berlusconi, è sottolineato dal diritto di prima negoziazione sottoscritta da Mediaset con i bianconeri. Questa clausola era contenuta nell'accordo siglato il 28 giugno 2004, ossia due giorni prima della chiusura del bilancio Juve, e consiste nel diritto per la società del gruppo Fininvest di sedersi per prima al tavolo con la Juve pagando 20 milioni di euro e pagandone invece soltanto 12 milioni (ossia 4 all'anno) per le stagioni 2004-2005, 2005-2006 e 2006-2007 per i diritti digitale terrestre, cavo e Adsl. Il motivo di quei 20 milioni versati da Mediaset è presto spiegato: si sono potuti contabilizzare subito nell'esercizio 2003/04, riducendo così proprio di 20 milioni le perdite della società bianconera. Invece, i restanti 4 annui si possono contabilizzare soltanto in ciascun esercizio successivo. Con questo trattamento di favore, la Juve ha ridotto in quell'anno le perdite chiudendo l'esercizio con un rosso di soli 17 milioni di euro.
E dunque, il patto d'acciaio non era fra Juventus e Milan, ma fra Giovanni Agnelli & C. e Mediaset. E il conflitto d'interessi (che abbiamo pagato sul campo e continuiamo a pagare a caro prezzo) non era fra il Galliani presidente di Lega e il Galliani amministratre delegato del Milan, ma fra il capo della Lega e il dirigente Fininvest. Ecco finalmente spiegato il "sofferto silenzio" difronte agli abusi settimanali perpetrati sul campo, a danno del Milan e non certo di Mediaset, dal sistema arbitrale controllato da Moggi. A tanto ha portato l'evoluzione dei club di football da società sportive a società per azioni: le ragioni del bilancio prevalgono sulle ragioni del campo. Con buona pace del Popolo Rossonero.
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