22 giugno, 2007

QUARANTADUE

Verona: crollo verticale di una città.

[DataSport.it] Sono cinque le citta` italiane che possono vantare un derby. Ma Verona e` l’unica che, in un colpo solo, possa vantare, si fa per dire, una doppia retrocessione. In realta` successe anche a Genova, nella stagione 1973-74, quando la Sampdoria chiuse al 15° posto della Serie A e il Genoa un gradino piu` in basso, ma la relegazione in cadetteria venne risparmiata ai blucerchiati a causa delle successive penalizzazioni subite da Verona e Foggia. Così, 22 anni dopo lo scudetto dell’Hellas, 5 dopo la caduta in B, 6 dopo la salita del Chievo nell’olimpo della massima serie, 64 dopo l’ultima esperienza in C dell’Hellas, ecco il doppio salto nel baratro (e se poi si vuole affondare la lama nella ferita, ci si metta anche la retrocessione in A della Marmi Lanza Verona). Questi i numeri di una città che si ritrova all’improvviso quasi senza calcio, con un precedente da brivido, visto che anche nel 1940-41 il Verona cadde nell’inferno della C dopo che all’ultima giornata dovette affrontare lo Spezia, che anche allora, come stavolta, si salvò. E anche allora, come giovedì sera, il match tra veneti e liguri terminò in parità. In mezzo tanta gloria e storia per due squadre che hanno segnato il nostro calcio, chi con tanti anni di militanza, chi attraverso la creazione di una bella favola, incrociando anche il proprio destino in 10 occasioni per un inusitato, giovane e, per qualche anno, rampantissimo derby del Duemila. In mezzo anche tanta Europa per il Chievo e uno scudetto e tre finali di Coppa Italia (perse) per l’Hellas. Che almeno, unica soddisfazione in un mare di desolazione, non perderà l’occasione di altri infuocati derby veneti. Si passerà dalle sfide al calor bianco con il Vicenza a quelle, non meno sentite, con il Padova e il Venezia. Incontri di cui, ne siamo certi, al Bentegodi avrebbero fatto volentieri a meno.


L'ultimo glorioso verdetto di una stagione sportiva che non potremo mai dimenticare: Hellas Verona in Serie C!

Fatale lo spareggio di ritorno con lo Spezia, 0 a 0 al Bentegodi dopo la sconfitta 2 a 1 dell'andata, difronte a 25mila inconsolabili tifosi Gialloblu.


Hellas, Bentegodi, Gialloblu. Nomi e luoghi, facce e colori, che possiamo finalmente rimuovere dal dizionario del calcio che conta, grazie anche al concomitante ritorno in cadetteria dell'altro quartierino felice. E un numero che ritorna: 42. Quarantadue, come l'ultima stagione dei veronesi nel campionato di terza classe (1942-43). Quarantadue, come gli anni che separano gli Onesti dall'ultimo trionfo continentale (1965). Storico gemellaggio di sponde tristi, fatale la sorte che li accomuna nel dolore. ADDIO MERDE.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

A VERONA LA BANCAROTTA DELLO SPORT

verona, sabato 23 giugno 2007 -
E neanche l'anno prossimo il derby con il Chievo, neppure adesso che la squadretta del quartierino è ritornata in serie B. Non c'è nulla che rode di più ai tifosi del Verona Hellas. La retrocessione in serie C, abbandonata nel 1944, significa stare ancora un gradino sotto il Chievo, retrocesso a sua volta dalla serie A. In un mese sul Bentegodi è passato uno schiacciasassi che ha triturato l'unica città di provincia con due squadre ai vertici del calcio. Una lapide sull'ultima anomalia del pallone tricolore.

Il Verona ha vinto uno scudetto, il Chievo è stato la squadra dei miracoli balzata dalla C2 alla Coppa Uefa. Negli ultimi dieci anni la Scaligera Basket (sponsor Glaxo, Mash, Muller) vinceva Coppa Italia, Coppa Korac e Supercoppa italiana e la Pallavolo Verona veleggiava tra serie A1 e A2 arrivando due volte ai playoff scudetto. I fratelli Valbusa facevano incetta di coppe e medaglie olimpiche nello sci di fondo, Paola Pezzo stupiva il mondo sulla mountain-bike, Damiano Cunego trionfava al Giro d'Italia. Ora calcio, pallavolo (Marmi Lanza) e rugby (Cus Verona) hanno perso la serie A in due mesi, il basket è fallito, Cunego se la passa maluccio e Valbusa non è riuscito neppure a farsi eleggere in consiglio comunale da capolista di Alleanza nazionale con il centrodestra al 60 per cento. Un anno tremendo. Della Verona che primeggiava nello sport italiano restano soltanto le gesta di Alberto Castagnetti, commissario tecnico della nazionale di nuoto.

Ma il vero crollo è quello del calcio che marcia spedito col passo del gambero. In venti giorni due retrocessioni. Ha cominciato il Chievo, che ora si toglierà di dosso il buonismo da cui è stato avvolto per sei anni. La favola bella, il miracolo, il mito di una società che con due tifosi e quattro soldi gioca a viso aperto contro le grandi, non fischia mai gli avversari, raccoglie simpatia in tutta Italia e un numero di abbonati Sky che tutti assieme starebbero tranquillamente seduti al bar della Pantalona, tradizionale ritrovo dei fedelissimi. Applausi tanti e incassi zero, la strada maestra per illudersi e finire male anche se, come ha fatto il Chievo, si combatte alla morte. Sembrava che la squadra si fosse consolidata in serie A: da quest'anno sulle maglie non appariva più lo storico marchio del pandoro Paluani ma un trittico a rotazione di ricche realtà economiche veronesi (Banca popolare, Cattolica assicurazioni, gruppo Ferroli). Sembrava, appunto. Ma ogni favola finisce, tutti i sogni sono destinati a svanire, e stavolta non c'è stato il lieto fine.
E non c'è stato nemmeno per il Verona. Ventidue anni fa lo scudetto di Bagnoli, di Elkjaer e Briegel, di Tricella e Di Gennaro, di Fanna e Galderisi. Cinque anni fa la condanna alla B con il primo maledetto spareggio. L'altra sera l'ultima marcia indietro, dopo la disastrosa gestione di Giambattista Pastorello, una campagna acquisti sciagurata e un campionato incolore. Non sono bastati i soldi messi dal nuovo presidente, il conte Pietro Arvedi d'Emilei, un imprenditore simpatico e coraggioso che fra due anni compie 80 anni e si divide tra il Garda (vigne e alberghi) e la Serbia (battute di caccia nella Vojvodina). A differenza del Chievo, Arvedi è stato lasciato solo. Ma il risultato non è cambiato.

Non sono bastati neppure i 25mila ultras che l'altra sera hanno riempito il Bentegodi e, al fischio finale, mentre sul campo i giocatori stramazzavano in lacrime, sono rimasti ritti sugli spalti ad applaudire e invocare «Hellas Hellas». Cercano di consolarsi pensando che dall'inferno della C sono già passate (e uscite) altre scudettate: Bologna, Genoa, Napoli. I tifosi avevano già allestito un pullman scoperto per portare in trionfo i giocatori, e in piazza Bra era pronto un barbecue gigante con 10mila bistecche da grigliare. Ma sulle braci è rimasto il calcio veronese. E altro che braciole e costine: saranno anni di vacche magre.

da: www.ilgiornale.it

Anonimo ha detto...

Per i Giaretta's Verona è un marchio del destino.
Due scudetti persi all'ultima giornata. Uno nel '72 perché ubriachi di spumante o di chimica spesi a Salonnico per vincere una coppa vera, uno durante l'epopea Sacchiana per ordini superiori della Federazione e della camorra.
Allo scempio hanno assistito due generazioni, lasciando sui fottuti gradoni del Bentegodi dieci anni di entusiasmi e buonumore.
Poi una manciata di partite chiave perse in campionati vari.
Pensare che nella peggiore delle ipotesi li reincontreremo fra tre anni dà un sollievo solo turbato dal ritorno in A degli scudettati della Cassa del Mezzogiorno e dei camalli.
Ma la vita qualcosa dà e molto toglie. Viviamo quindi nella fiduciosa attesa del grande evento del fallimento della società degli Onesti.

Danielone

TheSteve ha detto...

Se malgrado le evidenze contabili che emergono in questi giorni, il poliziotto Borrelli non mette mano al fascicolo e tace, significa che il mestolo è saldamente nelle mani dei nuovi padroni del baraccone...

Cosa dovrebbe accadere per scoperchiare il pentolone, un altro golpe bianco stile Telecom?